La crisi morde anche in Germania 323mila famiglie sussidio poveri
La visibile povertà delle famiglie in Germania. (foto) ndr. |
di Redazione
BERLINO, 8 MAG. (AGI) - Sempre piu' tedeschi con un lavoro a tempo pieno o a tempo parziale non ce la fanno a vivere con il loro salario e devono ricorrere ad "Hartz IV", il sussidio di poverta' concesso dallo Stato. Lo rivela la 'Sueddeutsche Zeitung', che pubblica i nuovi dati dell'Agenzia federale del Lavoro, dai quali risulta che nel 2012 sono state 323mila le famiglie che hanno dovuto chiedere l'assegno di poverta', 20mila in piu' rispetto al 2009. Ancora piu' drammatica e' la situazione dei single con lavori sottopagati: dal 2009 al 2012 il numero di queste persone costrette a chiedere Hartz IV e' aumentato del 38%, salendo ad un totale di 75.600. La Sueddeutsche spiega che nella quasi totalita' dei casi i lavoratori sottopagati, con un salario orario che oscilla dai 3 ai 6 euro lordi all'ora, sono impiegati nei settori del commercio, della ristorazione e della sanita'. I nuovi dati riportano d'attualita' le polemiche sull'introduzione in Germania di un salario minimo, che il partito socialdemocratico ed i Verdi vogliono fissare a 8,50 euro l'ora, mentre a rifiutarne l'introduzione sono il partito cristiano-democratico di Angela Merkel e l'alleato liberale di governo. Il giornale di Monaco di Baviera sottolinea che non poche aziende mantengono deliberatamente bassi i loro salari, invitando contemporaneamente i loro dipendenti a far ricorso all'aiuto dello Stato. Stefan Sell, professore di diritto del Lavoro all'universita' di Coblenza, dichiara alla Sueddeutsche che queste aziende "socializzano a spese dei contribuenti una parte dei loro costi del lavoro, procurandosi cosi' anche un vantaggio rispetto ad altre imprese che si comportano normalmente". Nei giorni scorsi il ministro del Lavoro, Ursula von der Leyen (Cdu), ha dichiarato ad Amburgo che un salario per un lavoro a tempo pieno deve bastare "per riuscire a vivere", definendo inammissibile la prassi di imprenditori che pagano salari orari di "tre, cinque o sei euro".
Nessun commento