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Foggia. Ospedali Riuniti, c’è qualcosa che non va

Contenitore provette a terra (foto Nico Baratta) ndr

di Nico Baratta

FOGGIA, 18 MAR. - Quisquilie, proprio così, piccole cose che non vanno. Apparentemente sembrerebbero di nessuna valenza. Invece le piccole cose che non vanno agli Ospedali Riuniti di Foggia determinano l’importanza del servizio. Lo stesso che, unitamente a quello principale e salvavita, garantiscono efficienza e gradimento del cittadino. Sia chiaro, non sto qui a fare il quarto grado a un’azienda che vanta eccellenze nel campo medico, maestrie in quello universitario e bravura in quello scientifico. I dati lo dimostrano e andiamone fieri.
Il mio piccolo –che credo utile- appello è prettamente rivolto a qualche servizio verso i fruitori degli OO.RR. di Foggia.
Durante questo periodo ho avuto modo in prima persona di vivere molte ore nel plesso ospedaliero di Foggia. Ho incontrato tanta bella gente, preparata e socialmente utile. Come pure ho avuto modo di constatare che alcune cose, piccole ma significative, non vanno per il verso giusto.
I tempi di attesa per esser visitati dai professionisti del Pronto Soccorso, come tutti ben sappiamo, sono lunghi, spesso superano le sei ore. Naturalmente non è colpa del medico o dell’infermiere del PS. Il tutto è riconducibile a criteri di scelta di codici secondo regole stabilite dal Ministero alla Salute e dagli uffici della Regione Puglia. Tuttavia la mia rimostranza non è per i tempi d’attesa: sarebbe come combattere contro i mulini a vento. La lamentela è verso chi ha ridisegnato gli spazi di attesa nel Pronto Soccorso. Una saletta di appena sedici metri quadri, senza una finestra apribile per il necessario ricambio d’aria e un condizionatore per rinfrescare e/o riscaldare, con poco più di venti sedie, non è un luogo sano e confortabile degno di un ospedale. Lo stesso dicasi per la sala Triage, quella interna al PS, dove pare essere in un dormitorio pubblico più che l’avamposto del primo soccorso. L’aria, credetemi, da quelle parti oltre a essere pesante per sofferenze, reclami, spesso battibecchi, è irrespirabile, forse insalubre.
Un altro problemino è la mancanza di un servizio che ritengo prioritario e a volte determinante sia per chi attende sia per chi lavora negli OO.RR. Da un anno, secondo quanto detto dal personale interno dell’Ospedale, mancano i distributori automatici per l’erogazione di bibite e vivande fast-food. Proprio così, quelle macchinette che spesso hanno sodisfatto l’impellente necessità di bere un sorso d’acqua. Da quanto ho appreso, si attende una nuova gara d’appalto e pare che non verrà fatta in tempi brevi. Gli unici luoghi per ristorarsi sono i bar presenti negli OO.RR., che pare abbiano un contratto pluridecennale: qualcuno ha bisbigliato –guardandosi attorno come se fosse una rivelazione pericolosa- che il contratto è quasi centenario, i famosi novantanove anni. Credetemi, nelle ore serali e notturne attendere per ore negli OO.RR. di Foggia, nel suo Pronto Soccorso, senza una goccia d’acqua o un caffè o tè o latte caldo che sia, è un vero calvario. Se poi l’odore del caffè giunge da stanze mediche e non si ha la possibilità di averne un sorso, se poi per dissetarsi bisogna bere dal rubinetto del bagno pubblico, quel calvario diventa l’ulteriore sofferenza di chi è li e che certamente non sta bene, ma soffre già di suo.
E per concludere, ma ne potrei elencarne altre di quisquilie che gravano su noi fruitori, spesso sofferenti e malati, osservare chi con noncuranza utilizza alcuni strumenti importanti per la salute ne fa un gesto quotidiano. Sapete bene che le provette che custodiscono il nostro sangue devono essere trattate e trasportate con  dovuta attenzione. Ebbene ho avuto modo di constatare per diversi giorni che il contenitore che raggruppa le provette anzidette, seppur senza provette, viene lasciato incustodito per terra. Basta recarsi agli OO.RR. e sostare per un po’ di tempo innanzi al bar, spesso quello su Via Napoli,  e vedere che fuori la porta del bar a terra c’è un contenitore che attende il suo trasportatore intento a bere un caffè e leggere il giornale. Ora, il caffè non lo si nega a nessuno, anzi, ma appoggiare per terra il contenitore delle provette che saranno riempite di sangue, a me pare un atto non dovuto, poco asettico e altamente pericoloso per la salute.
Quisquilie, proprio così, piccole cose che non vanno, di poco peso, ma di una valenza talmente importante per la salvaguardia della salute, per l’efficienza e il gradimento del cittadino, nonché il suo rispetto,  che strategicamente determinano la differenza.

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