Bari. Ieri mattina le celebrazioni del primo anniversario dell’apposizione della Stele Armena
![]() |
Una immagine della cerimonia. (foto) ndr. |
di Redazione
BARI, 12 GEN. - Si è celebrato ieri mattina il primo anniversario dell’apposizione della stele (katchkhar) a testimonianza del legame tra il popolo armeno e la cittadinanza barese. Per l’occasione la comunità armena ha ricordato l’evento con una breve cerimonia davanti al monumento, realizzato dallo scultore Ashot Grigoryan e installato nei pressi dell’Autorità portuale sul lungomare Vittorio Veneto, alla presenza del sindaco Michele Emiliano, dell’ambasciatore della Repubblica d’Armenia in Italia Sargis Ghazaryan, del presidente dell’Unione Armeni d’Italia Baykar Sivazliyan e del rappresentante della comunità armena a Bari Rupen Timurian.
“Oggi sono particolarmente felice di essere qui con voi - ha dichiarato il sindaco Michele Emiliano - perché compiere il proprio percorso e avere ancora la felicità di commuoversi di fronte a un gesto piccolo ma grandissimo, rappresentato da questa stele, è una fortuna immensa. Soprattutto perché abbiamo commesso un gesto di giustizia. So bene che la giustizia può spesso sfuggire dalle mani degli uomini e che nulla sfugge alla violenza di chi vuole imporre il proprio punto di vista senza voler accettare la tesi contrapposta. Per questo bisogna avere la pazienza di accettare la giustizia, e la sua instabilità, che possono trasformare il nostro cammino in una ricerca quotidiana, in uno scontro qualche volta durissimo”. “Questo katchkhar - ha continuato Emiliano - si trova vicino un luogo da cui si parte e in cui si arriva, il nostro porto. Anni fa lo abbiamo difeso con le unghie e con in denti dai nazisti che volevano farlo saltare. Un ragazzino di 14 anni, Michele Romito, scagliò una bomba proprio qui vicino per fermare la colonna dei tedeschi. Perché gli italiani allora capirono cosa potesse significare rischiare di perdere la libertà. È un fatto certamente diverso da un genocidio, ma l’incapacità di vivere la democrazia fino in fondo e, soprattutto, la voglia di inseguire la giustizia tutti i giorni determinarono quella reazione. Ecco, io con la comunità armena ho avuto la possibilità di inseguire la giustizia, anche nella storia, attraverso un cammino mite, non roboante, non fatto di proclami e, come ha evidenziato Rupen Timurian, senza la necessità di parlare troppo perché la giustizia si pratica, si vede, si incarna nelle persone. Se un uomo è incapace di viverla, diventa inutile sottolinearlo. D’altra parte, è possibile che un uomo la insegua in maniera eccessiva, commettendo degli errori. In tal caso il primo antidoto è rappresentato dalla comunità che in democrazia deve sempre avere la forza di alzare la mano, manifestare il dissenso e inseguire la giustizia in altro modo.
Questa stele, dunque, è un atto di fede ma soprattutto un atto di comunità a testimonianza del fatto che cercare la giustizia da soli può diventare qualche volta un gesto persino di protervia e di eccesso di ambizione. Farlo tutti insieme, invece, sottolinea la straordinarietà e l’eccezionale bellezza della vita”.
Al termine della cerimonia, nella sala consiliare a Palazzo di Città si è tenuta la premiazione del “Centro Studi Hrand Nazariantz” per il prof. Paolo Lopane, che ha curato la raccolta di saggi “Hrand Nazariantz, Fedele d’Amore”, e per il prof. Kegham J. Boloyan, che ha tradotto la biografia di Aghavni Boghosian “Il richiamo del sangue. Ricordi...dal Genocidio armeno 1915”, entrambi già vincitori della XXIX edizione (2013) del Premio Internazionale di Poesia e Letteratura “Nuove Lettere”.
***Questo Spazio pubblicità è in vendita***
Nessun commento