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Italicum, i nove punti su cui si deve pronunciare la Consulta

In attesa della pronuncia della Consulta. (foto Agi) ndr.

di Redazione

ROMA, 24 GEN. (AGI) - Attesa per la decisione della Corte Costituzionale sulla legittimità dell'Italicum, la legge elettorale approvata nel 2015 dal governo guidato da Matteo Renzi. I giudici dovranno pronunciarsi sui dubbi di costituzionalità sollevati da 5 tribunali (Trieste, Messina, Genova, Perugia e Torino) sui punti chiave della legge. Potranno 'depennare' delle parti, indicare delle correzioni o addirittura obbligare i partiti a cercare un'intesa su un nuovo testo, in modo da cercare di risolvere il problema dell'armonizzazione con il Senato, che non è stato più abolito. Relatore della causa è il giudice Nicolò Zanon, docente di diritto costituzionale alla Statale di Milano, in passato assistente di Valerio Onida ed ex laico di centrodestra al Csm nominato alla Corte da Giorgio Napolitano nel novembre 2014. Dall'altra parte, i promotori dei ricorsi contro l'Italicum - gli avvocati Felice Besostri, Vincenzo Palumbo e Giuseppe Bozzi, tra gli altri - e l'Avvocatura generale dello Stato, costituita in giudizio per conto della Presidenza del Consiglio. Nella sua memoria, trasmessa alla Corte lo scorso settembre (l'udienza sull'Italicum era stata inizialmente fissata per il 4 ottobre, e poi rinviata a dopo il referendum sulle riforme), l'avvocato dello Stato Vincenzo Nunziata aveva definito inammissibili - e in ogni caso infondate - le questioni sollevate davanti alla Corte: "Nessuna elezione si è ancoa svolta in base alla legge numero 52 del 2015, e, conseguentemente, nessuna lesione del proprio diritto può essere addotta da alcuno". L'Avvocatura aveva sottolineato la differenza "evidente" rispetto al precedente sul 'Porcellum', che "si riferiva non ad un'ipotetica e futura applicazione della disciplina elettorale, ma ad un diritto di voto che aveva già avuto modo di esplicarsi con le menomazioni riconducibili ad una legge poi dichiarata incostituzionale". 

Plenum incompleto 

La Corte affronterà il 'nodo' Italicum a plenum incompleto, dato che il Parlamento non ha ancora nominato il giudice che prenderà il posto lasciato vacante da Giuseppe Frigo, che si è dimesso nello scorso novembre. Dopo l'udienza, i 'giudici delle leggi' si ritireranno in camera di consiglio: la decisione è attesa tra martedì e mercoledì, giorni in cui tutte le altre cause iscritte a ruolo sono state, come deciso dal presidente Paolo Grossi, rinviate ad altra data, per permettere alla Corte di concentrarsi sulla materia della legge elettorale. Oltre alla sentenza che la Corte pronuncerà, molto importanti, soprattutto per il mondo politico, saranno le motivazioni: il loro deposito, secondo quanto prevede il regolamento, deve avvenire entro un mese, quindi entro la fine di febbraio. 

I nove 'nodi' dell'Italicum sottoposti al vaglio costituzionale: 

- Liste candidati: La legge elettorale approvata nel 2015 prevede che le liste dei candidati siano presentate in 20 circoscrizioni elettorali, suddivise in 100 collegi plurinominali, fatti salvi quelli uninominali nelle circoscrizioni Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste e Trentino Alto Adige/Sudtirol, per le quali sono previste disposizioni particolari. 

- Attribuzione seggi: i seggi sono attribuiti su base nazionale con il metodo dei quozienti interi e dei più alti resti 

- Premio di maggioranza e ballottaggio: sono attribuiti comunque 340 seggi alla lista che ottiene, su base nazionale, almeno il 40 per cento dei voti validi o, in mancanza, a quella che prevale in un turno di ballottaggio tra le due con il maggior numero di voti, esclusa ogni forma di collegamento tra liste o di apparentamento tra i due turni di votazione 

- Soglia di sbarramento: accedono alla ripartizione dei seggi le liste che ottengono, su base nazionale, almeno il 3 per cento dei voti validi Blocco misto liste e candidature: la legge prevede la composizione delle liste con un candidato bloccato e gli altri scelti con voto di preferenza Soglia di sbarramento al Senato: questo punto si riferisce non all'Italicum ma al Testo unico per l'elezione del Senato, come modificato dalla legge Calderoli. Le norme prevedono, per l'elezione del Senato, soglie di sbarramento diverse da quelle previste per l'elezione della Camera 

- Entrata in vigore: tra le norme impugnate davanti alla Corte, quella secondo cui le nuove disposizioni per le elezioni della Camera dei deputati si applicano a decorrere dall'1 luglio 2016 

- Opzione capolista eletto in più collegi: la legge consente al candidato capolista che sia stato eletto in più collegi plurinominali di optare in base a una sua valutazione e non in base a criteri oggettivi e predeterminati ​ 

- Meccanismo di recupero proporzionle dei voti in Trentino Alto Adige: nella sola Regione Trentino Alto Adige possono essere assegnati tre seggi di recupero proporzionale a una lista non apparentata con alcuna lista nazionale o espressione della minoranza linguistica vincitrice in tale Regione. 

Gli scenari 

Quattro gli scenari che si aprono, secondo il Corriere della Sera, che li enumera e spiega: due sistemi omogenei con un Italicum azzerato; se salta solo il ballottaggio tempi più lunghi per il voto; i capilista bloccati danno più potere al segretario Pd; un via libera da Strasburgo per la corsa del leader Fi.

Partiti già divisi sul dopo sentenza 

E già le forze politiche sono tornate a dividersi tra chi invoca le urne al più presto e chi, invece, sostiene che la sentenza della Consulta non si possa applicare automaticamente e che, quindi, occorrerà un'intesa in Parlamento per dar vita a una nuova legge elettorale, quanto più omogenea possibile tra Camera e Senato. Di questo avviso è, ad esempio, il presidente del Senato, Pietro Grasso, che sebbene giudichi la sentenza in arrivo "decisiva, una svolta", invita ad attenderne le "motivazioni" per "poter cercare di creare leggi sempre più omogenee, così come ha richiesto il presidente della Repubblica Mattarella". Una posizione, tuttavia, che suscita le ire di quei partiti che spingono invece per una fine anticipata della legislatura, M5S e Lega in testa. Per Beppe Grillo, infatti, "la Consulta si esprimerà e avremo una nuova legge elettorale pronta per l'uso. Una legge finalmente costituzionale perché passata attraverso il filtro di legalità della Consulta: il 'Legalicum'. Noi vogliamo votare subito e per farlo è sufficiente adattare il Legalicum anche al Senato per avere una legge omogenea per le due Camere. L'ex comico genovese mette in guardia: "Pd, Forza Italia e compagnia vogliono rinviare il voto, giungere a fine legislatura" per assicurarsi "la pensione" e fare una legge elettorale "per impedirci di andare al governo". Sul piede di guerra anche Matteo Salvini: "Qualunque essa sia, serve una decisione che non perda altro tempo. Sarebbe inaccettabile una sentenza all'italiana, che decide ma non decide. La Consulta deve dare agli italiani una legge elettorale con cui si possa andare a votare già a maggio". Quanto al modello, per il segretario del Carroccio va bene "qualsiasi legge elettorale, anche il proporzionale", purché gli italiani possano votare "entro maggio o giugno al massimo". Sulla stessa linea della Lega è Giorgia Meloni, leader di Fratelli d'Italia. Per Forza Italia, invece, la sentenza della Consulta sarà solo il primo passo. Ogni decisione finale dovrà necessariamente passare per un accordo in Parlamento. "Aspettiamo con serenità il giudizio della Corte Costituzionale sull'Italicum, per poi, una volta lette le motivazioni, avviare il lavoro parlamentare", spiega il capogruppo azzurro Renato Brunetta. "Noi crediamo che un serio lavoro parlamentare sia indispensabile, innanzitutto perché le sentenze non sono autoapplicative e poi perché a fare le leggi è il Parlamento e non la Corte Costituzionale". Sui tempi, Forza Italia non accelera: "serve il tempo che sarà necessario per poi andare ad elezioni". Il partito di Silvio Berlusconi non cambia posizione sul modello: "serve una legge a base fortemente proporzionale". L'ex premier spiega: "Ogni distorsione in senso maggioritario, in uno scenario tripolare come l'attuale, porterebbe al governo una minoranza contro il parere dei due terzi degli elettori". Nettamente contrario al proporzionale Raffaele Fitto. Il leader dei Conservatori e Riformisti vede infatti in quel sistema di voto il pericolo del ritorno degli inciuci e del 'patto del Nazareno' tra Pd e Forza Italia. Anche Sinistra Italiana non spinge sull'acceleratore: "Attendiamo con attenzione e rispetto la sentenza della Consulta sull'Italicum. Una cosa è certa, il Parlamento deve legiferare con il concorso di tutte le forze politiche", spiega il capogruppo alla Camera, Arturo Scotto. 'Capitolo' a parte il Pd: il partito di largo del Nazareno non è unito al suo interno sulle mosse da compiere. Ufficialmente i dem restano sulla posizione del ritorno al Mattarellum. Ma sui tempi non c'è una linea univoca: il segretario Matteo Renzi, nonostante nella prima intervista pubblica rilasciata dopo le dimissioni da premier, una settimana fa, abbia minimizzato la questione ("mi è indifferente quando si vota"), non è un mistero che punti a tornare al voto presto, entro giugno. La minoranza dem, invece, frena e chiede un confronto ampio in Parlamento. Per quel che riguarda il modello, Renzi insiste sul doppio turno o, in sostituzione, sul Mattarellum, ma viste le posizioni e i numeri in Parlamento non esclude che si debba e possa convergere su un sistema proporizionale. Ai segretari regionali, riuniti al Nazareno mercoledì scorso, ha infatti spiegato che il proporzionale "sarà una delle possibilità e quindi dobbiamo prepararci ad uno schema di squadra e non più all'uomo solo al comando". Anche per la minoranza dem la base di partenza resta il Mattarellum. Ma due sono i paletti imprescindibili: "mai più un Parlamento di nominati, i cittadini devono poter scegliere il proprio rappresentante; e serve equilibrio tra rappresentanza e governabilità", scandisce Roberto Speranza.





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