'La Buona Politica' - N. Machiavelli: quando il fine giustifica i mezzi
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Niccolò Macchiavelli. (foto com.) ndr. |
di Cosimo Imbimbo
BARI, 21 LUG. - Niccolò di Bernardo dei Machiavelli (Firenze, 3 maggio 1469 – Firenze, 21 giugno 1527) è stato uno storico, scrittore, drammaturgo, politico e filosofo italiano. Come Leonardo da Vinci, Machiavelli è considerato un tipico esempio di uomo rinascimentale. Questa definizione – secondo molti – descrive in maniera compiuta sia l'uomo sia il letterato più del termine machiavellico, entrato peraltro nel linguaggio corrente ad indicare un'intelligenza acuta e sottile ma anche spregiudicata e, proprio per questa connotazione negativa del termine, negli ambiti letterari viene preferito il termine "machiavelliano". Machiavelli è inoltre considerato il fondatore della scienza politica moderna.I concetti di "occasione" e di "fortuna". Nella sua opera più celebre "il Principe" l'agire umano dipende dalla situazione storica contingente, ovvero l'uomo virtuoso (politicamente abile) deve saper cogliere l'occasione buona per affermare il proprio ideale (ad es. bisognava che gli ebrei fossero schiavi degli egiziani perché si rivelasse il genio di Mosè). La forza che può limitare o condizionare l'uomo in qualsiasi momento è la fortuna (il caso, in senso negativo, che può influire sui destini della vita anche per il 50 per cento), come successe al Valentino, protetto da Alessandro VI. Alla fortuna però va opposta la virtù, non la provvidenza, e la virtù si basa sulla forza, sia essa politica o militare o economica, non tanto sul diritto, né, ancor meno, sulla morale. Nel pensiero politico Machiavelli sempre nel suo "Principe" descrive l' agire garanzia di stabilità . La politica deve prescindere da implicazioni (religiose e politiche) estranee alla politica: deve attenersi alla “verità effettuale” della cosa Un principe deve saper usare piani per arrivare ai suoi obiettivi. Machiavelli giunge addirittura a dire che il sovrano può trovarsi in condizione di dover applicare metodi estremamente crudeli e disumani; ma quando a mali estremi sono necessari rimedi estremi, egli deve adottare tali rimedi estremi ed evitare, in ogni caso, la via di mezzo, che è la via del compromesso che non serve a nulla, anzi è sempre e solo di estremo danno. Narrando della società degli uomini per egli è regolata da meccanismi simili a quelli esistenti in natura e chi ha una chiara conoscenza di tali meccanismi è di conseguenza in grado di "dominarla".
Machiavelli propone la creazione di uno stato forte, ordinato ed efficiente, il quale sia in grado di far fronte ai suoi nemici sia interni che esterni e, per quanto possibile, alle avversità della fortuna. E' ad un tal fine che egli analizza tutti quei fattori che concorrono alla nascita ed alla caduta degli stati, comprese l'uso della forza, dell'inganno, dell'assassinio politico, ecc. Questi fattori sono studiati prescindendo da ogni implicazione di tipo morale, ma come elementi della realtà politica. Anche la religione non sfugge ad una tale analisi e questa viene trattata esclusivamente nel suo ruolo di instrumentum regni, vale a dire come uno strumento da mettere al servizio del mantenimento dello stato Centrale è nel pensiero politico di Machiavelli il ruolo ricoperto dalla cosiddetta dialettica virtù-fortuna. Anche la più audace iniziativa umana (virtù) può infatti essere vinta dalla forza soverchiante delle circostanze (fortuna). Ammirabile la sua evidente caratterialità creativa. Machiavelli è uomo forte e determinato, su cui aleggia un grande spirito di libertà , quella libertà che deve essere presente nella vita di tutti. La sua umanità è ancora oggi attuale, così come è attuale il suo pensiero che ha fissato i punti fondamentali dello stato moderno, governato sempre più spesso da un uomo soprafatto da un carattere troppo animalesco, da una aggressività incomprensibile a cui la società odierna assiste senza porre azioni in grado di contrastare il fenomeno. Machiavelli, indagando sulla precarietà di una società decadente, anticipa le inquietudini dell’uomo del Novecento, quelle stesse inquietudini che hanno caratterizzato il pensiero di Nietzsche e Heidegger.
L’ uomo politico ha spesso guardato alla sua società senza curarsi delle proprie responsabilità . Oggi come allora l’uomo che si occupa di governare dovrebbe badare maggiormente alle proprie azioni che hanno certamente ripercussioni nel breve e lungo periodo. Rileggere, dunque, le riflessioni di Machievelli potrebbe essere un buon pretesto per fermarsi a pensare ed iniziare ad intraprendere un cammino di rinascita. La dottrina machiavelliana risponde ad un eclettismo e ad una peculiarità propria soltanto al suo autore. Essa racchiude patriottismo atipico (fiorentino e italiano), ambigua ricerca della «scientificità » della filosofia politica (ma mai rigorosa considerando i numerosi giudizi di valore), stratagemmi «diabolici» in vista del «buon» fine politico: immoralità -- o meglio amoralità . Il connubio di questi caratteri, il loro mescolarsi, potrebbe ben connotare il pensiero di Machiavelli se si facesse attenzione a non estrapolarli dal contesto o assolutizzarli singolarmente, rischiando così di snaturare un così eterogeneo e «vario» equilibrio. Ma l'impronta fondamentale scorta da Strauss tra le righe machiavelliane è quella rivoluzionaria. Machiavelli è un pensatore rivoluzionario, sovvertitore dei modi e ordini del suo tempo, della «vecchia» tradizione. Il suo intento sarebbe quello di fornire la forma per plasmare una nuova visione della politica e del mondo.
Con i suoi trattati fondamentali egli traveste ed esplicita, a seconda delle circostanze, le proprie opinioni ed esempi utilizzando un'astuzia inaudita, una tecnica magistrale dalla potenza subliminale. Questo procedimento rivela un preciso programma di indagine della realtà capace di strutture di analisi vaste e composite che danno voce a personaggi collettivi e ai meccanismi più profondi delle società umane. Se nelle successive Istorie fiorentine la linea della narrazione torna a farsi apparentemente più tradizionale e lineare, tuttavia anche in esse la dimensione politica emerge sul discorso storico trovando comunque nuove forme di sviluppo e di indagine nei proemi e nelle orazioni. Fissando nei proemi la sua esigenza di interpretazione politica degli avvenimenti esposti in ogni capitolo, infatti Machiavelli aggira il problema che il vincolo dello sviluppo cronologico della narrazione pone alla sua riflessione personale, collocando qui il luogo della critica al di fuori del racconto. Inoltre, la funzione originale delle orazioni nel testo delle Istorie trasforma questo strumento retorico, ereditato dalla tradizione, in un mezzo di rappresentazione degli attori della politica e delle loro differenti posizioni. Le orazioni diventano, insomma, la via utilizzata per mettere in scena la dialettica politica.
Nonostante le Istorie gli fossero state commissionate dai Medici, infine si deve ricordare come si manifesti anche in quest’opera l’indole politica repubblicana dell’autore, sebbene di fatto dissimulata rispetto a quanto accade nei Discorsi dove l’esplicito elogio della libertà rivela invece tratti antimedicei; e forse anche per queste sue caratteristiche il commento a Tito Livio rimarrà privo di edizione a stampa, avvenuta solo postuma nel 1531.
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