'La Buona Politica' - Consiglio di una buona lettura in memoria di un politico ed intellettuale galantuomo: LUCIO MAGRI
Lucio Magri. (foto com.) ndr. |
di Cosimo Imbimbo
BARI, 22 GEN. - Nel 2009 Lucio Magri ha pubblicato un libro importante, "Il sarto di Ulm" (Il
Saggiatore), che ripercorre la storia del Partito comunista italiano nel
dopoguerra e la sua personale. Una lettura piacevole, consigliabile,
soprattutto amabile dal punto di vista storiografico. Di seguito a cura di
Rocco Blasi riportiamo alcuni commenti. La notizia della scomparsa di Lucio
Magri, e delle sue circostanze, ha suscitato scalpore, avvenuta a quasi due
anni fa, il suo “suicidio assistito”, ricordiamolo pure questo gesto
estremo, fu una sorta di volontà testamentaria quale atto dovuto nei confronti
di un universo talvolta proteso al superficiale e al distratto. Per cui onore
ed ammirazione verso colui che amabilmente diede vita a quel formidabile
gioiello di puro giornalismo d'impegno civile “IL MANIFESTO”, ora spetta a noi
tutti con piglio umile, non disperderne i valori coraggiosamente evidenziati
frutto di scelte lungimiranti e coraggiose.
''Il sarto di Ulm'' di Magri fa il tutto esaurito dopo la morte
5.000 copie vendute in 3 giorni. La recensione pubblicata dal Salvagente nel
2009.
Rocco Di Blasi Tremila copie vendute in tre anni, cinquemila acquistate, invece, in tre soli giorni, dopo la sua tragica morte. Lucio Magri diventa, suo malgrado, autore da best seller "post mortem". Il clamore nato dal suo tragico suicidio in Svizzera ha smosso l'interesse di migliaia di lettori. Magri aveva promesso alla moglie Mara che avrebbe finito il libro dopo la sua morte, anziché lasciarsi morire assieme a lei. La recensione del libro fatta dal Salvagente Che strano che tocchi proprio a Lucio Magri, uno degli “eretici” del vecchio Pci, misurarsi con “una possibile storia” del più grande partito comunista dell’ Occidente, come è stato chiamato per anni. Il titolo, per la verità , non è così chiaro (ma provvede il sottotitolo), ma viene spiegato fin dalle prime pagine. Il sarto di Ulm nasce da un apologo di Bertolt Brecht, ricordato da Pietro Ingrao in un’assemblea popolare. La metafora del sarto di Brecth Il sarto in questione sosteneva di poter volare con un apparecchio che si era costruito da solo e un giorno si presentò dal vescovo della sua città , dicendogli: “Ora posso volare”. Il prelato non si emozionò particolarmente. Semplicemente disse all’artigiano: “Allora provaci”. E l’uomo finì spiaccicato sul selciato. Ma, commenta Brecht, “dopo alcuni secoli gli uomini riuscirono effettivamente a volare”.
Le motivazioni di Ingrao Ingrao aveva introdotto l’apologo per spiegare perché non intendeva aderire alla proposta di Occhetto, cancellando la parola “comunista” dal dizionario della politica italiana, nonostante i fallimenti dell’esperienza nel Novecento. E tuttavia proprio Magri pose due domande non ingenue a Ingrao: siamo sicuri che se il sarto di Ulm fosse sopravvissuto da storpio, avrebbe subito riprovato a volare? E, comunque, il suo volo folle quale contributo aveva dato allo sviluppo dell’aeronautica? La storia del Pci In realtà “Il sarto di Ulm” (pubblicato da Il Saggiatore, 454 pagine, 21 euro) ripercorre passo dopo passo la storia del Pci: dalla fondazione nel 1921, alla Resistenza, dalla svolta di Togliatti a Salerno a Krusciov e alla destalinizzazione. Ma poi, strada facendo, si arriva fino a qualche decennio fa: Berlinguer, il compromesso storico, fino a Occhetto alla Bolognina che, rispondendo alla domanda di un giornalista dell’Unità fa intendere che rinunciare al nome del Pci “è possibile”, prendendo in contropiede una buona parte della Direzione del suo partito. Più cronista che politico Magri ha indagato, infatti, negli anni seguenti per farsi dire “chi sapeva e chi no” con una curiosità da cronista più che da politico ed è arritao alla conclusione che solo Mussi, Petruccioli e pochissimi altri della segreteria sapessero in anticipo cosa aveva in mente il segretario.
La fine del partito Ma Magri rivela anche che, per il congresso decisivo di Rimini, si stava preparando una mozione alternativa a quella di Occhetto, che poteva indirizzare in modo diverso le sorti del partito, ma che ci si fermò di fronte a due “comunque”: Cossutta disse “comunque me ne vado”. Ingrao rispose “comunque resto”. Anche così finì il Pci, che “è morto da tempo, eppure l’Italia tanto bene non sta”. E su questo giudizio si ritrovano in tanti.
Rocco Di Blasi Tremila copie vendute in tre anni, cinquemila acquistate, invece, in tre soli giorni, dopo la sua tragica morte. Lucio Magri diventa, suo malgrado, autore da best seller "post mortem". Il clamore nato dal suo tragico suicidio in Svizzera ha smosso l'interesse di migliaia di lettori. Magri aveva promesso alla moglie Mara che avrebbe finito il libro dopo la sua morte, anziché lasciarsi morire assieme a lei. La recensione del libro fatta dal Salvagente Che strano che tocchi proprio a Lucio Magri, uno degli “eretici” del vecchio Pci, misurarsi con “una possibile storia” del più grande partito comunista dell’ Occidente, come è stato chiamato per anni. Il titolo, per la verità , non è così chiaro (ma provvede il sottotitolo), ma viene spiegato fin dalle prime pagine. Il sarto di Ulm nasce da un apologo di Bertolt Brecht, ricordato da Pietro Ingrao in un’assemblea popolare. La metafora del sarto di Brecth Il sarto in questione sosteneva di poter volare con un apparecchio che si era costruito da solo e un giorno si presentò dal vescovo della sua città , dicendogli: “Ora posso volare”. Il prelato non si emozionò particolarmente. Semplicemente disse all’artigiano: “Allora provaci”. E l’uomo finì spiaccicato sul selciato. Ma, commenta Brecht, “dopo alcuni secoli gli uomini riuscirono effettivamente a volare”.
Le motivazioni di Ingrao Ingrao aveva introdotto l’apologo per spiegare perché non intendeva aderire alla proposta di Occhetto, cancellando la parola “comunista” dal dizionario della politica italiana, nonostante i fallimenti dell’esperienza nel Novecento. E tuttavia proprio Magri pose due domande non ingenue a Ingrao: siamo sicuri che se il sarto di Ulm fosse sopravvissuto da storpio, avrebbe subito riprovato a volare? E, comunque, il suo volo folle quale contributo aveva dato allo sviluppo dell’aeronautica? La storia del Pci In realtà “Il sarto di Ulm” (pubblicato da Il Saggiatore, 454 pagine, 21 euro) ripercorre passo dopo passo la storia del Pci: dalla fondazione nel 1921, alla Resistenza, dalla svolta di Togliatti a Salerno a Krusciov e alla destalinizzazione. Ma poi, strada facendo, si arriva fino a qualche decennio fa: Berlinguer, il compromesso storico, fino a Occhetto alla Bolognina che, rispondendo alla domanda di un giornalista dell’Unità fa intendere che rinunciare al nome del Pci “è possibile”, prendendo in contropiede una buona parte della Direzione del suo partito. Più cronista che politico Magri ha indagato, infatti, negli anni seguenti per farsi dire “chi sapeva e chi no” con una curiosità da cronista più che da politico ed è arritao alla conclusione che solo Mussi, Petruccioli e pochissimi altri della segreteria sapessero in anticipo cosa aveva in mente il segretario.
La fine del partito Ma Magri rivela anche che, per il congresso decisivo di Rimini, si stava preparando una mozione alternativa a quella di Occhetto, che poteva indirizzare in modo diverso le sorti del partito, ma che ci si fermò di fronte a due “comunque”: Cossutta disse “comunque me ne vado”. Ingrao rispose “comunque resto”. Anche così finì il Pci, che “è morto da tempo, eppure l’Italia tanto bene non sta”. E su questo giudizio si ritrovano in tanti.
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