'La Buona Politica' - L' essere e il divenire nel pensiero e i cambiamenti sociali in occasione del Centanario dalla nascita di Albert Camus
Albert Camus. (foto com.) ndr. |
di Cosimo Imbimbo
BARI, 18 GIU. - Occupiamoci con sommo piacere di animo e pensiero di un altro grande pensatore del XX secolo: Albert Camus (Mondovi, 7 novembre 1913 – Villeblevin, 4 gennaio 1960), per cui parliamo del centanario dalla sua nascita. Camus è stato un filosofo, saggista, scrittore e drammaturgo francese, Premio Nobel per la letteratura nel 1957. E' stato scrittore, con una vocazione artistico-letteraria forse più genuina e intensa di quella di Sartre (entrambi, comunque, sono stati insigniti del premio Nobel per la letteratura).
I suoi testi narrativi contengono però molti motivi filosoficamente rilevanti: dei testi narrativi meritano di essere ricordati Lo straniero (1942), La peste (1947), La caduta (1956), L'esilio e il regno (1957), mentre di quelli teatrali è doveroso citare Il malinteso (1944), Caligola (1944), Lo stato d'assedio (1948), I giusti (1950). In Lo straniero , considerato unanimemente uno dei capolavori della letteratura novecentesca, Camus dà voce ad alcuni dei temi più caratteristici dell'esistenzialismo nella sua versione tragica e "negativa". Il breve romanzo esprime in modo difficilmente dimenticabile l'incolmabile distanza, anzi (come suggerisce il titolo) la vera e propria "estraneità " che separa l'uomo dal mondo. La realtà per Camus non ha alcun senso; gli eventi accadono, avvengono senza che il pensiero possa coglierne motivi e significati plausibili: ecco allora che l'uomo, con il suo pensiero, si trova ad essere straniero nel mondo. Però anche gli atti e i comportamenti umani non riescono a esibire una razionalità in grado di giustificarli, o almeno di giustificarli. Come accade al protagonista de "Lo straniero" , si può anche uccidere senza saper dire perché lo si è fatto. E’ evidente come in Camus, nonostante le diverse fasi nelle quali egli amava distinguere la sua attività , sia possibile individuare un filo conduttore unico, come esse rappresentino le sequenze sempre collegabili di un solo processo, i modi di una sola disposizione sentimentale e spirituale, quella dell’uomo che anela a rifarsi dei danni, delle violenze subite dalla vita, dalla storia, di quanto è stato sottratto alla sua antica umanità e scopre che potrà farlo solo acquisendo una coscienza nuova, diversa, capace di avvertire l’esistenza nella sua vastità , di viverla come esperienza totale, di non concedersi alle sue parti, differenze o contrasti, ma contenerli ed emergere su di essi.
Egli amava sostenere "Abbiamo imparato, che non possiamo accettare nessuna concezione ottimistica dell'esistenza, nessuna specie di lieto fine al dramma della storia". Tuttavia, se crediamo che essere ottimisti è una stoltezza, sappiamo anche che dichiararsi pessimisti quanto alla possibilità di agire in mezzo ai nostri simili per diminuire i mali che ci affliggono e procurare qualche bene, è una viltà . Stupendo. Poi seguendo la dolce scia del suo testo più riuscito "Lo straniero" sottolinea con con rancorosa passionalità la condanna a morte che si trasforma per Meursault da condanna a salvezza. Non una salvezza divina, da cui è ben lungi, ma una salvezza come essere umano, cosciente della propria razionalità e umanità . La follia è la sola cosa che manca a quest’uomo giudicato folle omicida. La sua metodicità , la sua chiarezza di vedute, la sua “pulizia mentale” è resa con sapiente maestria dalla scrittura di Camus: fluida, sicura, veloce senza mai correre, ragionata e razionata. Alla base dell'opera narrativa e saggistica di Albert Camus è l'assurdo: l'uomo di Camus cerca una giustificazione all'esistenza e non la trova, diventando così estraneo a sé stesso. Tutta la sua riflessione parte dal tema dell'assurdo e della rivolta (sia metafisica che storica), aderisce in un primo momento al partito comunista ma se ne distacca presto constatandone l'autoritarismo. La realtà è incomprensibile perché non ha alcun senso logico. L’uomo non è in grado di coglierne il senso.
Ne 'Il mito di Sisifo', Camus ribadisce l’assurdità della vita (essa appare come l’inutile fatica di Sisifo), tuttavia il suicidio non è la soluzione di alcunché. L’unica risposta vera di fronte all’assurdità , è la non-rassegnazione: la rivolta. Per Camus la rivolta può assumere infinite modalità : filosofica, storica, politica, poetica. Inoltre tra la schiavitù accettata e la violenza rivoluzionaria, la vera libertà è la creazione.
I suoi testi narrativi contengono però molti motivi filosoficamente rilevanti: dei testi narrativi meritano di essere ricordati Lo straniero (1942), La peste (1947), La caduta (1956), L'esilio e il regno (1957), mentre di quelli teatrali è doveroso citare Il malinteso (1944), Caligola (1944), Lo stato d'assedio (1948), I giusti (1950). In Lo straniero , considerato unanimemente uno dei capolavori della letteratura novecentesca, Camus dà voce ad alcuni dei temi più caratteristici dell'esistenzialismo nella sua versione tragica e "negativa". Il breve romanzo esprime in modo difficilmente dimenticabile l'incolmabile distanza, anzi (come suggerisce il titolo) la vera e propria "estraneità " che separa l'uomo dal mondo. La realtà per Camus non ha alcun senso; gli eventi accadono, avvengono senza che il pensiero possa coglierne motivi e significati plausibili: ecco allora che l'uomo, con il suo pensiero, si trova ad essere straniero nel mondo. Però anche gli atti e i comportamenti umani non riescono a esibire una razionalità in grado di giustificarli, o almeno di giustificarli. Come accade al protagonista de "Lo straniero" , si può anche uccidere senza saper dire perché lo si è fatto. E’ evidente come in Camus, nonostante le diverse fasi nelle quali egli amava distinguere la sua attività , sia possibile individuare un filo conduttore unico, come esse rappresentino le sequenze sempre collegabili di un solo processo, i modi di una sola disposizione sentimentale e spirituale, quella dell’uomo che anela a rifarsi dei danni, delle violenze subite dalla vita, dalla storia, di quanto è stato sottratto alla sua antica umanità e scopre che potrà farlo solo acquisendo una coscienza nuova, diversa, capace di avvertire l’esistenza nella sua vastità , di viverla come esperienza totale, di non concedersi alle sue parti, differenze o contrasti, ma contenerli ed emergere su di essi.
Egli amava sostenere "Abbiamo imparato, che non possiamo accettare nessuna concezione ottimistica dell'esistenza, nessuna specie di lieto fine al dramma della storia". Tuttavia, se crediamo che essere ottimisti è una stoltezza, sappiamo anche che dichiararsi pessimisti quanto alla possibilità di agire in mezzo ai nostri simili per diminuire i mali che ci affliggono e procurare qualche bene, è una viltà . Stupendo. Poi seguendo la dolce scia del suo testo più riuscito "Lo straniero" sottolinea con con rancorosa passionalità la condanna a morte che si trasforma per Meursault da condanna a salvezza. Non una salvezza divina, da cui è ben lungi, ma una salvezza come essere umano, cosciente della propria razionalità e umanità . La follia è la sola cosa che manca a quest’uomo giudicato folle omicida. La sua metodicità , la sua chiarezza di vedute, la sua “pulizia mentale” è resa con sapiente maestria dalla scrittura di Camus: fluida, sicura, veloce senza mai correre, ragionata e razionata. Alla base dell'opera narrativa e saggistica di Albert Camus è l'assurdo: l'uomo di Camus cerca una giustificazione all'esistenza e non la trova, diventando così estraneo a sé stesso. Tutta la sua riflessione parte dal tema dell'assurdo e della rivolta (sia metafisica che storica), aderisce in un primo momento al partito comunista ma se ne distacca presto constatandone l'autoritarismo. La realtà è incomprensibile perché non ha alcun senso logico. L’uomo non è in grado di coglierne il senso.
Ne 'Il mito di Sisifo', Camus ribadisce l’assurdità della vita (essa appare come l’inutile fatica di Sisifo), tuttavia il suicidio non è la soluzione di alcunché. L’unica risposta vera di fronte all’assurdità , è la non-rassegnazione: la rivolta. Per Camus la rivolta può assumere infinite modalità : filosofica, storica, politica, poetica. Inoltre tra la schiavitù accettata e la violenza rivoluzionaria, la vera libertà è la creazione.
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