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Franco Poli piuù intimo a S. Stefano

L'arte di Franco Poli. (foto P.C.) ndr.

di Paola Copertino

MOLFETTA (BA), 23 OTT. - Dopo la presentazione delle mostre delle opere scelte di Franco Poli presso il Museo Diocesano, alla presenza dello storico dell’ arte Philippe Daverio, che ha dato all’ evento un respiro nazionale,visto anche il numerosissimo pubblico,l’ Arciconfraternita dal Sacco Rosso, promotrice dell’ iniziativa, ha voluto riportare l’ artista in una dimensione a lui più intima e familiare: la piccola chiesetta di Santo Stefano. Quasi a testimoniare la sua presenza, lo splendido dipinto che raffigura il camice che i confratelli indossano il venerdì santo durante la processione dei Misteri, fonte di ispirazione per il maestro. Accanto al quadro il priore, il dottor Giuseppe Poli e i tre conferenzieri: gli artisti Marisa Carabellese e Michele Paloscia, insieme al critico d’ arte Gaetano Mongelli, i quali hanno personalmente conosciuto Franco Poli con cui hanno intessuto un profondo legame di amicizia. L’ incontro a tre voci, così è stata definita questa riunione di amici in un luogo simbolo per Poli e per la sua arte. Il dottor Poli ha introdotto e presentato i relatori, dopo aver ringraziato la cooperativa FeArt, ente gestore del museo diocesano che, insieme alla sala dei templari e alla chiesa della Morte, ospita la mostra che sta riscuotendo consenso di pubblico e critica. La pittrice Marisa Carabellese si è detta un po’ preoccupata dopo la relazione di Daverio, nome noto nel campo dell’ arte a livello nazionale, ma il luogo, Santo Stefano a cui è molto legata, e l’ amicizia che la legavano al maestro Poli giocheranno sicuramente a suo favore. Per tanti anni ha collaborato alla stesura del “ Cenacolo” il giornale interno della Confraternita; a tal proposito ha ricordato l’ indimenticato don Antonio Azzollini, padre spirituale da poco scomparso. La Carabellese,che ha eletto a suo simbolo il gabbiano, nota ritrattista e che si sta occupando anche delle opere architettoniche viste in pittura, ha ricordato come l’ artista Franco Poli sovrapponeva il colore creando sulla tavolozza delle stalagmiti. Nel suo studio aveva i quadri accatastati alle pareti e quando Marisa gli mostrava le fotografie delle sue opere osservava con attenzione. Non parlava mai male dei colleghi e delle loro tele; se non gli piacevano ignorava l’ argomento, come non lo interessava la politica e la tecnologia in cui era molto più ferrata la moglie Gilda. Grande influenza su Franco Poli, ha ricordato la Carabellese, ebbe sua sorella Stella, esimia poetessa ed intellettuale, preside severa, ma di grande umanità. Ora rischia di essere dimenticata; il Rotary qualche anno fa’ curò la pubblicazione di “ Giochi d’ anima” un volumetto con le poesie inedite della Poli corredato da splendidi disegni della Carabellese.Le poesie di Stella si ritrovano nelle tele di Franco. Le piccole forme della natura si ritrovano nelle due espressioni artistiche. La Carabellese ha poi ricordato episodi legati alla sua giovinezza, il fatto che Franco avesse un fratello gemello di nome Giacinto con cui spesso si erano creati simpatici equivoci. Entrambi avevano una passione sfrenata per il presepe che preparavano mesi prima. La pittrice ha poi narrato della piccola cappella a villa Poli dove Franco si ritirava in meditazione nella quale era presente una statua di Gesù morto portata in processione durante la guerra. Ma Franco, ha continuato la Carabellese, era un profondo conoscitore delle tecniche pittoriche, dell’ uso del colore e della prospettiva. Meditava le sue scelte artistiche, non le improvvisava. Non si poteva non parlare del grande amore, oltre la morte, per la moglie Gilda. Attraverso la rappresentazione dei suoi vestiti, delle sue vestaglie ha voluto continuare il dialogo con lei. Anche l’ uso del colore lo testimonia, confermando che l’ amore è più forte della morte. Si sente il respiro di Gilda nei quadri, così come si sente tutta la stanchezza del confratello in quei camici dal sacco nero e dal sacco rosso poggiati sul divano. Non è facile incasellarlo in una scuola, Franco è l’ espressione di una pittura senza tempo. E’ stato adulto da piccolo e piccolo da adulto, con questa frase ha concluso il suo personalissimo ricordo la Carabellese che ha tracciato un quadro umano del maestro Poli. Dopo questo aspetto legato alla famiglia e all’ uomo, il secondo intervento, quello dell’ artista Paoloscia ha puntato ad esaminare il Poli pittore. Franco dipingeva con tratto sicuro, di getto, senza pentimenti, evitava impasti melmosi per non far perdere brillantezza al colore. Non per questo la sua pittura non era meditata, vi sono infatti i bozzetti di preparazione che testimoniano lo studio dell’ opera e racchiudono l’ idea creativa. Franco Poli padroneggiava le fasi del progetto creativo. Era abile nel contrasto, nell’ uso del chiaro – scuro. Ha poi puntualizzato il concetto del soggetto e contenuto che non vanno confusi, il soggetto può essere lo stesso , ma ognuno può riferirsi a qualcosa altro. L’opera deve essere leggibile e di questo spesso si intratteneva a parlare con Franco Poli, che era curioso di sperimentare altri linguaggi e si interessava delle nuove tendenze artistiche, anche se era lontano. La sua vera immagine identitaria è come dicono gli inglesi “la natura silente”:piccole e umili cose, viste in chiave intimista. Paloscia ha poi parlato del rapporto con la luce che scandiva lo spazio e il tempo, della solitudine delle sue stanze, spesso ricercata. Ha definito la sua pittura: “ Vecchi oggetti in disuso di un armadio della memoria che non conoscerà né tarlo né il disuso” richiamando una frase di Gaetano Mongelli, altro illustre relatore, scritta ad un anno dalla morte del maestro. Il storico dell’ arte ha ricordato che Franco Poli aveva donato splendide sue opere al Comune di Molfetta visitabili presso la Fabbrica di San Domenico. Ha poi ribadito l’ onesta intellettuale di Poli, l’ importanza che riveste la sua pittura e il passaggio fondamentale dalla microstoria alla macrostoria. Una dissertazione dotta sulla poetica del maestro Poli che delle piccole cose del quotidiano aveva fatto la particolarità del suo dipingere senza tempo.





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