Spazio pubblicità disponibile

Ultim'Ora

Addio Rita! L'orgoglio di essere italiani


di Alba Subrizio

FOGGIA, 30 Dic. - «Nella vita non bisogna mai rassegnarsi, arrendersi alla mediocrità, bensì uscire da quella 'zona grigia' in cui tutto è abitudine e rassegnazione passiva, bisogna coltivare il coraggio di ribellarsi». Una 'ribelle' fu Rita Levi Montalcini; insofferente alle differenze di genere, alla reclusione della donna al ruolo della buona 'matrona'; rivoluzionaria in campo scientifico; indomabile nell'esprimere la sua libertà e le sue idee. La professoressa di 103 anni, se n'è andata, lasciando un vuoto incolmabile nel nostro Paese, ma al tempo stesso affidandoci un lascito: l'amore per la ricerca e la tenacia che l'ha sempre contraddistinta. Una donna d'altri tempi ma 'moderna' nelle idee, la prima ad essere ammessa alla Pontificia Accademia delle Scienze, vincitrice nel 1986 del Premio Nobel per la medicina, grazie alla scoperta e all'identificazione del fattore di accrescimento della fibra nervosa. Rita Levi Montalcini ha rappresentato però molto di più, è stata una vera pioniera per le donne che hanno intrapreso cammini scientifici in un mondo 'vittoriano', nel quale dominava la figura maschile e la donna aveva poche possibilità; con la nobiltà che le era propria ha saputo dirimersi con mitezza ed eleganza anche nelle battaglie politiche della seconda repubblica, ricoprendo il ruolo di senatore a vita (dal 2001); così come quando all'ignobile attacco di Francesco Storace rispose: «Mi rivolgo a chi ha lanciato l'idea di farmi pervenire le stampelle per sostenere la mia "deambulazione" e quella dell'attuale Governo, per precisare che non vi è alcun bisogno. Desidero inoltre fare presente che non possiedo "i miliardi", dato che ho sempre destinato le mie modeste risorse a favore, non soltanto delle persone bisognose, ma anche per sostenere cause sociali di prioritaria importanza. A quanti hanno dimostrato di non possedere le mie stesse 'facoltà' mentali e di comportamento, esprimo il più profondo sdegno non per gli attacchi personali, ma perché le loro manifestazioni riconducono a sistemi totalitari di triste memoria» (da Repubblica, 10/10/2007). Perseguitata durante il regime fascista, in quanto di origini ebraiche, si spostò a Bruxelles, per poi tornare in Italia (in seguito all'occupazione del Belgio), a Torino, dove ricostruì il suo laboratorio, dedicandosi instancabilmente alla ricerca, e alla sua attività di neurobiologa, persino negli anni più bui della storia italiana ed europea; negli anni Settanta partecipò ad alcune attività del Movimento di Liberazione Femminile per la regolamentazione dell'aborto, sebbene, come lei stessa dichiarò più volte, credeva nelle donne, ma non nei movimenti femministi. La sua più importante scoperta, quella che le valse il Premio Nobel, si basava sul fatto che alcune cellule del sistema simpatico sono stimolate dall'organo di cui regolano l'attività (contrariamente all'ipotesi dominante nel mondo scientifico che il sistema nervoso fosse statico e rigidamente programmato dai geni), pertanto una maggior richiesta è in grado di modificare in senso ipertrofico le cellule di questo sistema; da ciò la dottoressa Montalcini poté studiare la crescita dei tumori delle cellule nervose. Per una strana beffa del destino Rita Levi-Montalcini è venuta a mancare poco prima che cominciasse il 2013; con lei si chiude un capitolo della storia italiana, e possiamo asserire legittimamente che il suo nome è uno dei motivi che ci rende orgogliosi di essere italiani. E' dunque con estrema gratitudine che le diciamo 'addio'.



Nessun commento