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Taranto. Ilva: in 1400 senza lavoro. Zanonato, sto con gli operai

Gli stabilimenti dell'Ilva. (foto) ndr.

di Redazione

TARANTO, 13 SET. (AGI) - L'acciaio italiano e' di nuovo nella bufera. Nei mesi scorsi, con i primi sequestri del gip con l'accusa di disastro ambientale, e' toccato allo stabilimento Ilva di Taranto, la piu' grande acciaieria europea di proprieta' del gruppo Riva. Ieri, invece, ad una serie di stabilimenti che i Riva, attraverso la controllata Riva acciaio, hanno al Nord tra Lombardia, Piemonte e Veneto. Millequattrocento gli esuberi dichiarati ieri. Sono gli effetti del sequestro sui beni e sui conti del gruppo Riva ordinato nei giorni scorsi dal gip con un secondo provvedimento dopo quello preso il 24 maggio scorso. Nessun esubero, invece, e' previsto per i complessi Ilva di Taranto, Genova e Novi Ligure sia perche' c'e' la cosiddetta legge "Salva Ilva" del dicembre scorso (per Taranto), sia perche' sono stabilimenti attualmente affidati al commissario Enrico Bondi anch'egli nominato da un'altra legge. Nella giornata di oggi si potrebbe capire come evolvera' la situazione dopo che Riva acciaio, societa' dell'omonimo gruppo, ha dichiarato lo stop delle attivita' produttive al Nord e i 1.400 esuberi. C'e' chi, nella politica, propone di estendere il raggio di azione del commissariamento, che adesso con Enrico Bondi riguarda l'Ilva di Taranto, Genova e Novi Ligure; chi, nel sindacato, sollecita la magistratura a fare in modo che, senza intaccare l'azione giudiziaria, i posti di lavoro con l'attivita' produttiva siano comunque salvaguardati. E non mancano nuove voci di "nazionalizzazione" degli impianti, cosi' come accaduto mesi addietro per il siderurgico di Taranto. Il problema e' rilevante perche' investe un pezzo importante della filiera produttiva dell'acciaio italiano, come dimostrano anche le prese di posizione dei presidenti di Confindustria, Federacciai e delle Regioni Lombardia e Piemonte. Sara' intanto discusso a Taranto, probabilmente al Tribunale del riesame, il ricorso contro il sequestro da quasi un miliardo di euro effettuato giorni fa dalla Finanza su conti e beni dei vari stabilimenti. E' stato il gip Patrizia Todisco, infatti, a ordinare la nuova "stretta" con un'estensione del sequestro su controllate e partecipate del gruppo Riva dopo aver emesso, a maggio, un'ordinanza - sequestro preventivo per equivalente ai fini dell'eventuale confisca - per bloccare beni e conti per 8,1 miliardi; escluso solo tutto cio' che e' funzionale alla continuita' produttiva del sito di Taranto. Nei fatti allo stato risultano sequestrati solo due miliardi, di cui uno nei mesi scorsi e 916 milioni di euro con l'operazione di questa settimana. Da dire che contro l'ordinanza di sequestro di maggio, Riva Fire e Riva Forni elettrici, due altre societa' del gruppo, hanno gia' fatto ricorso al Riesame di Taranto ma l'istanza e' stata bocciata. Niente dissequestro, tant'e' che ora gli avvocati, tra cui c'e' anche Franco Coppi, ricorreranno in Cassazione. E al Riesame di Taranto sara' esaminato il 17 settembre il ricorso della difesa contro le ordinanze di custodia - quattro in carcere e una ai domiciliari - nei confronti dei cinque "fiduciari" di Riva. Persone che, secondo l'accusa, costituivano un'associazione a delinquere finalizzata ai reati ambientali e costituivano una sorta di "governo ombra" della fabbrica che rispondeva direttamente alla famiglia Riva "scavalcando" i livelli dirigenziali e direzionali. IL MINISTRO ZANONATO: IO STO CON I LAVORATORI, LA CRISI PUO' TRAVOLGERE ALTRE AZIENDE "La nostra prima preoccupazione sono i lavoratori". Lo sottolinea il ministro dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato, intervistato da 'Repubblica', commentando la decisione della famiglia Riva di mandare a casa i 1.400 dipendenti degli impianti dell'acciaio. "Devo capire", osserva il ministro e spiega: "Sto studiano il dossier. Posso dire che non mi convince affatto che si fermi un'attivita' produttiva come quella dell'acciaio che costituisce un asset decisivo nel nostro sistema industriale. Nello stesso tempo ritengo che sia preferibile, in questi casi, sequestrare il patrimonio e non gli strumenti necessari allo svolgimento dell'attivita' produttiva". Osserva Zanonato: "con il sequestro dei conti correnti non vengono pagati i fornitori. E non c'e' dubbio che questo possa determinare un effetto a catena, con altre aziende che possono entrare in difficolta'". Per il ministro "questa e' una tipica situazione (c'e' un fermo produttivo contingente legato ad una specifica ragione) in cui e' corretto far uso della cassa integrazione": la produzione di acciaio "non e' un'attivita' decotta - osserva - gli impianti di cui parliamo sono competitivi, producono materiali necessari ad altre imprese". E sull'eventuale rischio di tensioni sociali dice: "Mi pare normalissimo che i lavoratori si mobilitino contro una decisione del genere, ne va del loro lavoro. Davvero mi sorprenderebbe il contrario. E' importante pero' che sappiano - sottolinea - che il governo e' impegnato a salvaguardare la loro occupazione e il mantenimento dell'industria dell'acciaio in Italia". E a chi chiede al governo d'intervenire commissariando il gruppo Riva e non solo l'Ilva di Taranto, il ministro risponde: "E' un'ipotesi, ma non so se sia una strada percorribile. Il decreto legge con cui il governo ha commissariato l'Ilva trovava la sua giustificazione nel disastro ambientale provocato dallo stabilimento siderurgico e dunque dalla necessita' di utilizzare le risorse per rispettare i vincoli del risanamento prescritti dall'Aia, l'autorizzazione integrata ambientale. Quest'ultimo e' oggettivamente un caso diverso".





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