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Giovani Medici (SIGM): sì al numero programmato a medicina, ma si apra una discussione su un sistema di selezione in divenire dei futuri medici

Un giovane medico. (foto) ndr.

di Redazione

BARI, 9 SET. - "E’ vero, l’attuale sistema di selezione a quiz e di accesso programmato a medicina presenta delle criticità, ma al momento è l’unica strada percorribile. Peraltro, l’adozione dal corrente anno accademico della graduatoria nazionale, da più parti auspicata, rappresenta un’evoluzione positiva rispetto al passato, che interviene a rimuovere le difformità nei punteggi minimi di accesso tra i vari atenei. Di contro, riteniamo opportuno avviare una seria riflessione su una modalità di selezione degli aspiranti medici che avvenga sul campo, tale da differire alla fine del della frequenza del primo anno di corso o del primo biennio l’applicazione del numero programmato". Lo afferma il Segretariato Italiano Giovani Medici (S.I.G.M.), intervenendo sul dibattito tra i pro ed i contro il numero chiuso, che anche quest’anno si ripropone in concomitanza all’espletamento delle prove per l’ammissione a medicina. "Non bisogna dimenticare che quello medico è l’unico ambito in cui il diritto allo studio trova un limite naturale nel diritto alla salute dei cittadini, nella misura in cui per formare un medico occorre un ottimale rapporto tra discenti, casistica clinica e discenti. In altri Paesi, ad esempio, sono già in adozione dei modelli che consentono l’accesso libero al primo anno di corso preservando quindi il diritto allo studio, per procedere ad una successiva rigorosa selezione sui contenuti delle materie studiate ed in base all’esito degli esami sostenuti, coniugando quindi la restrizione ad imbuto del numero programmato con una valutazione di merito. Inoltre, per quanti non superano lo scoglio della selezione, è prevista la possibilità di spendere i CFU acquisiti in altri corsi di laurea nei quali insistono insegnamenti congruenti. Ma tale sistema richiederebbe uno sforzo organizzativo che al momento non tutte le Università Italiane potrebbero permettersi". Un’ultima considerazione sarebbe da riservare sull’opportunità di adottare dei test psicoattudinali che, unitamente ad un’immissione in corsia dal primo biennio del corso, così come già avviene in altri modelli formativi, consentirebbero di valutare l’attitudine dello studente alla pratica della medicina: "Ancora oggi si registrano casi di giovani che scoprono di avere “paura del sangue” dopo il conseguimento della laurea in medicina".





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