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Renzi a colloquio da Napolitano. Riforme concluse entro gennaio

Giorgio Napolitano e Matteo Renzi. (foto Agi) ndr.

di Redazione

ROMA, 26 NOV. (AGI) - Calma e sangue freddo, le riforme si faranno, nei tempi previsti. Matteo Renzi e Maria Elena Boschi salgono al Quirinale per un gran consulto sulle riforme, e confermano il loro ottimismo. Dopo le fibrillazioni che, dal Pd a Forza Italia, hanno seguito il voto sul jobs act e le elezioni in Emilia-Romagna il premier e il ministro hanno assicurato al Capo dello Stato che l'iter riformatore non subira' frenate. Dopo un'ora circa di colloquio, un breve ma eloquente comunicato del Colle da' la versione ufficiale della conversazione. I tre hanno parlato delle riforme, da far ripartire e da seguire con attenzione, metodo e cura di qui ai prossimi mesi. Anche con un certo ordine. E tenendo conto, ha sollecitato il Presidente, delle preoccupazioni delle diverse forze politiche che, a ogni accelerazione del premier, temono che le elezioni anticipate siano dietro l'angolo. Preoccupazioni dei partiti raffreddate subito da Renzi, che in serata ha rovesciato il ragionamento: "Se faremo le riforme la legislatura arrivera' alla scadenza naturale al 2018". Con un collegamento ben preciso: "Siamo a un passo dalla chiusura, tra dicembre e gennaio chiudiamo". Come a dire che chi vuole garanzie sulla durata della legislatura deve accelerare e non frenare le modifiche della Costituzione. Un modo anche per proseguire in quel cauto pressing sul Capo dello Stato perche' prosegua il piu' possibile il suo mandato. Il presidente ha ascoltato le parole fiduciose del premier, ha preso atto della sua determinazione a chiudere con un successo l'opera di modifica delle "regole del gioco" ed ha ancora una volta sottolineato che sulle regole condivise non si puo' procedere a strappi. Sullo sfondo i due paletti posti da tempo dal Colle: nessuno scioglimento delle Camere negli ultimi mesi della sua presidenza, nessun collegamento automatico tra l'iter riformatore e la durata del mandato. Al termine del colloquio, Quirinale e governo concordano un testo: "E' stato ampiamente esposto il percorso che il governo considera possibile e condivisibile con un ampio arco di forze politiche per quello che riguarda l'iter parlamentare dei due provvedimenti fondamentali gia' a uno stato avanzato di esame". In altre parole: il premier ha spiegato come intenda muoversi riguardo la riforma del Senato (approvata in prima lettura da Palazzo Madama e ora a Montecitorio) e la legge elettorale (a sua volta al Senato, dopo essere stata approvata dalla Camera mesi fa). "Un percorso - conclude la nota - che tiene conto di preoccupazioni delle diverse forze politiche, soprattutto per quanto riguarda il rapporto tra legislazione elettorale e riforme costituzionali". Come dire: sono state date assicurazioni sul metodo, che dovra' vedere il massimo coinvolgimento del maggior numero possibile di forze politiche. Ma anche sul fatto che dovra' trattarsi di una riforma equilibrata, fatta in modo organico per portare ad un nuovo sistema costituzionale omogeneo in ogni sua parte. In una prospettiva del genere il buon senso induce a spingere prima sulle riforme della struttura dello Stato - e quindi in questo caso del Senato - e poi sulla legge elettorale. Che dovra' essere modellata proprio su un eventuale monocameralismo, o comunque su quello che scaturira' dal processo riformatore. Un processo che prevede ancora almeno tre letture parlamentari. Il percorso, pare di capire, dovra' essere comunque il piu' rapido possibile, e condiviso. Questo e' un aspetto della questione che, da sempre, sta a cuore al Quirinale, perche' le riforme fatte per strappi, lo dice la Storia recente, non hanno vita lunga. C'e' anche una seconda, e non alternativa, chiave di lettura: l'intento del colloquio sarebbe stato quello di rassicurare sulla durata della legislatura. Sostanziale sintonia tra premier e Capo dello stato, insomma, sui prossimi passi. Tanto piu' che Renzi avrebbe certificato a Napolitano la tenuta del Patto del Nazareno, come anche la tenuta del fronte interno del Pd, scosso ancora oggi dalle polemiche tra la dissidenza interna e la maggioranza. Un fronte Pd che il premier si e' detto certo di poter recuperare, almeno nella sua stragrande maggioranza. Ne emerge pertanto un quadro di sostanziale stabilita'. Un clima nel quale il Presidente della Repubblica avra' modo di considerare (magari in tempi non lunghi) una serie di opzioni che riguardano il proprio avvenire di personalita' pubblica. Che non abbia intenzione di portare alla fine il suo mandato, lo ripete fin dal giorno della rielezione. Per il resto vale il motto evangelico: non e' dato sapere ne' il giorno, ne' l'ora. E, soprattutto, decidera' lui, sentendo le opinioni altrui ma basandosi sulle proprie, senza attendere altro che l'avvio dell'iter delle riforme, non certo la sua conclusione.





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