'La Buona Politica' - Ocse e S&P: Italia indietro tutta - mortificata da deflazione e recessione
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Le statistiche Ocse e S&P. (foto com.) ndr. |
di Cosimo Imbimbo
BARI, 22 SETT. - Le stime sul Pil e l'andamento dei consumi pubblicati dall'Istat chiariscono
che il Paese ha ormai un conclamato stato di recessione e che il primo a dover
cambiare verso deve essere il governo che fino ad oggi ha affrontato in modo
superficiale la questione economica. Non erano le riforme istituzionali, le
cose necessarie ed urgenti. Oltretutto, se l’orizzonte di governo è da qua al
2017, appare ancora più incoerente e pretestuoso l’aver dedicato oltre 6 mesi
alla questione della riforma del Senato. Questo tema poteva (e doveva) essere
trattato con più serietà , pazienza e condivisione, su tutto l’arco temporale
della legislatura.
Sarebbe stato più serio e credibile. Mentre era il lavoro a dover ricoprire il ruolo principale: per urgenza, importanza, necessità e perché è questo che la “gente” ci chiedeva e ci chiede. Lavoro, lavoro e ancora lavoro. Il Governo Renzi, Giavazzi, Toti e Richetti, al di là delle differenze culturali, professionali e politiche, sono perfettamente allineati sulle ricette “neoliberiste” e le definisco così proprio perché è una nuova ideologia della politica e dell’economia, sembra essere tornati a 50 anni fa quando Milton Friedman parlava di un “abominio” nell’associare le parole “sociale” e “responsabilità ” alla dimensione dell’economia e dell’impresa. .Secondo l'Ocse, inoltre, le revisioni del pil italiano sono le più pesanti della zona euro, ed è l'unico paese in recessione tra i "big", nonostante il taglio delle prospettive anche degli altri Paesi del G7. Il pil tedesco, comunque, rimane in crescita dell'1,5% sia per il 2014 che per il 2015. "Prosegue la moderata ripresa a livello globale anche se la debole domanda nell'area euro resta un fattore di preoccupazione". Il pil dell'Eurozona, comunque, è stato rivisto al ribasso, scende infatti dall'1,2% allo 0,8%. Scende, inoltre, anche quello degli Stati Uniti dal 2,6% al 2,1%. Per quel che riguarda il 2015, invece, il pil americano si attesterà tra il 3,1% dal 3,5%, quello tedesco tra l'1,5% e il 2,1%, quello francese tra l'1% dall'1,5%, quello del regno unito tra il 2,8% de il 2,7%.
Per tornare a crescere l'Ocse ritiene che l'Eurozona "necessita di un più vigoroso stimolo monetario". Al contrario, gli Stati Uniti e il Regno Unito "si stanno invece avvicinando alla conclusione dell'allentamento monetario non convenzionale". Servono degli sforzi ambiziosi perché "vista la debolezza della domanda, la flessibilità all'interno delle regole europee dovrebbe essere utilizzata per sostenere la crescita e il continuo fallimento dell'economia globale nel generare una crescita forte, equilibrata ed inclusiva sottolinea l'urgenza di sforzi di riforma ambiziosi". Inoltre, per l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, potrebbero esserci dei rischi riguardanti un'improvvisa correzione dei mercati: "Il movimento rialzista in atto sui mercati finanziari appare in contrasto con l'intensificarsi di svariati significativi rischi". Anche perché i rendimenti dei titoli di Stato di molti Paesi sono vicini ai minimi record. Inoltre, per l'Ocse, la volatilità dei prezzi delle azioni, sia negli Stati Uniti che in Europa, è attorno ai livelli precedenti alla crisi. Una delle ricette per provare ad uscire dalla crisi è attraverso "la riduzione dei contributi per la sicurezza sociale".Numeri impietosi e silenzi imbarazzanti. L'ocse e s&p fotografano la paralisi dell’ economia e ipotizzano una decrescita realmente infelice per il nostro Paese alla fine dell’anno, lontano anni luce dalle economie del resto d’Europa.
La recessione diventa quasi un obiettivo, di fronte a questa stagnazione che fa arretrare consumi e investimenti, impaurisce le famiglie e le imprese. Siamo commissariati dall’incapacità , prima ancora che da Bruxelles o dalla troika. Non è più tempo di scherzare o di lanciare slogan. Ci vogliono fatti. Il governo nel suo insieme si rimbocchi le maniche e lavori seriamente. Tagli la spesa e investa sul lavoro, dimezzando l’Ires e rilanciando i consumi con la gestione del Tfr in mano ai lavoratori. Lo faccia e presto, per l’interesse di tutti e non perché è nel nostro programma. Siamo ancora in tempo, ma non accettiamo più alibi a suon di gufi, se non si è in grado di capire la gravità della situazione. “Se l’Europa vuole la guerra, l’avrà ”. Sono parole durissime quelle pronunciate dal premier Matteo Renzi, contrario a una manovra correttiva dei conti pubblici per l’anno in corso e al varo di una legge di stabilità “lacrime e sangue” per l’anno prossimo. Il premier non ha preso bene le dichiarazioni del suo ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, che si è schierato per una supervisioni dei nostri conti pubblici e delle riforme affidata all’Europa. Per Renzi, questo significherebbe un commissariamento, un’ umiliazione della sua azione politica, del suo governo, che ritiene inaccettabile. A preoccupare maggiormente resta il calo della fiducia e dei consumi che si esplicano in un calo dell'inflazione che dura da tre anni e che ha portato il Vecchio Continente sull’orlo della deflazione.
Per Parigi, infatti, un'inflazione prossima allo zero "chiaramente aumenta il rischio di una caduta nella deflazione, il che potrebbe perpetuare la stagnazione e aggravare il peso del debito".Tre i fattori alla base di questa debolezza: “la crescita degli scambi mondiali è stata abbastanza modesta finora quest’anno; gli investimenti delle aziende hanno mostrato solo piccoli segnali di ripresa; le sofferenze dell'Italia sono diventate più pronunciate". Standard & Poor's promuove però le ultime decisioni della Bce: le misure annunciate, "suggeriscono un approccio maggiormente proattivo che potrebbe alla fine tradursi in un programma completo di 'quantitative easing' e sostenere la crescita nel medio periodo".
Sarebbe stato più serio e credibile. Mentre era il lavoro a dover ricoprire il ruolo principale: per urgenza, importanza, necessità e perché è questo che la “gente” ci chiedeva e ci chiede. Lavoro, lavoro e ancora lavoro. Il Governo Renzi, Giavazzi, Toti e Richetti, al di là delle differenze culturali, professionali e politiche, sono perfettamente allineati sulle ricette “neoliberiste” e le definisco così proprio perché è una nuova ideologia della politica e dell’economia, sembra essere tornati a 50 anni fa quando Milton Friedman parlava di un “abominio” nell’associare le parole “sociale” e “responsabilità ” alla dimensione dell’economia e dell’impresa. .Secondo l'Ocse, inoltre, le revisioni del pil italiano sono le più pesanti della zona euro, ed è l'unico paese in recessione tra i "big", nonostante il taglio delle prospettive anche degli altri Paesi del G7. Il pil tedesco, comunque, rimane in crescita dell'1,5% sia per il 2014 che per il 2015. "Prosegue la moderata ripresa a livello globale anche se la debole domanda nell'area euro resta un fattore di preoccupazione". Il pil dell'Eurozona, comunque, è stato rivisto al ribasso, scende infatti dall'1,2% allo 0,8%. Scende, inoltre, anche quello degli Stati Uniti dal 2,6% al 2,1%. Per quel che riguarda il 2015, invece, il pil americano si attesterà tra il 3,1% dal 3,5%, quello tedesco tra l'1,5% e il 2,1%, quello francese tra l'1% dall'1,5%, quello del regno unito tra il 2,8% de il 2,7%.
Per tornare a crescere l'Ocse ritiene che l'Eurozona "necessita di un più vigoroso stimolo monetario". Al contrario, gli Stati Uniti e il Regno Unito "si stanno invece avvicinando alla conclusione dell'allentamento monetario non convenzionale". Servono degli sforzi ambiziosi perché "vista la debolezza della domanda, la flessibilità all'interno delle regole europee dovrebbe essere utilizzata per sostenere la crescita e il continuo fallimento dell'economia globale nel generare una crescita forte, equilibrata ed inclusiva sottolinea l'urgenza di sforzi di riforma ambiziosi". Inoltre, per l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, potrebbero esserci dei rischi riguardanti un'improvvisa correzione dei mercati: "Il movimento rialzista in atto sui mercati finanziari appare in contrasto con l'intensificarsi di svariati significativi rischi". Anche perché i rendimenti dei titoli di Stato di molti Paesi sono vicini ai minimi record. Inoltre, per l'Ocse, la volatilità dei prezzi delle azioni, sia negli Stati Uniti che in Europa, è attorno ai livelli precedenti alla crisi. Una delle ricette per provare ad uscire dalla crisi è attraverso "la riduzione dei contributi per la sicurezza sociale".Numeri impietosi e silenzi imbarazzanti. L'ocse e s&p fotografano la paralisi dell’ economia e ipotizzano una decrescita realmente infelice per il nostro Paese alla fine dell’anno, lontano anni luce dalle economie del resto d’Europa.
La recessione diventa quasi un obiettivo, di fronte a questa stagnazione che fa arretrare consumi e investimenti, impaurisce le famiglie e le imprese. Siamo commissariati dall’incapacità , prima ancora che da Bruxelles o dalla troika. Non è più tempo di scherzare o di lanciare slogan. Ci vogliono fatti. Il governo nel suo insieme si rimbocchi le maniche e lavori seriamente. Tagli la spesa e investa sul lavoro, dimezzando l’Ires e rilanciando i consumi con la gestione del Tfr in mano ai lavoratori. Lo faccia e presto, per l’interesse di tutti e non perché è nel nostro programma. Siamo ancora in tempo, ma non accettiamo più alibi a suon di gufi, se non si è in grado di capire la gravità della situazione. “Se l’Europa vuole la guerra, l’avrà ”. Sono parole durissime quelle pronunciate dal premier Matteo Renzi, contrario a una manovra correttiva dei conti pubblici per l’anno in corso e al varo di una legge di stabilità “lacrime e sangue” per l’anno prossimo. Il premier non ha preso bene le dichiarazioni del suo ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, che si è schierato per una supervisioni dei nostri conti pubblici e delle riforme affidata all’Europa. Per Renzi, questo significherebbe un commissariamento, un’ umiliazione della sua azione politica, del suo governo, che ritiene inaccettabile. A preoccupare maggiormente resta il calo della fiducia e dei consumi che si esplicano in un calo dell'inflazione che dura da tre anni e che ha portato il Vecchio Continente sull’orlo della deflazione.
Per Parigi, infatti, un'inflazione prossima allo zero "chiaramente aumenta il rischio di una caduta nella deflazione, il che potrebbe perpetuare la stagnazione e aggravare il peso del debito".Tre i fattori alla base di questa debolezza: “la crescita degli scambi mondiali è stata abbastanza modesta finora quest’anno; gli investimenti delle aziende hanno mostrato solo piccoli segnali di ripresa; le sofferenze dell'Italia sono diventate più pronunciate". Standard & Poor's promuove però le ultime decisioni della Bce: le misure annunciate, "suggeriscono un approccio maggiormente proattivo che potrebbe alla fine tradursi in un programma completo di 'quantitative easing' e sostenere la crescita nel medio periodo".
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