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Skateboarding."Lo skateboard è la mia vita"

Daniel Cardone re dello Skateboard  in Italia. (foto) ndr,

di Andrea Gussoni

MILANO, 6 MAG. - Sono sempre più giovani i riders che si affrontano sulle miniramp di skateboard, molti di loro non sono nemmeno maggiorenni, ma già sfrecciano e volano in evoluzioni da campioni. Daniel Cardone i diciott'anni li ha compiuti da un po' ma non ha nessuna intenzione di cedere lo scettro di re dello skate italiano. Il rider, nato nel 1979 a Cesena e membro del Fiat Freestyle Team, si è raccontato in esclusiva ai microfoni di Sportal.it, in occasione del Vans Off The Wall Spring Classic svoltosi a Varazze dal 3 al 5 maggio. Allora Daniel, si avvicinano i 34 anni, ma la voglia di fare skate è la stessa del ragazzino che ha iniziato o cambia col passare del tempo? Diciamo che è la stessa, anzi forse addirittura ne ho di più. Io sono cresciuto con la tavola, avevo quindici anni quando ho iniziato a viaggiare, sono maturato, ma, oltre lo sport, il divertimento è la prima cosa, noi skatiamo perchè ci divertiamo e proviamo emozioni forti. Oltre al divertimento, però, ci sono tanti sacrifici. Un ragazzo che vuole diventare skater cosa deve essere pronto a fare? Adesso è dura solo a pensarlo, perché devi dedicare alla tavola tutta la tua vita. Stando in Italia è difficile diventare professionisti, qui manca la cultura che per fortuna sta crescendo negli ultimi anni, ma in California il movimento continua a progredire dagli anni '70. Quando hai capito che lo skateboard poteva diventare il tuo lavoro? Quando ho iniziato era difficile vivere di skate in Europa, bisognava andare in America e cercare di sfondare là. Io ho avuto fortuna perché, nel periodo in cui iniziavo ad andar bene, il business cresceva ed è diventato possibile fare il professionista anche da noi. Questa cosa ha avuto i suoi pro e contro, non sono andato a vivere negli Stati Uniti, ma mi sono un po' seduto sugli allori in Italia vivendo la mia vita con la famiglia e gli amici. Ti sei trasferito ora passando da Bologna a Barcellona. Sono andato a Barcellona più che altro per un fatto di clima e perchè mi piace la Spagna. A Bologna sei mesi d'inverno in cui fai fatica ad allenarti sono difficili da sopportare. Barcellona, invece, è fantastica, è la nostra California europea, qualsiasi rider vivrebbe bene lì. Da anni sei tra gli uomini gli uomini di punta del Fiat Freestyle Team, come ti trovi in squadra? È una figata! Ci supportano parecchio ed è bella l'idea di unire questi action sport come lo skateboard, lo snowboard, la bmx. Insieme continuiamo a crescere e a fare del nostro meglio. Ora fai anche film e documentari, ti piace questa nuova veste o continui a preferire le gare? Io il mio periodo di gare me lo sono goduto tantissimo e ora preferisco lavorare a un documentario. Le competizioni fanno sempre parte dello skateboard, magari non le prendo più con l'agonismo di una volta, sono più un'occasione per ritrovarci a skatare tutti insieme. C'è sempre un clima di festa alle gare, qui incontro gente che vedo da più di dieci e si è instaurato un rapporto che è più di un'amicizia, siamo una grande famiglia. Questa è una delle cose più belle, per quanto ci sia la voglia di vincere tra noi riders c'è un rispetto che è sicuramente qualcosa di speciale. Il tuo futuro senza skate come lo vedi? Non esiste un futuro senza skate, ci sarà un futuro senza sponsor e senza gare, ma la tavola sarà per sempre la parte più grande della mia vita. Grazie a questo sport ho conosciuto tante persone e scoperto il mondo fuori dall'Italia.





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