Immigrazione. Dibattito a Foggia - Religioni e Politica nel mondo globale
di Redazione
FOGGIA - Sono state approvate dal governo Monti tutte le intese previste con le diverse confessioni religiose in Italia, ma occorre una legge sulla libertà religiosa, garantita dalla Costituzione, e un ripensamento efficace della legge sulla cittadinanza, attivando il dibattito esteso alla società tutta per il dialogo inter-religioso ma anche quello intra-religioso all’interno delle singole fedi, musulmana, cristiana, ebraica.
È
quanto emerso dalla conferenza-dibattito che si è svolta venerdì 9 novembre a
Foggia, nell’Auditorium dell’Ordine dei Medici, organizzata dalla “Fondazione
Foa” e dalle ACLI e coordinata da Antonio Russo, del Comitato scientifico della
Fondazione; relatori Vannino Chiti, vicepresidente vicario del Senato,
Francesco Marsico, vicedirettore vicario della Caritas nazionale, Izzedin
Elzir, palestinese, imam di Firenze e presidente dell’Unione Comunità Islamiche
in Italia.
Proprio
Antonio Russo, che è anche responsabile nazionale delle ACLI per
l’immigrazione, nell’introdurre il tema, ha disegnato a grandi linee la mappa
della realtà italiana, europea e mondiale dell’immigrazione, secondo il recente
dossier della Caritas. 54 milioni di migranti nel mondo, 5 milioni di stranieri
in Italia, di 190 nazionalità diverse, che parlano 140 differenti lingue. Un
milione di loro sono giovani e 600mila sono nati in Italia e non sono ancora
cittadini italiani, pur avendo frequentato in Italia le scuole pubbliche.
Stiamo andando da una società multiculturale ad una società interculturale in
cui si trova ancora difficoltà a riconoscere la dignità ed i diritti della
persona umana. Occorre, dunque, agire su quattro piani -ha affermato Russo-:
sul piano giuridico, dove urge una nuova legge sulla cittadinanza; sul piano
politico, dove va riconosciuto agli immigrati il diritto di voto, almeno nelle
consultazioni amministrative; sul piano sociale, dove vanno riconosciuti per
tutti uguali diritti all’istruzione, alla sanità , ai servizi, al welfare, alle
citazioni simboliche che identificano il gruppo, la comunità , la religione; sul
piano religioso vanno riconosciuti i “simboli” unificanti delle comunità , dai
luoghi di culto all’abbigliamento. L’universalismo delle differenze, nel mondo
globalizzato, porta ad un’etica pubblica condivisa e al superamento della
islamofobia, dell’antiebraismo ed anche della cristianofobia risorgente”.
L’imam
di Firenze, Izzedin Elzir: “Siamo consapevoli che la comunità islamica ha una
massiccia presenza e in Italia è composta da presenze di 60 nazioni, sappiamo
che ci sono forti pregiudizi, come li avevo io, palestinese, quando sono venuto
in questo paese che ora è il mio paese. Siamo orgogliosi di questo paese e
della nostra Costituzione, ma chiediamo di vedere in futuro una legge sulla
libertà religiosa; quindi abbiamo bisogno di dialogare e di un po’ più di
coraggio da parte della politica”.
Francesco
Marsico, della Caritas italiana, ha ragionato di cultura del pre-politico,
ancorando la comunanza del dialogo ai valori di povertà , pace e umiltà , come
nella testimonianza di san Francesco e nello Spirito di Assisi, icona del
dialogo che unisce. Dopo aver ricordato il Concilio Vaticano II e il beato
Giovanni Paolo II, che ha chiesto il perdono per i peccati passati e presenti
dei cristiani, ha sottolineato come si debba passare dall’ortodossia
all’ortoprassia, “eliminando la distanza tra ideali e comportamenti, rendendo
testimonianza (il martirio dei cristiani) partendo dalla croce di Gesù
crocifisso, che è lo sguardo di Dio sul mondo. Il nemico esterno è un amico che
va amato, superando il conflitto eterno tra Bene e Male dentro e fuori di noi
stessi”.
Vannino
Chiti, vicepresidente vicario del Senato e autore del libro ‘Religioni e politica nel mondo globale. Le ragioni di
un dialogo’, ha affermato che il problema dei cittadini italiani di religione
islamica è un problema della
politica che vuole tenere la testa fuori dall’acqua. Le sfide del nostro tempo
richiedono l’ascolto e il dialogo tra le religioni e tra i cittadini dentro
ogni paese. “Da solo, nessun paese può farcela: ecco la responsabilità e la
sfida cui è chiamata l’Europa, se vogliamo farla vivere
come una grande democrazia sovranazionale: gli Stati Uniti d’Europa -ha
detto ancora Chiti-. Occorrono alla
politica umiltà e determinazione, per scegliere la democrazia e la laicità . La
politica deve capire che la religione non è un residuo storico e culturale, ma
dà risposte agli interrogativi degli uomini, di tutti gli uomini: chi siamo, da
dove veniamo, che ci sarà dopo la morte? Domande importanti che hanno
cittadinanza nella società pluralista. E alle religioni occorre riconoscere una
dimensione pubblica, che arricchisce tutti. La nostra Costituzione è ricca di
libertà : non c’è una religione di Stato, non sceglie una religione, ma non è
indifferente rispetto a chi sceglie una religione”. E ha citato padre Ernesto
Balducci, una delle sue frequentazioni giovanili e di vita, il quale affermava
che l’Europa deve ritenere di non avere un pensiero unico valido per tutti:
quindi dialogo, non considerare l’altro un nemico, né le altre culture come
subalterne. “Un riferimento chiaro già c’è: è la Dichiarazione universale dei
diritti dell’uomo, cui l’intera famiglia umana deve volgersi”.
Tanti motivi perché la
Politica esca “con la testa fuori dall’acqua” e umilmente si metta in ascolto
delle Religioni e delle Culture, per rispettare diritti e dignità di tutti gli
uomini e di tutte le comunità .
Nessun commento