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Attualità. Ma Foggia è ancora un capoluogo di provincia?

Foggia vista dall'alto (foto di repertorio) ndr.
di Nico Baratta


FOGGIA, 08 OTT. - Sarà un dubbio o una realtà pregressa che il capoluogo di provincia sia Manfredonia invece di Foggia? Con l’ultima ascesa presidenziale di un manfredoniano, dopo anni di egemonia sipontina, e con quelle costiere in essere in altri consorzi, agenzie, confederazioni, enti, parchi, il dubbio è lecito. 

Con il cambio di guardia al Consorzio per l'Area di Sviluppo Industriale di Foggia, meglio conosciuto come ASI, si potrebbe dire che Manfredonia ha preso il posto di Foggia. E ciò lo è da tempo. La politica di Capitanata alla luce delle tante decisioni intraprese in queste anni ormai ha sede strategica e decisionale nel golfo sipontino. E non si parla solo di quella di centrosinistra, che fa e disfa tutto ciò che ritiene conveniente, il Parco del Gargano ne è la controprova, seppur ora la presidenza è in uscita. L’ASI veniva da un vertice altrettanto manfredoniano. Come pure lo è quello della Confcommercio e di Confindustria. E la lista non si ferma qui poiché a Foggia le sedi di consorzi, agenzie, confederazioni, enti, parchi, e chi più ne ha più ne metta, sono di sede foggiana ma con presidenti di altri città. Fa un certo senso ascoltare congratulazioni da queste cariche poiché sono internos e partigiane, bacie e abbracci in camera caritatis considerando che hanno gli stessi natali e tessere. Meglio, ma un tantino, quelle di personaggi contrapposti che, educatamente congratulandosi lanciano messaggi subliminali da controllori della gestione dei patrimoni multi milionari gestiti e amministrati. Ovviamente nulla di personale contro queste persone, ma l’analisi politica è doverosa farla, a maggior ragione di fallimenti manageriali di enti pubblici. 

Perciò, Foggia è ancora un capoluogo di provincia? 

Il problema sembra secondario. In realtà è l’attualità pluri ventennale che colloca Foggia in una posizione subalterna a chi con la politica e suoi amici decide presidenze e future strategie economiche e infrastrutturali per il capoluogo dauno e parte della Capitanata. Insomma decide il partito, non il buon senso di conferire a consorzi, agenzie, confederazioni, enti, parchi, una persona che sia la sintesi del sentore popolare, tra l’altro con capacità manageriali comprovate e non surrogate dalla politica. Chi ci rimette le penne son sempre i cittadini. Non a caso i Monti Dauni sono la testimonianza di scelte scellerate in tal senso avvenute da oltre un ventennio. Un’area dimenticata, caduta nell’oblio politico delle azioni da intraprendere e rinverdito solo come contenitore consensuale elettivo. Le dovute e giuste battaglie portate avanti da alcuni sindaci del sub Appennino Dauno sono l’emblema della sempre “ristrettezza economica” comunicata dalla Regione Puglia l’indomani di denunce e richieste per sopravvivere e ridare sicurezza a un territorio morfologicamente fragile. Ciò è sintomo di una debolezza politica di Foggia nei confronti di chi con fatti è popolarmente e democraticamente riconosciuto sostenitore, anche apologeta, del nostro territorio. Di menagrami in casa ne abbiamo tanti, e quasi tutti lo diventano quando si rifugiano sotto il tetto di Via Capruzzi, come a riconoscenza del lauto compenso avuto. Gli stessi che poi chiedono voti, diventando pupari di farlocchi quaquaraquà del territorio, specie garganico. 

Stessa sorte tocca all’altra sponda di un territorio variegato, dove perfino i microclimi contribuiscono a eccellenze naturali invidiate da tutto il mondo. Il Gargano paga un prezzo altissimo, come i Monti Dauni, anche sul piano sicurezza, infrastrutturale e turistica. La Regione Puglia ancora una volta a parole rilancia la Capitanata, conferendogli, sempre a parole, la centralità della Protezione Civile per mitigare l’annosa e controversa situazione aeroportuale del Gino Lisa. Contestualmente dimentica le emergenze strutturali di un territorio che di giorno in giorno frana e con esse le aspettative di crescita e sopravvivenza di piccoli comuni. 

Tuttavia Manfredonia sulla carta politica è il capoluogo. Eppure il fallimento del centro sipontino è palese, oltre che con un bilancio sotto lo zero, anche con una zona industriale che ha visto chiudere a grappolo le realtà che un tempo erano pubblicità per chi oggi ricopre poltrone verticistiche. La vergognosa vicenda Sangalli è l’ultimo tassello del fallimento politico e sindacale di una Manfredonia che politicamente conferisce mandati e poltrone. Una città che dovrebbe far “Fronte Comune” con i centri limitrofi ed invece si chiude a riccio, tenendo fuori la zona di Macchia. È vero, Macchia appartiene a Monte Sant’Angelo, ma i contratti d’area sono in capo a Manfredonia. Gioco perverso ma redditizio per poltrone. E non sarà il biscottino dato a Monte con un’ambulanza medicalizzata, ma per sei mesi, a redimere coscienze che sembrano pentite delle scelte fatte. 


Una volta per tutte questi vertici vogliono essere chiari? Il Gargano crescerà con investimenti mirati o perirà per investimenti deviati? I Monti Dauni franeranno? Il Tavoliere riavrà la sua centralità agricola, granaria e senza versar sangue rosso pomodoro? A Foggia riapriranno sedi storiche di servizi pubblici portati a Bari? Ed avrà un progetto industriale che la finalmente collochi al centro dell’economia locale? Macchia che ruolo avrà nel contesto complessivo del disegno partitico di chi oggi si accinge ad amministrare un consorzio che ha come obiettivo la crescita industriale che non è solo quella di Foggia? 


Tutti loro parlano di turismo garganico, ma nessuno si preoccupa di corredarlo di infrastrutture ricettive, di programmazione costruttiva per ridare fiato alle imprese e agli artigiani locali. E se si crede che un aeroporto sia la chiave di volta, dobbiamo star ben attenti che la serratura sia sicura, la stessa di un casello autostradale che fa l’amore con un centro intermodale mai dichiarato e con una “baffo” ferroviario ormai dai peli ingrigiti, oltre che d’ostacolo allo snodo foggiano. Una serratura violata, abusata, stuprata. 

Monte Sant’Angelo, un esempio tra i tanti, è sotto l’occhio del ciclone mediatico e dello Stato, e grazie disgraziatamente a quest’ultimo sta ottenendo una pubblicità nazionale che la sta etichettando “capitale della mafia locale”. Un’onta che neanche la varechina potrà sbiancare. Alcuni giorni fa a Monte ha fatto visita il Procuratore Nazionale Antimafia; perché non gli è stata offerta la cittadinanza onoraria consegnandoci le chiavi della città, cosicché sarebbe stato lui a governare un luogo ritenuto mafioso? Forse avrebbe azzerato tutto, o forse avrebbe continuato: non lo sapremo mai. Certo è che l’onta rimarrà e neanche chi oggi governa il centro angiolino ha avuto la sensibilità e dovere istituzionale di farlo pubblicamente. Ma si, è meglio postare su facebook ciò che conviene, tralasciando le urgenze che i montanari chiedono da tempo e tra altro “gridati” in campagna elettorale. E tutto per compiacere altrui. 

Manfredonia capoluogo di provincia? Finanche il Parco Nazionale del Gargano, seppur in attesa da mesi della nuova presidenza, ha un vertice manfredoniano. Certo, il territorio è quello e chi lo amministra è del luogo, ma è pur sempre espressione politica. Una leggenda ridondante che si ripete nei corridoi partitici politici dice che se al Parco della Murgia c’è un presidente di espressione politica, quello del Gargano spetterebbe all’altra parte politica. Insomma, purché vi sia un vertice controllato dai partiti. Sarebbe ora che al Parco del Gargano il vertice sia conferito a una persona trasversale alle lobby partitiche, ad un manager che sappia promuovere e far crescere un’eccellenza che racchiude altre eccellenze, finanche UNESCO. Ci vorrebbe una persona che viene dall’associazionismo no-profit, che negli anni ha centuplicato le risorse e tutte a beneficio della collettività, e che sappia anche governare un ente che urge di “riparazioni” infrastrutturali, territoriali, costiere, boschive, abusivamente lasciate alla malavita organizzata. Ci vuole un uomo al di fuori degli schemi politici e che sa far sintesi e aggregazione. E se Manfredonia non ha un uomo di tal elevata competenza, chi lo esprimerà? Si spera Foggia, e basta leggere le carte e rendersi conto che l’uomo c’è, tutti lo conoscono ma nessuno lo nomina perché sanno che farebbe meglio di loro. 

Ma se Foggia sulle carte partitiche politiche non è più capoluogo di provincia, un responsabile ci deve pur essere. Trent’anni di abusi politici, di pronazioni e accondiscese scelte, hanno depauperizzato la Capitanata, privandola di ciò che onorevoli foggiani, col sudore e la pressione popolare, erano riusciti ad accentrare a Foggia. 


Ma ora con il decentramento costiero del potere politico di che morte moriremo?



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