Calcio. Perché 'non passa lo straniero'
L'economista Fabio Verna. (foto) ndr. |
Dall’estero faticano a investire in Italia. E il calcio non sfugge alla regola. Fabio Verna, economista esperto dei mercati finanziari internazionali, spiega come mai
di Andrea Gussoni
MILANO, 26 GIU. - Gli stranieri faticano a investire in Italia. E il calcio non sfugge alla regola. Mentre tycoon russi e asiatici puntano sull’Inghilterra, sulla Francia e sulla Spagna, acquistando club di un certo livello, e portandoli sul tetto d’Europa, come ha per esempio fatto Roman Abramovich con il Chelsea, le trattative intavolate con i proprietari di casa nostra si arenano anche quando sembrano bene avviate, così come è successo di recente: il magnate Thohir si è fatto avanti con l’Inter, ma a un mese dal primo approccio concreto il ‘Biscione’ è saldamente nelle mani di Massimo Moratti e il riccone indonesiano sta seriamente pensando di rivolgersi altrove. Lontano dalla Penisola.
Fabio Verna, economista esperto dei mercati finanziari internazionali, a Sportal.it ha spiegato perché il calcio di casa nostra - quando si parla di denaro da mettere sul piatto - non ha grande appeal all’estero. E, purtroppo, non si parla soltanto di calciatori che dicono ‘no’ alle proposte dei club italiani, preferendo altri lidi. “Il problema è a monte - ha sottolineato -. A fare paura ai potenziali investitori sono alcune situazioni fisiologiche, tipiche del nostro Paese. La normativa italiana è lenta quando deve dirimere controversie e gli arbitrati non sono sufficientemente efficaci. E se a questo aggiungiamo che la tassazione è severa, capiamo il perché delle titubanze. L’investitore non è un filantropo, ma un soggetto che si aspetta un ritorno economico e che è a caccia di proventi. Ed è un peccato, perché all’estero il campionato italiano è seguito con grandissima attenzione, e soprattutto per i possidenti arabi un club calcistico rappresenta un’ottima opzione per la diversificazione del portafoglio. I recenti scandali legati alle scommesse non hanno dato una bella immagine, anche qualche tifoseria fuori controllo rappresenta un problema ulteriore, difficilmente calcolabile a priori. E chi investe non ama il rischio”.
Un altro ostacolo alla penetrazione dall’estero è dato dalla fatica con cui i patron italiani tendono a cedere i gioielli di famiglia. E spesso il gioiello più brillante è proprio il club calcistico. “E’ umanamente comprensibile - ha aggiunto Verna -. Nello stesso tempo, però, il tifoso si aspetta investimenti decisi e se la sua squadra vince non gli importa se il denaro arriva da oltre confine. Lo stadio di proprietà, per esempio, è una carta importante, che rende più solida la società di appartenenza, a patto che non lo si utilizzi soltanto per la partita di campionato o di coppa, ma per tutta una serie di avvenimenti extracalcistici, che vanno dal lancio della nuova autovettura al concerto del big, per citare i primi che mi vengono in mente. E poi bisognerebbe puntare sui settori giovanili: il futuro campione è un patrimonio in grado di accrescersi di giorno in giorno”.
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