Taranto. “I colori del tarantismo. Il tarantismo a Taranto e dintorni”
La locandina dell'evento. (foto) ndr. |
di Redazione
TARANTO, 11 GIU. - Eugenio Imbriani, Roberto Nistri, Carlo Petrone, Rosario Quaranta, Anna Maria De Vittorio, Enza
Musardo Talò e Giovanni Fornaro conversano con il Prof. Antonio Basile
Il tarantismo è uno dei fenomeni più dibattuti nell’ambito degli studi antropologici. Diverse sono le
interpretazioni che si sono date del fenomeno. Per i più, sulle orme dei medici Epifanio Ferdinando e
Giorgio Baglivi, il tarantismo è una malattia da ricondurre ad una sindrome tossica da morso di
aracnide velenoso. Per Tommaso Cornelio, i tarantati non sono altro che dei dolci di sale. Per altri
invece, al pari del medico Francesco Serao, il tarantismo è una falsa credenza popolare frutto della
superstizione. C’è poi chi collega il fenomeno con la malinconia, e non mancano coloro che, come
Ignazio Carrieri e Francesco De Raho lo riconducono ad una alterazione psichica dipendente o
indipendente dall’aracnidismo. Ernesto de Martino, invece, grazie ai dati raccolti durante la ricerca sul
campo nell’estate del 1959, sostiene l’irriducibilità del fenomeno a disordine psichico, e mette in
risalto la sua autonomia simbolica, culturalmente condizionata, cioè un suo orizzonte mitico-rituale di
ripresa e di reintegrazione rispetto ai momenti critici dell’esistenza, con particolare riferimento alla
crisi della pubertà, e al tema dell’eros precluso e ai conflitti adolescenziali, nel quadro del regime di
vita contadino. Il tarantismo, secondo Ernesto de Martino, offriva l’occasione per evocare e
configurare, per far defluire e per risolvere i traumi, le frustrazioni, i conflitti irrisolti nelle singole
vicende individuali, e tutta la varia potenza del negativo che, rivissuta nei momenti critici
dell’esistenza, veniva simbolicamente riplasmato come morso di taranta che scatena una crisi da
controllare ritualmente mediante l’esorcismo della musica, della danza e dei colori. Lontana dalle
dotte disquisizioni, il tarantismo secondo la gente di Puglia, è causato dal morso di un animale, la
taranta che “pizzica” preferibilmente le donne, durante il lavoro nei campi, al piede, alla mano o al
pube, nell’ardore dell’estate.
Copiosa è la bibliografia sul tarantismo che negli ultimi decenni si è arricchita grazie soprattutto agli
studi di Eugenio Imbriani, Roberto Nistri, Carlo Petrone, Rosario Quaranta, Anna Maria De Vittorio,
Enza Musardo Talò e Giovanni Fornaro i quali mercoledì 19 giugno, alle ore 17,30, nel salone di
rappresentanza di Palazzo Galeota a Taranto, parteciperanno alla Tavola rotonda “I colori del
tarantismo. Il tarantismo a Taranto e dintorni”, coordinata da Antonio Basile.
Con questa iniziativa l’Assessorato alla Cultura del Comune di Taranto in collaborazione con la
Società di Storia Patria per la Puglia di Bari e la Società di Storia Patria per la Puglia Sezione di
Taranto intende porre l’attenzione sulla varietà delle forme assunte dal fenomeno, sulla base delle
informazioni e delle fonti che possediamo. Il tarantismo osservato da Ernesto de Martino è diverso da
quello visto dai tre studenti di Emilio Lovarini a Taranto nella seconda metà dell’Ottocento, e quello
osservato da Nicola Caputi è diverso da quello raccontato da Vincenzo Bruno, ed ancora, Annabella
Rossi, in Campania, racconta altre storie così come le raccontano gli studiosi che saranno ospiti della
tavola rotonda.
Particolarmente significativo, infine l’omaggio ad Alfredo Majorano di Luigi Ferrucci e di Giovanna
Lamura, che hanno realizzato un video alquanto suggestivo che racconta i veri colori del tarantolismo.
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