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La comunione legale dei beni dei coniugi e la mancanza del consenso agli acquisti di beni immobili

di Carmen Russo

BARI, 8 Gen. - La legge n.151 del 19 maggio 1975 ha introdotto nel nostro ordinamento giuridico il regime di comunione legale dei coniugi (art.159 cod. civ.), che comporta la contitolarità e la cogestione dei beni acquistati separatamente successivamente e in costanza di matrimonio (art.177 cod. civ.), escludendo i beni acquistati da ciascun coniuge prima del matrimonio o appartenenti ad alcune categorie di beni personali (ex art. 179 c.c.). In particolare, l’amministrazione dei beni della comunione spetta disgiuntamente a entrambe i coniugi, a eccezione del compimento degli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione, nonché la stipula dei contratti con i quali si concedono o si acquistano diritti personali di godimento, nonché la rappresentanza in giudizio per le relative azioni, tutti atti per i quali l’amministrazione spetta congiuntamente a entrambi i coniugi (art.180 cod. civ.). Questo trova la sua giustificazione nel fatto che gli atti di ordinaria amministrazione attengono ad una attività di semplice gestione del patrimonio, gestione che non va assolutamente a modificare in maniera sostanziale il regime patrimoniale, mentre gli atti di cui al II comma dell’art.180 del cod. civ. possono alterare il patrimonio nell’essenza e nella struttura, determinando così una significativa modifica del valore capitale. La compravendita di un bene immobile è atto di straordinaria amministrazione, perchè si pone quale momento originario di una sequenza obbligatoria il cui esito è sicuramente il trasferimento della proprietà del bene e ove detto contratto venga stipulato da un coniuge senza la partecipazione o il consenso dell’altro, è soggetto alla disciplina dell’art. 184, primo comma, cod. civ. Infatti, in tema di comunione legale tra coniugi, tutti gli atti di disposizione di beni immobili o beni mobili registrati compiuti da uno solo dei coniugi, senza il necessario consenso dell’altro, ovvero in violazione della regola dell’amministrazione congiunta, sono validi ed efficaci, in quanto attribuiscono, secondo parte della dottrina e della giurisprudenza, anche all’altra parte la veste di contraente, e, pertanto, sono sottoposti alla sola sanzione dell’annullamento ai sensi dell’art. 184 cod. civ., in forza dell’azione proponibile dal coniuge il cui consenso era necessario entro i termini previsti dalla stessa norma. Ma nello specifico, cosa deve intendersi per “mancanza del consenso dell'altro coniuge”? L’indagine che deve essere condotta riguarda la coincidenza oppure no della mancanza del consenso con la mancanza della sottoscrizione del contratto da parte di uno dei due coniugi. A tal proposito, la Cassazione civile, con sentenza del 24.07.2012 n.12923, decidendo su un caso riguardante gli atti di straordinaria amministrazione nella comunione legale, ha disposto che “Quando il regime patrimoniale della famiglia è la comunione legale dei beni, per l'annullamento degli atti di straordinaria amministrazione relativi a beni immobili o mobili registrati compiuti solo da uno dei coniugi, non basta la mera sottoscrizione del contratto da parte di uno solo dei coniugi, ma è necessaria anche la mancanza del consenso dell'altro, per cui il contratto di straordinaria amministrazione non è annullabile se viene sottoscritto solo da uno dei coniugi e c'è, comunque, il consenso dell'altro coniuge al compimento dell'atto”. La Suprema Corte giunge alla conclusione che la sottoscrizione del contratto e il consenso dell'altro coniuge non coincidono e, dunque, l'atto di straordinaria amministrazione è annullabile solo se l'atto è sottoscritto solo da uno dei coniugi e manca il consenso dell'altro coniuge. Di contro, nel caso in l'atto è sottoscritto da uno solo dei coniugi, ma l'altro ha fornito il consenso al compimento dell'atto, il contratto non è annullabile.


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