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'La Buona Politica' - Luigi Einaudi: storia di un italiano tra incomprensione e straordinaria lungimiranza socio-politica

Luigi Einaudi. (foto com.) ndr.

di Cosimo Imbimbo

BARI, 28 OTT. - Luigi Einaudi (Carrù, 24 marzo 1874 – Roma, 30 ottobre 1961) italiano, secondo Presidente della Repubblica Italiana. Einaudi è indubbiamente una tra le figure di maggior prestigio della cultura italiana del Novecento. Insigne economista, eminente uomo di Stato, influentissimo editorialista dei principali quotidiani del paese, viene spesso esaltato quale esempio di onestà, competenza e rigore morale. Eppure, al medesimo tempo, continua a condividere il triste destino che accomuna i liberali italiani d’ogni tempo: molto citati, generalmente apprezzati (anche dagli avversari), talvolta osteggiati, ma sempre scarsamente letti e ancor meno compresi.

I saggi, interventi e discorsi raccolti in questa antologia hanno l’ambizione di invertire una simile tendenza, cercando di gettar luce su alcuni aspetti non troppo noti del suo pensiero. Con il proposito di restituire al pubblico, a cinquant’anni dalla sua scomparsa, l’ Einaudi (volutamente) dimenticato: un Einaudi liberista, anti-keynesiano, esaltatore del risparmio privato e nemico del collettivismo.Una serie di scritti, insomma, che coglie il lamento di un intellettuale liberale di prim’ ordine, convinto che la società viva e prosperi solo se ad essa viene garantito il più ampio spazio di autonomia, al riparo dell’invadenza dei poteri pubblici e degli interessi settoriali. Una posizione scomoda e solitaria, sostenuta con coerenza e convinzione anche quando l’evoluzione del nostro paese imboccò sentieri diversi e assai meno felici. Come è stato notato, il liberalismo di Einaudi, da intendersi come 'ideale di vita' e 'visione del mondo', orienta fortemente le scelte teoriche dell'economista. Il suo pensiero economico _era il riflesso della concezione liberale dell'uomo. E di tale legame Einaudi divenne sempre più profondamente convinto e consapevole. 

Le implicazioni di questa sua maturazione sono importanti anche per le modalità logiche con cui egli, nelle lezioni utilizza i concetti della teoria economica di politica sociale. Mai eccessivo nelle polemiche e mai compiacente, Einaudi critica il suo allievo Gobetti al quale rimprovera l’estremo e rivoluzionario liberal-socialismo, che gli appare, oltretutto, pieno di contraddizioni. Polemizza con Giolitti che non ama, perché lo considera un uomo del compromesso, compiacente con il trasformismo. E’ un europeista convinto, una vocazione che fa intravedere già in uno scritto del 1897. Molti lo rimproverano per essere stato un Presidente della Repubblica ‘notaio’, poco visibile, dietro le quinte. In buona parte è un giudizio che corrisponde alla realtà ma la ragione più forte di questo suo comportamento risiedeva nel suo alto senso delle istituzioni. Come capo dello Stato interveniva costantemente senza spettacolari azioni, con la discrezione e l’ eleganza intellettuale che lo contraddistinguevano. Il suo duplice obiettivo era contrastare le ingiustizie e assicurare il rispetto della legge. Il pensiero politico-ideologico di Einaudi è particolarmente critico nei confronti dello statalismo, grande ostacolo all’affermazione e alla promozione del singolo e barriera che impedisce il reale sviluppo di ciascuno. Il liberismo dello statista cuneese non ignora quindi gli argomenti non direttamente legati alla libera iniziativa economica e al laissez faire, ma sottolinea l’importanza degli aspetti etici correlati. Questo pensiero lo porta a sospettare, fin dal principio, dell’ascesa del movimento fascista con le sue istanze corporativistiche e il suo odio per il liberalismo storico. Einaudi, che era diventato senatore del Regno nel 1919, assiste ai trionfi dapprima popolari e poi elettorali di Mussolini e nel 1925, quando la dittatura è ormai al potere, è tra i firmatari del Manifesto degli intellettuali antifascisti redatto dall’ amico Benedetto Croce. 

Per Einaudi non esiste liberalismo senza liberismo economico. A prima vista il suo sembra un discorso puramente economico ma, scavando a fondo, nel suo pensiero l’economia collima con l’etica. Un’etica fortemente legata all’individuo che, premiato secondo il suo merito, porta avanti con le proprie forze un progetto. Così egli pensava, sullo stato sociale, che andasse misurato dalla disponibilità o meno del minimo necessario alla sopravvivenza. La libertà doveva iniziare con un tetto sulla testa ed un pezzo di pane con cui sfamarsi. Nè al tempo di Einaudi nè oggi ciò è universalmente condiviso. Il soddisfacimento del bisogno si fa iniziare molto oltre con pregiudizio per la morale pubblica e privata. Lo stesso rimbrotto può essere fatto a distanza di ottanta anni, con il nostro paese incapace di uscire dal tunnel della crisi economica. Anche le soluzioni proposte da Einaudi sono straordinariamente attuali. Anzitutto, bisogna porsi una domanda: la crisi che viviamo oggi è politica oppure economica? Ecco le quattro proposte del secondo presidente della nostra Repubblica. Conciliazione e nessuna dicotomia da un punto di vista politico e filosofico tra il liberismo e il cristianesimo: «la libertà umana è un patrimonio sacro» sosteneva . Per il politico ed economista di fama mondiale, primo presidente eletto dal 1948 al 1955, tre erano i livelli della libertà: quella del singolo, comunitaria in senso “relazionale” e spirituale. Un moto orizzontale ma anche verticale, dove la città divina della perfetta Repubblica tende a coincidere con quella di Dio. Inoltre ripeteva «Il troppo legiferare è sempre pericoloso: impedisce di individuare limiti semplici e univoci non superabili dalle singole libertà ed è segno di un indirizzo totalitario, ideologico, monopolistico della società. 

La realtà è variegata, le persone sono tutte differenti e parimenti degne di esercitare la propria libertà. La legge deve dire chiaramente cosa non si deve fare, come il Decalogo mosaico; se dicesse positivamente cosa fare, come vivere, quanto pensare, diverrebbe ideologia se non idolatria». Ecco perchè si ritiene che la suddetta sia una lezione da ricordare in ogni luogo dove prevalga il buon senso della ragione nonchè della fede illuminata di argomentazioni che hanno come spirito prioritario il bene della propria collettività.





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