Bari. Operazione “Ablatum”: Arrestati i componenti di un’organizzazione criminale
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Un'auto della GdF. (foto) ndr. |
di Redazione
BARI, 31 LUG. (LUCA TURI) - Quattro misure di custodia cautelare (tre in carcere ed uno ai domiciliari), emesse dal G.I.P. del Tribunale di Bari, su richiesta della locale Procura della Repubblica, sono state eseguite questa mattina all’alba dai finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Bari congiuntamente a militari della Tenenza di Gioia del Colle, nei confronti di altrettanti imprenditori indagati a vario titolo per i reati di associazione a delinquere finalizzata alla frode fiscale, alle false comunicazioni sociali ed alla bancarotta fraudolenta.
Nei confronti dei quattro imprenditori sono inoltre in corso di esecuzione sequestri di beni mobili, immobili e somme di denaro per un valore pari a circa 5,5 milioni di euro.
Le odierne misure cautelari giungono al termine di una complessa ed articolata attività di polizia giudiziaria che trae origine dalla sentenza di fallimento emessa dal Tribunale di Bari in data 23.02.2009 nei confronti della COSPET S.r.l. di Gravina in Puglia (BA), esercente l’attività di “costruzione di edifici residenziali e non residenziali”, società sul conto della quale era stata ipotizzata la distrazione e il depauperamento dei beni sociali da parte degli amministratori.
Le indagini svolte dagli investigatori del Nucleo di Polizia Tributaria di Bari anche mediante intercettazioni telefoniche venivano corroborate dagli esiti di una precedente attività ispettiva posta in essere dalla Tenenza di Gioia del Colle e consentivano di raccogliere gravissimi indizi di reato in ordine all’esistenza di un’associazione a delinquere, promossa e diretta da vari soggetti appartenenti ad uno stesso nucleo familiare - i fratelli Domenico e Giovanni PETRONE, il figlio di quest’ultimo, Filippo PETRONE e Gasperino ERRIQUEZ, cognato di Giovanni - dedita alla commissione di reati fallimentari (per distrazione e documentali), tributari, societari e contro la fede pubblica.
Il cosiddetto “SISTEMA PETRONE” era alimentato dalla coesistenza di alcune società “pilota”, attive nel settore dell’edilizia e del mercato immobiliare, realmente operative, e da numerose società “cartiere”, riconducibili alla medesima gestione – e tutte caratterizzate dalla presenza di compiacenti “prestanome” dei menzionati PETRONE, ma anche dell’ERRIQUEZ, nelle cariche amministrative apicali -, che consentiva ai protagonisti di lucrare guadagni illeciti attraverso lo spregiudicato ricorso a false fatturazioni per operazioni economiche inesistenti e riferite a tali realtà di impresa ricomprese nello stesso “gruppo”. Successivamente, mediante condotte distrattive, dette società venivano “svuotate” dei beni sociali sino a condurle deliberatamente al fallimento mentre l’occultamento e la distruzione sistematici delle scritture contabili impedivano la ricostruzione della relativa movimentazione e precludevano ogni forma di ristoro dei creditori.
I citati “prestanome” erano tutti “scelti” tra i dipendenti ed i collaboratori del Gruppo PETRONE; essi erano dunque “costretti” ad accettare gli incarichi conferiti in quanto un loro rifiuto avrebbe potuto comportare la perdita del posto di lavoro, spesso unica fonte di sostentamento familiare.
Il detto sistema illecito consentiva di praticare prezzi altamente concorrenziali per l'ottenimento di commesse (a titolo di subappalto) da parte di società che avevano ottenuto appalti banditi da enti pubblici (tra i quali il Comune di Bari).
Sotto tale ultimo aspetto le investigazioni condotte dagli specialisti del Nucleo di Polizia Tributaria di Bari consentivano di accertare il ricorso da parte degli indagati all’alterazione e falsificazione di documenti pubblici.
In particolare, nel corso di una perquisizione eseguita presso la sede della COSPET S.r.l., veniva rinvenuta carta intestata di uffici pubblici, timbri di funzionari della pubblica amministrazione (Comune di Gravina in Puglia) ed altra documentazione artefatta (certificati di conformità agli originali, certificazioni anagrafiche, autentiche di firme, denunce presentate ad organi di Polizia, modelli CUD, documenti unici di regolarità contributiva).
L’importo delle fatture per operazioni inesistenti emesse e/o utilizzate dalle società riconducibili al sodalizio criminoso veniva quantificato, complessivamente, in euro 54.186.175,00, pari ad una somma evasa al fisco di circa 5,5 milioni di euro.
Per tale motivo, l’A.G. barese ha disposto, oltre alle misure di custodia cautelare personali nei confronti dei promotori dell’accertata frode fiscale, anche il sequestro preventivo per equivalente delle somme di denaro e dei beni nella disponibilità degli stessi fino alla concorrenza di circa 5,5 milioni di euro.
Tra i beni sequestrati figurano due fabbricati ed un terreno siti in Gravina in Puglia (BA), un fabbricato sito in Castellaneta Marina (TA), quote societarie di alcune delle persone giuridiche oggetto d’indagine e disponibilità bancarie.
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