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'La Buona Politica' - Politica economica: “L'attualità del pensiero di Jonn Maynard Keynes”

John Maynard Keynes. (foto com.) ndr.

di Cosimo Imbimbo

BARI, 27 FEB. - In tempi di così evidente austerità o meglio crisi economica, risulta salutare riprendere o meglio riesaminare luoghi e culture talvolta apparentemente abbandonate, ma che da un'analisi saggia ed attenta potrebbero nondimeno fornirci intetressanti indicazioni senza dubbio di stimolante attualità ed utilità. Il grande economista John Maynard Keynes ; Cambridge, 5 giugno 1883 – Tilton, 21 aprile 1946) amava dire che, in periodo di crisi, lo stato dovrebbe pagare i lavoratori disoccupati per scavare una gigantesca buca e poi riempirla. 

In questo modo i lavoratori avrebbero un salario e potrebbero spendere, attorno alla buca si creerebbero negozi ed osterie ed infine l’ economia potrebbe risollevarsi, propose il sostegno alla domanda mediante l'intervento pubblico. In questo modo la spesa per investimenti avrebbe traslato la funzione di domanda verso l'alto portando l'equilibrio dell'economia verso la piena occupazione. Nella visione economica ortodossa prevale l’idea che il mercato sia in grado di auto-equilibrarsi. Il massimo che può accadere sono oscillazioni temporanee nella produzione, nel PIL e nell'occupazione, le quali però modificheranno altre grandezze economiche come salari e prezzi e quindi il sistema, come un pendolo, tornerà da solo in una situazione di equilibrio ottimale. Keynes rifiuta l’idea che il capitalismo funzioni come un sistema meccanico e quindi rifiuta l'accostamento dell'economia alle scienze naturali ed “esatte”. Invece di lasciare tutto al caso, origine di enormi sprechi e ingiustizie, egli sostiene che sia necessario guidare l’economia attraverso precise politiche monetarie e fiscali poiché i mercati non sono sempre in grado di raggiungere equilibri efficienti da soli, ma anzi il più delle volte falliscono. La disoccupazione di massa ne è l’esempio più evidente, se analizziamo il problema della moneta e della finanza attuale – che può essere riassunto nel concetto d'interesse - scopriamo che è possibile un'economia assolutamente libera, ma non basata sul capitalismo. 

I debiti pubblici accumulati sono in massima parte derivanti dagli interessi. Se non vi fossero gli interessi praticamente non esisterebbero i debiti pubblici. Le nazioni, in realtà, negli ultimi 60/70 anni, mediamente, hanno restituito molti più soldi di quanti ne abbiano chiesto in prestito. Però i debiti sono ancora elevatissimi perché tutti i soldi spesi hanno restituito in sostanza solo gli interessi ed il capitale è stato sempre rinnovato. E' pensiero comune che il debito pubblico derivi dagli sprechi della politica, tema sempre di grande attualità ed interesse ma mai sviluppato in seno di una sana aggregazione di adeguato livello scientifico. Keynes non ha sviluppato molto il rapporto fra etica ed economia, anche perché preso dall’affrontare altri problemi più urgenti. Tuttavia nelle sue opere “minori” emergono squarci di luce sull’etica e sulla sua concezione del capitalismo, che è estremamente interessante considerare. Le idee e gli spunti che offre il grande economista di Cambridge sono quasi sempre originali e sorprendenti, eterodossi e provocatori. Si possono capire perché, secondo la classe di modelli più in voga in Europa, non solo l’austerità e la crescita economica possono andare di pari passo, ma anzi l’una può costituire la premessa logica per l’altra.

Mentre invece una politica espansiva viene considerata un ostacolo alla crescita, visto l’effetto di “spiazzamento” che essa dovrebbe comportare sulla spesa privata. Tuttavia, l’ esperienza europea e italiana di questi anni indica una sequenza causale diversa, che smentisce quei modelli.



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