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Taranto. Rischio perforazioni per il Golfo di Taranto, il Mar Ionio e il Canale di Sicilia

Una piattaforma petrolifera.. (foto) ndr.

di Redazione

ROMA , 29 SET. (ADNKRONOS) - Dopo aver colonizzato tutto l'Adriatico, il rischio perforazioni per l'estrazione degli idrocarburi non cessa per il Golfo di Taranto, il Mar Ionio e il Canale di Sicilia e si estende ad un'area di mare grande quanto la Corsica tra la Sardegna e le Baleari. Questo è quanto emerge dalla ''operazione verità'' del Wwf sulla mappa delle trivellazioni nei nostri mari dopo, che il 4 settembre scorso il ministro per lo Sviluppo economico Zanonato ha annunciato di avere tolto, con il Decreto Ministeriale del 9/8/2013, 116.000 kmq di aree marine aperte ai petrolieri. Nel dossier ''Trivelle in vista'' l'associazione ambientalista denuncia che il decreto ministeriale del Mise nel delimitare la nuova mappa delle aree di interdizione (a 12 miglia dalle aree protette costiere e marina e dalle linee di costa), ma niente dice sull'effetto sanatoria per tutti i procedimenti in corso al 29 giugno 2010 dell'articolo 35 del ''decreto sviluppo'' del 2012 né presenta un calcolo di quanti Kmq sono di fatto già interessati da istanze, permessi di ricerca e concessioni di coltivazione di idrocarburi pur ricadendo nelle zone oggi interdette. Zone di pregio marine e costiere continuano quindi, secondo il dossier del Wwf, a subire le minacce di inquinamento marino derivante da attività quali l'uso dell'air gun e di fanghi e fluidi perforanti durante le attività di ricerca e perforazione e rilascio delle acque di produzione, e di incidenti per le piattaforme offhsore. Pur ricadendo nelle aree interdette dal Dm 9/2013 sono ad esempio del tutto valide l'istanza di coltivazione Ombrina Mare (a 6 km dall'istituendo parco della Costa Teatina in Abruzzo) della Medoil Gas, e il permesso di ricerca dell'Audax di 657 kmq a Pantelleria nel Canale di Sicilia; salve anche le 8 istanze di permesso di ricerca della baia di Taranto. Per uscire da questa situazione il Wwf chiede al Governo di abbandonare la Strategia Energetica Nazionale approvata nel marzo 2013 che prevedeva il raddoppio della produzione nazionale di idrocarburi, e di avviare una roadmap per la decarbonizzazione per il futuro economico ed ecologico del Paese. Sulla base dei dati forniti dallo Ministero per lo Sviluppo economico, ricorda il Wwf, nei nostri fondali marini ci sono 10,3 milioni di tonnellate di petrolio di riserve certe che, stando ai consumi attuali, coprirebbero il fabbisogno nazionale per sole 7 settimane. Anche attingendo al petrolio presente nel sottosuolo, concentrato soprattutto in Basilicata, il totale delle riserve certe nel nostro Paese verrebbe consumato in appena 13 mesi. Ad oggi, secondo quanto documentato nel dossier ''Trivelle in vista'', sono attive nei mari italiani tre istanze di permesso di prospezione (in un'area di 30.810 kmq), 31 istanze di permesso di ricerca (in un'area di circa 14.546 kmq), 22 permessi di ricerca (in un'area di circa 7.826 kmq), 10 istanze di coltivazione (in un'area di circa 1.037 kmq), 67 concessioni di coltivazione (che occupano un area pari a 9.025 kmq) con 396 pozzi produttivi in mare di cui 335 a gas e 61 a petrolio. 104 sono le piattaforme di produzione, 8 sono le piattaforme di supporto alla produzione, 2 unità galleggianti di stoccaggio temporaneo e un'unità galleggiante di stoccaggio trasbordo e produzione.




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