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Il timore di sé

La Germania di ieri. (foto)

di Salvatore Sparapano

BARI, 14 Mar. - Sono trascorsi settant’anni dall’avvento del Nazismo in Germania. In apparenza la cosa rimane sullo sfondo delle discussioni tedesche ma, in realtà, il timore di un possibile ritorno di quei tempi bui è sempre rimasto nelle menti dei politici tedeschi ed ora più che mai dopo le vicende ungheresi e greche. Per quanto possa sembrare estraneo all’argomento lo dimostra, tra l’altro, l’accanimento con il quale la Germania difende imperterrita la linea di rigore monetario imposto all’Europa. Così, ad esempio, il Prof.Michael Stuermer, ex consigliere di Helmut Kohl (“La Repubblica” del 13 settembre 2012): “ (...) in realtà la Germania oggi,tra partecipazione ai pacchetti d’aiuto e salvataggi per singoli paesi, crediti e garanzie ai crediti, è impegnata per mille miliardi buoni per sorreggere l’euro e i paesi dell’eurozona in crisi. Nessun tedesco crede che rivedrà mai quei soldi. Vuol dire che il debito pubblico tedesco crescerà, e che i contribuenti tedeschi saranno chiamati a trarne le conseguenze.(…)”, Al Prof. Stuermer non preoccupa il riavere indietro quel danaro quanto la possibile reazione della propria nazione per il fatto che si sarebbero incrinati, per la prima volta dal dopoguerra, il pilastro che, a detta di molti tedeschi, avrebbe retto la sorte e la pace sociale tedesca durante tutto il dopoguerra: la bassa inflazione. Con tutto quanto ad essa implicito, ossia : bassa conflittualità sindacale, competitività, prezzi stabili e moneta forte. Di ciò è stata garante anzitutto la Bundesbank che ha imposto la propria politica monetaria deflazionista e rigorista alla stessa BCE anche dopo la crisi iniziata nel 2008 contrariamente a come invece hanno operato tutte le altre banche centrali mondiali. Questo almeno fino a Draghi che ha attenuato (solo attenuato) detto rigore. Alla base di questo non vi sono solo interessi economici del complessivo sistema economico tedesco ma anche qualcosa di più profondo Ai tedeschi è infatti ancora vivo il ricordo della grande inflazione del bennio 1922-23 del secolo scorso quando la moneta non valeva neppure l’inchiostro con cui veniva stampata. Secondo la comune vulgata da quel momento sarebbe cominciata la scalata al potere del nazismo. Che potrebbe rinascere magari in altre forme, come testimoniano i fatti recenti in Ungheria o, fino a non molti anni fa, il movimento neo-nazista di Haider in Austria. Sono questi i timori nascosti come nel caso del sopra citato Prof.Stuermer. Dalla vulgata di cui parlavamo furono influenzati gli stessi Alleati i quali imposero, nel nuovo ordinamento federale tedesco, una autorità monetaria autonoma (la Bundesbank) che avesse, per statuto, esclusivamente la salvaguardia del potere d’acquisto della moneta e quindi la stabilità dei prezzi. In realtà già dopo il 1923, con l’istituzione di un nuovo marco e più pacifici rapporti internazionali, la produzione industriale tedesca aumentò costantemente e con essa gli stessi salari fino al 1929. L’inflazione scese fini a livelli fisiologici e contestualmente scemò anche il fenomeno nazista. Fu solo con la grande crisi mondiale del 1929 (equivalente a quella dei nostri giorni) che le cose cambiarono in peggio. Ma governo Bruning, memore della precedente grande inflazione del biennio 1922-23, anziché adottare politiche espansive per combattere la disoccupazione causata dalla crisi, inasprì ancor più la politica deflazionista riducendo stipendi e salari e aumentando le tasse pur di avere il bilancio statale sotto controllo. Il risultato fu il crollo di domanda interna e sei milioni di disoccupati. Fu allora che il nazismo avanzò e assunse il potere. Settant’anni dopo, con una crisi analoga a quella del 1929, la politica adottata dalla Germania nei confronti dei paesi europei in crisi, è, a ben vedere, analoga a quella rigorista e deflazionista del governo Bruning. Ironia della storia: per timore di sé stessi si riproducono, quasi freudianamente, gli stessi errori. Con le possibili analoghe conseguenze.



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