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Ilva, la Procura dispone la restituzione di una piccola parte di prodotti sequestrati

Gli stabilimenti dell'ilva a taranto. (foto) ndr.

di Redazione

TARANTO, 26 Apr. (ADNKRONOS) - La Procura della Repubblica di Taranto ha disposto la restituzione all'Ilva di una parte dei prodotti finiti e semilavorati che si trovano fermi sulle banchine e nei depositi dello stabilimento siderurgico dal 26 novembre scorso quando fu disposto il sequestro da parte del gip del Tribunale jonico Patrizia Todisco nell'ambito dell'inchiesta sul presunto disastro ambientale denominata 'Ambiente Svenduto'. Si tratta in pratica di un parziale accoglimento dell'ennesima istanza presentata l'altro ieri dai legali dell'azienda in cui si chiedeva il dissequestro di tutti i prodotti. La societa' spiegava che una parte della merce, nello specifico circa 63.700 metri di tubi in acciaio, era stata gia' venduta alla Oil Projects Company (State Company) un'azienda del governo dell'Iraq. Se la merce non fosse stata spedita entro il 5 maggio il danno che sarebbe derivato all'azienda per il mancato rispetto del contratto ammontava a quasi 27 milioni di dollari. Somma per la quale si preannunciava un'azione di risarcimento danni a carico dello Stato. A questo proposito nell'istanza l'Ilva allegava, il contratto, le fatture e lettere di credito. I prodotti che vengono restituiti rappresenterebbero una piccola parte della totalita' della merce sotto sequestro che invece ammonta a 1 milione e 700mila tonnellate di coils, bramme e tubi in acciaio per un valore tra 800 milioni e il miliardo di euro, di cui l'Ilva chiede il dissequestro. Inoltre il contratto sottoscritto con la ditta irachena risaliva a un periodo non sospetto e cioe' il 2011, quindi precedente al sequestro degli impianti dell'azienda avvenuto il 26 luglio del 2012. Secondo quanto si apprende gia' in precedenza, sulla base delle rimostranze di un'altra ditta acquirente, era stata consentita la spedizione di alcuni prodotti finiti sotto sequestro. Nel provvedimento della Procura l'acciaio, oggetto del contratto tra l'Ilva e l'azienda irachena, e' stato considerato ''vendita di cosa futura''. Riguardo all'istanza di restituzione complessiva della merce avanzata dall'azienda sulla base della legge 231 approvata a dicembre dal Parlamento ed entrata ufficialmente in vigore il 3 gennaio (data della pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale), ritenuta legittima dalla Corte Costituzionale lo scorso 9 aprile, la Procura ha ritenuto di trasmettere gli atti al gip Patrizia Todisco, cioe' al giudice che ha sospeso il giudizio. Il gip ha gia' ritenuto inammissibile l'istanza poiche', condividendo quanto sostenuto dalla Procura, il provvedimento della Consulta non e' stato ancora depositato ufficialmente e lo si conosce solo attraverso un comunicato stampa diffuso nella serata in cui fu presa la decisione. Secondo Procura e gip non esiste ancora alcun atto sul quale fondare un eventuale provvedimento di restituzione. La legge 231 approvata quasi all'unanimita' convertiva un decreto approvato dal governo a dicembre che reimmetteva la societa' nel possesso dei beni dell'impresa consentendo la ripresa formale della produzione e della commercializzazione dei prodotti.





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