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Cosenza. Cinque arresti per violenza su due minori: al via il processo

Il Pm. Granieri. (foto com.) ndr.

di Carmine Calabrese

COSENZA, 6 DIC. – E l'orco bussava alla … chat. E' una storia di abusi e violenze fisiche e psicologiche, quella che caratterizza il processo a carico di cinque cosentini, finiti alla sbarra con l'accusa di aver adescato e poi consumato rapporti sessuali, con ragazzine, di 11 e 12 anni, amiche per la pelle, “agganciate e conquistate”, sui più utilizzati social network mondiali: Facebook e Badoo. Il sostituto procuratore della Republica, Paola Izzo, sotto l'attenta supervisione del capo dei pm Dario Granieri, e con l'ausilio di periti informatici e consulenti psicologici, dopo una lunga e laboriosa indagine, ha spediato alla sbarra i cinque imputati (A. S., 42enne di Cosenza, L. C., sempre di Cosenza, di un anno più giovane e tre 22enni, G. N., C. R., e N. B., descritti da tutti, come tre bravi ragazzi, ndr). L'indagine, come detto lunga e laboriosa, non è stata semplice. Soprattutto per lo spavento delle due vittime minorenni, diventate protagoniste di un perverso gioco virtuale, sfociato nel reale. Le due ragazzine, frequentanti la scuola media, sostenute dai loro genitori e “protette” da un'equipe di psicologi, hanno trovato, nonostante le minacce e le violenze fisiche e psicologiche subite, il coraggio di raccontare il loro inferno. Un'esperienza traumatica, di cui ancora ne portano i segni e che sarà sicuramente difficile superare in fretta. Annalisa e Priscilla, nomi di fantasia, avevano deciso di iscriversi ai due social, un po' per gioco, un po' per curiosità, un po' anche per provare l'ebbrezza di raccontarsi al buoi con perfetti sconosciuti, protette da uno schermo. Le due minorenni, per fragilità, per inesperienza, per innocenza, sono ben presto entrate in contatto con i cinque, che non hanno mai avuto alcun contatto diretto fra di loro e hanno agito ognuno per conto proprio. Quei messaggi carini, quell'inondazione continua di smile, quel gettito di adesivi, nonché quelle frasi romantiche “rubate” alle canzoni o ai film, hanno finito per far crollare le resistenze delle due ragazzine su quelle richieste di quegli anonimi amici, di incontrarsi. Soprattutto nel fine settimane e nei centri commerciali. Erano gli stessi genitori delle due ragazzine, ad accompagnare le minorenni a quegli appuntamenti, mai pensando che le loro figlie anziché che con degli amichetti di scuola o compagni di classe, si incontrassero con perversi orchi. Orchi maligni che hanno strappato alle due ragazzine il sorriso, la spensieratezza e l'innocenza della loro età. A far partire l'indagine fu, come spesso succede, una leggerezza. Annalisa, infatti, per la fretta di uscire di casa, lasciò la sua pagine Fb aperta. La mamma s'avvicinò alla scrivania delle figlia per mettere a posto e si ritrovò davanti la schermata, con la visualizzazione di quei messaggi, dal contenuto spinto, da far accapponare la pelle. “Ti è piaciuto?”, “Non vedo l'ora di rifarlo”, “La prossima volta ti insegnerò altre cose”, nonché esplicite frasi di sesso e richieste di nuovi appuntamenti. I genitori di Annalisa, senza far sospettare niente alla figlia, si misero in contatto con un loro amico, agente di polizia. Il detective, dopo aver letto il contenuto dei messaggi, invitò i due a presentare una formale denuncia. Scattò l'inchiesta e nel giro di poche settimane, gli agenti della polizia postale di Cosenza, rintracciarono gli orchi, smascherando le loro finte generalità e scoprendo la loro vera identità. Ora il processo, iniziato presso il tribunale di Cosenza, davanti al gup (giudice per le udienze preliminari, ndr) Giusy Ferrucci. I tre 22enni, hanno chiesto di patteggiare la pena, gli altri due imputati, invece, non hanno avanzato nessuna richiesta di riti alternativi. I genitori delle due ragazzine e il centro contro la violenza alle donne “Roberta Lanzino”, hanno chiesto di essere ammessi come partiti civili. Il gup Ferrucci ha rimandato le sue decisioni al prossimo 18 dicembre, quando si ritornerà in aula.





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