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'La Buona Politica' - Nelson Mandela: il tortuoso cammino verso la liberta'

Nelson Mandela. (foto web) dr.

di Cosimo Imbimbo 

BARI, 14 DIC. - Nelson Rolihlahla Mandela è stato un politico sudafricano , primo presidente a essere eletto dopo la fine dell'apartheid nel suo Paese e premio nobel per la pace nel 1993 insieme al suo predecessore De Klerk. Padre della lotta contro l’apartheid Nelson Mandela ha combattuto tutta la vita con profonda umiltà e grande umanità per affermare i principi della libertà e dell’uguaglianza tra gli uomini. L’uscita di scena del leader sudafricano sta suscitando dolore in Sudafrica e nel mondo intero. Molto si sta scrivendo su questo evento. C’è molta retorica ed un pizzico di ipocrisia nel riportare la notizia. La panoramica pone l’accento sulle popolazioni sudafricane sgomente e smarrite. Molto sarebbe da dire sugli assetti che verranno dopo che la morte del vecchio padre della pacificazione nazionale sarà un evento assorbito. Iniziamo con i suoi esordi che risalgono al 1944, e nel 1952 egli diventa presidente di questo movimento per il Transvaal. Successivamente, nel novembre del 1961, fonda l’organizzazione denominata Umkonto we Sizwe, che in lingua bantu significa "Lancia della Nazione" e che costituisce l’ala militare dello stesso ANC. Quest’ultimo - nel frattempo - è dichiarato fuori legge da parte del governo sudafricano, precisamente a partire dal 1960, anno in cui in un solo mese - dal 21 marzo al 19 aprile - attentati attribuiti all’ANC e al PAC, il Pan Africanist Congress - fondato nel 1959 da esponenti fuoriusciti dall’ANC – provocano ottantasei morti e quattrocentoventiquattro feriti fra civili e forze dell’ordine.Arrestato il 5 agosto 1962 presso Howick, nel Natal, Nelson Mandela inizialmente viene processato e condannato a cinque anni di carcere per reati minori, fra i quali espatrio clandestino e incitamento allo scioperoin seguito chiamato al banco degli imputati, per reati ben più pesanti lo stesso Nelson Mandela, nella propria autodifesa processuale, confessa apertamente: 

  1. di essere stato uno dei fondatori dell’Umkonto we Sizwe, esplicitamente affermando che tale organizzazione persegue obbiettivi politici attraverso il ricorso alla violenza. Ammette altresì di avere personalmente programmato azioni di sabotaggio, negando tuttavia che l’organizzazione da lui fondata abbia come obbiettivo azioni terroristiche e dichiarando inoltre di essere stato costretto a ricorrere alla violenza solamente a causa dell’atteggiamento del governo ; 
  2. di essere stato membro dell’Esecutivo Nazionale dell’ANC, negando tuttavia la propria appartenenza al Partito Comunista Sudafricano ; 
  3. che nel 1962 si è recato clandestinamente all’estero per cercare finanziamenti e per organizzare centri di addestramento militare per i membri dell’Umkonto we Sizwe. Riconosce pure di avere personalmente partecipato, in Algeria, a un corso di addestramento militare; 
  4. di essersi accordato con l’Esecutivo Nazionale dell’ANC per l’assistenza e per il trasporto delle reclute presso i centri di addestramento militare all’estero, utilizzando a tal fine le missioni estere dello stesso ANC. Anzi, dichiara che le prime reclute venivano già addestrate in Tanganika al tempo del suo rientro in Sudafrica attraverso quel paese, cioè - approssimativamente - nella seconda metà dell’anno 1962 . 
A conclusione dei vari processi Nelson Mandela, unitamente ad altri otto imputati, viene riconosciuto colpevole di sabotaggio e di cospirazione contro lo Stato, e quindi condannato all’ergastolo. L'indomani della sua scomparsa Obama ha descritto il leader della lotta all'apartheid come "l'ultimo grande liberatore del ventesimo secolo. Come Gandhi, ha condotto un movimento di resistenza cominciato con poche possibilità di successo. Come King, ha dato voce agli oppressi". Mandela da molti è visto come un'icona, ma "Madiba non vorrebbe questo ritratto per la sua vita. Ha condiviso con noi dubbi e paure. 'Non sono un santo, a meno che non pensiate che un santo sia un peccatore che continua a provare' diceva Mandela". Comunque alla base del mito non c’è solo il desiderio del sacro e la smania del mistero. Il mito fiorisce in primo luogo vicino alla morte, questa forma primaria della dipartita e della rimozione. Mandela ne ha fatto esperienza presto, quando suo padre, Mphakanyiswa Gadla Mandela, è morto quasi davanti ai suoi occhi, con la pipa in bocca, nel mezzo di un colpo di tosse inarrestabile che neanche il tabacco, di cui era così appassionato, ha potuto addolcire. Fu a quel punto che la prima dipartita ne anticipò un’altra. Accompagnato dalla madre, il giovane Mandela lasciò Qunu, il luogo della sua infanzia e della prima adolescenza, che descrive con infinita tenerezza nella sua autobiografia; il luogo dove si stabilirà dopo i lunghi anni di carcere, dopo aver costruito una casa che replicava in tutto e per tutto l'ultima prigione prima della sua liberazione. Oltre che il suo impeto politico famosi so­no rimasti an­che alcuni suoi gesti, co­me quello di sostenere la squa­dra di rugby degli Springbock, autentici simboli del potere bianco che erano stati esclusi per anni dalle competizioni in­te­rnazionali proprio su pressio­ne dell'ANC, e di festeggiare con loro la vittoria nei campio­nati del mondo del ' 95; oppure, come quello di invitare a palaz­zo per il the le vedove dei suoi predecessori bianchi che lo avevano incarcerato. Mandela quale simbolo di libertà e umanità ma soprattutto grandioso esempio di azione nel senso di una trasformazione della società esclusivamente nell'ottica della dignità umana quale valore indiscutibilmente universale.



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