Economia. L'industria italiana arretra, sorpasso del Brasile
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L'industria manufatturiera italiana. (foto Agi) ndr. |
di Redazione
ROMA, 4 GIU. (AGI) - Non si arresta il declino industriale dell'Italia che continua a perdere posizioni nella classifica mondiale dei produttori manifatturieri sotto l'incalzare dei Paesi emergenti. L'allarme e' del Centro studi Confindustria, secondo cui il calo produttivo del 5% registrato tra 2007 e 2013 e' costato al Belpaese il sorpasso di India (sesto posto) e Brasile (settimo posto), cresciute rispettivamente nello stesso periodo del 6,2% e dello 0,8%. Negli ultimi dodici anni, dal 2001 al 2013, nel manifatturiero, l'Italia ha visto un milione e 160 mila addetti perdere il lavoro e 120 mila imprese chiudere i battenti. E se tra il 2000 e il 2013, l'incremento dei volumi prodotti a livello mondiale e' stato del 36,1%, l'Italia ha registrato un calo del 25,5%, scivolando man mano dal quinto all'ottavo posto globale, in una classifica che resta guidata, nell'ordine, da Cina, Stati Uniti, Germania e Corea del Sud. Numeri che al presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, appaiono "un bollettino di guerra". Eppure, aggiunge il numero uno di viale dell'Astronomia, "non siamo vittime di un destino crudele e ineluttabile". Qualcosa si comincia a muovere. E se per rilanciare il paese, occorre "un salto di mentalita', una svolta chiara e decisa", dice Squinzi, "mi pare che si stanno creando le condizioni per tale svolta". Che pero' nessuno abdichi dalle sue responsabilita'. Quel che e' successo all'economia italiana negli ultimi venti anni, insiste il presidente di Confindustria, "ha radici antiche nei mali del nostro Paese. La stessa performance durante la crisi e' dovuta a demeriti soprattutto nostri".
A testimoniarlo e' proprio l'andamento della produzione manifatturiera italiana che appare in gran parte slegato dall'andamento internazionale. Le ragioni di questa 'anomalia', rileva il Csc, sono sostanzialmente due: da un lato la peculiarita' della socializzazione produttiva del suo sistema industriale, che comporta un sostanziale disallineamento della struttura della sua produzione, e dall'altra l'andamento della domanda interna che in Italia e' stato di gran lunga il peggiore rispetto a quanto riscontrato negli altri Paesi industriali. Nelle maggiori economie avanzate, inoltre, sottolinea il Csc, "la politica industriale e' tornata a essere utilizzata come leva normale di governo dell'economia, con la stessa dignita' di quelle di bilancio e monetaria. Anche in cio' il comportamento dell'Italia diverge, avendo abbandonato il programma di rilancio industriale avviato nel 2006 con Industria 2015". Per questo, concludono i tecnici di Confindustria, "sono vitali interventi tempestivi, perche' partire in ritardo in un mondo in cui questa logica e' diventata la regola, significa perdere terreno nei confronti dei Paesi concorrenti che gia' si sono avviati lungo questo percorso".
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