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Foggia. “L’Infoibamento strumento criminale di pulizia etnica”. Le dichiarazioni dell’On Paolo Agostinacchio

Foiba (foto Sora24) ndr.

di Redazione

FOGGIA, 9 FEB. - a legge 30.03.2004, n.92, in Gazzetta Ufficiale n. 86 del 13.04.2004, ha istituito il Giorno del Ricordo “in memoria delle vittime delle foibe, dell’esodo giuliano-dalmata, delle vicende del confine orientale e concessione di un riconoscimento ai congiunti degli infoibati”. 
Con l’articolo 1 “la Repubblica riconosce il 10 febbraio quale – Giorno del Ricordo – al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”.
La citata norma ha posto istituzionalmente fine al negazionismo, che, in certi ambienti culturali di sinistra, è stato prevalente al fine evidente di far dimenticare corresponsabilità negli eccidi consumati nelle italianissime zone dell’Istria, Dalmazia, Venezia-Giulia e nella italianissima città di Trieste: negazionismo, che, purtroppo, ancora si rileva nei tentativi di occultare i delitti con attribuzioni di responsabilità politica.
È fuori dubbio che la memoria storica, a fronte di dati oggettivi e di inoppugnabili testimonianze, non può essere negata, non possono essere stabilite classifiche o graduatorie di serie A o serie B delle vittime, che vanno onorate indipendentemente dalla loro appartenenza. 
Nel libro di Vincenzo Maria De Luca, dal titolo Foibe …, a pagina 17 si legge l’intervista rilasciata a “Sette” – il supplemento illustrato del Corriere della Sera - 12.02.1999 dall’Avv. Guido Calvi, Senatore del Partito Democratico della Sinistra, all’epoca rappresentante dell’Associazione Nazionale Venezia-Giulia e Dalmazia nel processo sulle foibe: “siamo di fronte a una vicenda terribile. Le foibe furono un atto efferato che colpì indiscriminatamente gli italiani. In quei morti non c’è distinzione tra militanti di destra o di sinistra, ideologia o religioni diverse. L’unica cosa che li accomunava era la nazionalità italiana. Ciò significa che non fu e non può essere configurato come un atto di guerra, ma pura barbarie”. 
È interessante leggere anche la definizione di Giorgio Napolitano sulle foibe data il 10.02.2007, durante la prima commemorazione: “Un moto di odio e di furia sanguinaria e un disegno annessionistico slavo, che prevalse innanzitutto nel Trattato di Pace del 1947, e che assunse il sinistro contorno di una pulizia etnica”.
Vengono citate la dichiarazione del Senatore Calvi e quella autorevole del Presidente della Repubblica, anche al fine di contestare l’orientamento della cultura di sinistra in contrasto con una sostanziale presa di distanza dal modus operandi del PCI, posta in essere dai personaggi sopra citati. 
Nella primavera del 1945 gli slavi, al comando di Tito, che ambiva alla conquista di tutta la Venezia-Giulia, dopo aver occupato le città di Pola, Zara e Fiume, invasero Trieste.
Dal 1^ maggio al 12 giugno del 1945 i triestini vissero momenti drammatici, in un clima di terrore, connotato da uccisioni, deportazioni, infoibamenti alle volte di uomini e donne ancora in vita, dopo indicibili torture e sofferenze: stesso metodo seguito in tutte le città occupate dai titini comunisti. 
Alla drammatica invasione di Tito, nella Venezia Giulia, seguì l’amministrazione anglo-americana, che si concluse nel 1954 (nella zona A, essendo stato il territorio della Venezia-Giulia diviso con la zona B assegnata all’invasore jugoslavo).
Fu necessario il sacrificio di giovani, tra i quali Leonardo Manzi, di origini foggiane, sedicenne, Pierino Addobati, Erminio Bassa, Saverio Montano, Francesco Paglia e Antonio Zavadil, che ricevettero in seguito la Medaglia d’Oro al Valore Militare. 
Le agitazioni di Trieste del novembre 1953, ostacolarono la politica attendista anglo-americana, sostanzialmente filo slava, determinata dai nuovi equilibri internazionali. I crimini commessi contro la popolazione triestina nel tragico novembre del ’53 dalla polizia a servizio degli inglesi, determinarono una reazione non soltanto in Italia con precise prese di posizione, premesse per il ritorno nella italianissima Trieste del Tricolore. 
La giornata del Ricordo coincide quest’anno con il 70^ anniversario del Trattato di Parigi (1947) che mutilò territorialmente l’Italia e sostanzialmente avallò la pulizia etnica ed il clima di terrore che determinarono l’esodo dalle zone occupate dai comunisti slavi , tra i quali Pola Zara e Fiume, di 350.000 profughi italiani. 
È auspicabile che il 10 febbraio tutte le istituzioni ricordino, senza remore, e condannino, con fermezza, i crimini consumati ai danni dell’Italia e l’ingiusto Trattato di Parigi, con vibranti interventi denunciato anche nell’Assemblea Costituente da Vittorio Emanuele Orlando e Benedetto Croce, prima della ratifica. 






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