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Le colpe di Dresda

Dresda. (foto) ndr.

di Salvatore Sparapano

BARI, 1 AGO. - Come ogni anno si è parlato in questi mesi del bombardamento di Dresda avvenuto nel febbraio del 1945. Ma Dresda ebbe come precedente misconosciuto il bombardamento di Amburgo del 28 luglio 1943, ossia settant’anni fa. In quell’occasione morirono poco meno di 50.000 civili mentre molti di più saranno i morti a Dresda nel febbraio 1945 (alcune stime giungono fino alla cifra di 220.000 !) ma il bombardamento di Amburgo, più che per il numero di vittime (comunque notevole), fu importante perché insegnò agli angloamericani quasi casualmente una nuova tecnica di bombardamento che verrà soprannominata “tempesta di fuoco”. Si scoprì infatti, grazie al bombardamento di Amburgo, che, concentrando una certa quantità di bombe incendiarie su un’area ristretta densamente urbanizzata, si creava a seguito degli incendi un fortissimo vortice di vento ascensionale che innalzava la temperatura fino anche a mille gradi. Questa scoperta casuale non solo non fece sorgere alcuna remora morale nell’uso di bombe incendiarie ma, al contrario, fu salutata come una importante innovazione per moltiplicare gli effetti distruttivi dei bombardamenti aerei fino a raggiungere l’apice con il più famoso bombardamento di Dresda. Obiettivo dei bombardamenti indiscriminati sulle città tedesche era infatti quello di fiaccare la morale della popolazione. Non è mancato chi ha colto la enorme differenza di effetti che ebbero i bombardamenti aerei tra le diverse popolazioni ed in particolare di quella italiana rispetto a quella tedesca. Infatti, nonostante siano stati molto più limitati rispetto a quelli effettuati sulla Germania, i bombardamenti aerei in Italia ebbero effetti demoralizzanti tra la popolazione di gran lunga maggiori. Contrariamente alla popolazione tedesca nonostante quest’ultima subisse, come visto, una quantità ben maggiore di morti e distruzioni ad opera dei bombardieri alleati. Quindi stessa guerra, stessi avversari, ma reazioni diverse (e opposte) da parte delle popolazioni interessate. Per offrire una spiegazione di questo apparente paradosso occorrerebbe prima intendersi su quale deve essere l’oggetto da spiegare ossia : la “debolezza” morale della popolazione italiana oppure l’opposto senso di resistenza della popolazione tedesca ? In altre parole, ci sembra ‘ovvio’ che una popolazione civile possa terrorizzarsi a seguito di bombardamenti aerei indiscriminati. E allora la questione da porsi e che non ha, a nostro parere, ricevuto ancora una convincente risposta la si pone in questi termini: perché la popolazione tedesca resistette fino all’ultimo e anche dopo (si badi) il suicidio di Hitler ? Riteniamo quindi che la risposta la si possa trovare nelle particolarità di quella guerra e che la distinsero nettamente rispetto a tutte le guerre precedenti. Tuttora si tende ad escludere dalla analisi politica e militare l’evento più agghiacciante di quella guerra ossia lo stermino pianificato (e realizzato) di milioni di persone (2). La novità non fu solo lo stermino in sé e per sè ma l’avere realizzato un sistema industriale di uccisione di massa di popolazioni intere e i recenti studi ed approfondimenti hanno oramai acclarato la consapevolezza da parte della popolazione tedesca di quanto accadeva e la sua complessiva corresponsabilità allo sterminio. Certamente non tutti sapevano tutto o nella medesima forma e non tutti erano responsabili nella medesima maniera ma è oramai assodato che in un modo o in un altro , tra la popolazione, “si sapeva” e “si acconsentiva”(3). Se si vuole quindi spiegare il fattore della “tenuta morale” negli eventi bellici allora non si può evitare di considerare quelle particolari situazioni – storicamente “nuove” – in cui una popolazione si sia resa complessivamente complice di eventi criminosi che superano qualsiasi ordine etico e di misura fino a quel momento considerato e riconosciuto (4). E allora occorrerebbe considerare seriamente l’ipotesi che la condivisione di una “colpa” renda unanimemente “colpevoli” e che quindi da ciò ci si possa considerare passibili (o meritevoli) di “punizione”. Ma mentre gli italiani temevano la “punizione” dei bombardamenti e quindi consideravano la resa come l’occasione per la fine della medesima “punizione” , per la popolazione tedesca era vero il contrario perché quest’ultima temeva soprattutto la punizione che sarebbe avvenuta “successivamente” alla sconfitta ed, in quest’ottica, i bombardamenti sarebbero stati solo una anticipazione (5). In poche parole: si temeva una punizione proporzionale al crimine commesso e ciò spiegherebbe meglio di qualsiasi altra considerazione la resistenza ad oltranza oltre ogni ragionevolezza. (1) Non solo ebrei ma anche zingari, malati considerati incuraibili, ed in prospettiva lo sterminio non prevedeva soluzione di continuità: in seguito sarebbe toccato alle popolazioni slave ed in generale a tutte quelle considerate “non ariane”. (2) E’ pertanto assolutamente fuorviante ed errato qualsiasi paragone con stermini o eccidi del passato. (3) Cfr:Goldhagen Daniel J. “I volenterosi carnefici di Hitler” (4) Considerazione simile andrebbe applicata anche per il caso cambogiano. (5) Sintomatico è l’episodio dei gerarchi nazisti che promettevano alle popolazioni tedesche la distribuzione di gas in caso di sconfitta; episodio citato dalla Arendt in “ La banalità del male”.





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