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L'Antiracket Capitano Ultimo "abdica e cala il sipario" Addio Capitanata!


di Nico Baratta

FOGGIA, 10 DIC. - L’Associazione Antiraket Capitano Ultimo chiude i battenti in provincia di Foggia. Andrà altrove. Purtroppo è così ed è una sconfitta per il nostro territorio. Amara o dolce che sia, la scelta di andar via è ben descritta nella dichiarazione rilasciata dall’associazione riportata di seguito. Forse per qualcuno e qualcosa (anche di parte e perciò non propriamente legata alla mala…) sarà un sospiro di sollievo l’uscita di scena dell’Antiracket Capitano Ultimo. Ma per tanti cittadini desiderosi di legalità, non sarà così. È amaro constatare che quando il sistema non ti accetta perché pensi con il tuo cervello, sopravvivere è arduo. Pensare differentemente spesso è scomodo ma non sincero. È la nuda e cruda verità di un sistema chiuso a riccio, purtroppo, di lobby che sembrano non esserci, ma che incidono permanentemente sul territorio e per future scelte, pur sbandierando ai quattro venti il termine “legalità”. È una distopia talmente palese e abitudinaria che ormai non fa più notizia, che fa male alla società civile in uno stato di legalità. Quel sistema, tuttavia, non è la regola e questo il cittadino deve saperlo e deve saper scegliere, sempre che gli organi competenti includano realtà associazionistiche onlus (contrariamente a quelle consociativistiche…) piuttosto che quelle iscritte in registri che alla fine si rivelano solo dei pezzi di carta e contenitori di numeri astrusi.

«Abbiamo deciso di Abdicare, di calare il sipario, di andar via dalla provincia di Foggia. Lo facciamo a malincuore, ma consci e per colpa di un sistema consociativista piuttosto che liberamente associazionista, partitocratico e politicamente incorretto con il Popolo Italiano che da essere Sovrano è diventato suddito e massa per far voti piuttosto che determinante e decisionale per uno Stato di Legalità. Da oggi saremo in stanby fino al 31 gennaio 2015; poi chiuderemo i battenti per riaprirli in altri territori. Ciononostante saremo aperti a incontri che possano stabilire collaborazioni che devono diventare azioni contro il racket e non mere e “colorate” riunioni o peggio ancora passerelle cittadine, come accade oggi e senza risultati, solo bombe, attentati, paura, terrore, cene varie.  Il popolo, i commercianti devono avere la possibilità di scegliere -quando decidono di denunciare l’estorsione- e non essere indotti da personaggi, sigle, promesse fatue e discorsi perbenisti –spesso proclamati in ambiti istituzionali piuttosto che in quelli di piazza- senza contenuti e azioni finalizzate a ostacolare il racket. I commercianti, in particolare, devono essere consapevoli che possono essere parte attiva e non secondaria quando delegano “accompagnatori” che utilizzano fondi pubblici solo per riunioni, passeggiate, passerelle, proclami e consulte. Loro devono sapere che la legge li conferisce poteri e azioni congiuntamente svolte -per una maggiore efficacia e sicurezza- con personale preposto e preparato. Essere una Onlus non vuol dire non combattere il racket e la malavita. Non c’è bisogno di essere iscritti in un registro prefettizio per far gruppo in realtà antiracket. Quello serve solo a prendere fondi pubblici, tanti soldi che gli italiani spesso ignorano e che oggi sono anche al vaglio della magistratura campana. Essere onlus, e perciò senza fine di lucro, rafforza l’azione e tiene alto l’obiettivo contro un cancro che come una piovra abbraccia tutti. Noi dell’Associazione Antiracket Capitano Ultimo chiediamo formalmente un’audizione, e perciò ancora una volta un incontro ufficiale (non ancora concesso), con S.E. il Prefetto di Foggia, la dott.ssa Luisa Latella, per consegnarli il nostro Piano Territoriale antiracket e anti soprusi affinché possa essere vagliato, giudicato. Un Piano aperto a riformulazione laddove vi fosse necessità di cambiamenti per migliorie e aggiunte. Naturalmente il tutto sempre che la Prefettura di Foggia, perciò lo Stato della Repubblica Italiana presso il capoluogo dauno, sia interessata a vagliare un’idea, formulata da addetti ai lavori, per arginare la piaga del racket e reati di soprusi che stanno ammazzando un territorio, nella fattispecie la Capitanata.» 

Con questa dichiarazione rilasciata ad alcuni presenti, perlopiù gli interessati, l’Associazione Antiracket Capitano Ultimo il 6 dicembre 2014, presso la Sale del Trono del Castello Ducale di Torremaggiore, ha chiuso il convegno dove aveva esposto il suo Piano Territoriale antiracket e anti soprusi. Lo ha fatto diversamente dalle solite convenzionali presentazioni, attraverso la visione di un filmato che per il sottoscritto è stato di facile interpretazione. Dico questo perché a differenza di alcuni presenti in sala che lo ha commentato, l’interpretazione del video non è stata conforme a ciò che riportava. Difatti qualcuno volutamente ha interpretato il filmato in modo difforme, con la presunta presunzione di distogliere i presenti dai sani intenti propositivi contenuti nel Piano formulato dall’Associazione.
Il contenuto del filmato, disponibile presso l’Associazione Antiracket Capitano Ultimo, evidenziava un duro attacco all’amministrazione locale di Torremaggiore. Un attacco svolto, come nelle trasparenti e sane abitudini dell’Associazione, dinanzi al capo dell’amministrazione in questione, ovvero alla presenza del Sindaco, dott. Costanzo di Iorio. Un attacco che ha sortito un assalto all’Associazione. Lo ha fatto prendendo la parola criticando il Piano Territoriale e sminuendo l’operato fin qui messo in campo dall’Associazione. Di Iorio, in un passaggio della sua “arringa”, registrata a mezzo audio-video ripresa pubblicamente e con il tacito consenso di tutti i presenti, ha addirittura tergiversato il contenuto dei suggerimenti presenti nel Piano Territoriale (perché di suggerimenti tratta il Piano, che sia chiaro!) commentando che non erano e non sono necessari per la cittadina di Torremaggiore. Una sua opinione, libera me che andrebbe discussa in ambiti consiliari poiché la città è amministrata da un’assise eletta del popolo e non da una persona, pur avendo le massime responsabilità: siamo in un paese democratico. Tuttavia, a detta del Sindaco, Torremaggiore non necessità di un’associazione antiracket. Con ciò si suppone che qui il fenomeno racket è inesistente e sarebbe una vera chicca oltre che un pregio, mah….. , pensando che Torremaggiore sia un’isola felice. 

Nel convegno i temi trattati dall’associazione (che non si occupa solo di racket) evidenziavano, o meglio suggerivano ad una qualsiasi Amministrazione Comunale, un miglior utilizzo della Polizia Locale. In particolare di alleggerire le attività svolte dalle Forze dell’Ordine, ormai sature di lavoro e per giunta sott’organico. Un’attività, quella di contrasto al racket, di una  escalation criminale che va ben oltre il furtarello di quartiere. Difatti, per una maggior sicurezza cittadina, l’associazione suggeriva delle convenzioni con istituti di vigilanza e di investigazioni private, per attuare il piano di contrasto “Anomal Situation”. Suddetto piano consiste nel dotare i nuclei famigliari di un telecomando contenente al suo interno un transponder segnalatore che premuto attiverebbe il recupero del possessore mediante la figura dell’investigatore Privato, unica figura (FF.OO. a parte) in termini di legge preposta alla salvaguardia fisica di una persona. Tale iniziativa, come descritta nel Piano Territoriale sarebbe utile nel preservare individui da situazioni anomale, non propriamente legate al Racket. Altresì tale convenzione permetterebbe un presidio del territorio grazie all’ausilio delle Guardie Particolari Giurate e della Polizia Locale, un presidio ben strutturato con passaggi fisici presso gli esercizi commerciali. A tal riguardo, oltre che legale, è bene ricordare che molti agenti della Polizia Locale (cosiddetti Vigili Urbani) sono Ufficiali di Polizia Giudiziaria, e non è poco. Purtroppo tal particolare è evidenziato solo in circostanze laddove l’agente non rischia, così da venir meno a un compito conferitogli anche senza opportuno addestramento secondo i canoni del caso. Nel video proiettato durante il convegno si evinceva che la cittadina di Torremaggiore, se avesse utilizzato il Piano Territoriale dell’Antiracket Capitano Ultimo, con uno stanziamento di soli € 55,321,16 avrebbe garantito sicurezza a tutti gli operatori commerciali e a tutti i cittadini, tra l’altro con un ritorno di utile sin da subito pari a € 336,344,28. Purtroppo a tal suggerimento il Sindaco Di Iorio criticava l’Associazione di pretendere fondi nascondendosi dietro l’acronimo Onlus. Analizzando bene il progetto emerge tutt’altra natura, diversa dalle insinuazioni del Sindaco Di Iorio, natura consultabile liberamente presso l’Associazione per chi volesse conoscerla. Inoltre, e non è un dato da sottovalutare, a detta dell’Associazione il Piano Territoriale è stato consegnato per ben 3 volte al Di Iorio, purtroppo senza sortire alcuna convocazione. Con ciò si deduce, dopo le affermazioni del Sindaco, il Piano Territoriale non è mai stato letto; contrariamente si dovrebbe pensare a un’inscenata, e chissà perché….. 
Ma non è tutto in termini di numeri. L’Associazione proponeva d’invogliare il cittadino, mediante una campagna pubblicitaria, all’acquisizione del transponder, con un abbonamento dal costo totale di € 240,00; questo solo per il primo anno, esteso per ben 5 anni. L’abbonamento avrebbe avuto come possibilità di pagamento, per la presa in consegna del transponder, varie tipologie di frazionamento dell’importo scelto dal cittadino: € 20 mensili, € 60 trimestrali, € 120 semestrali, € 240 in unica soluzione valevole per 5 anni. L’unico vincolo imposto e tra l’altro legittimo, è quello che per accedere al trasponder, il cittadino avrebbe dovuto associarsi come socio ordinario all’Associazione Antiracket, anche perché, tolta la parola antiracket, resta pur sempre un’associazione. Torremaggiore è una cittadina di quasi 18.000 anime e di quasi 8.000 nuclei famigliari. Premesso che i costi complessivi delle convenzioni con gli istituti di vigilanza e gli istituti di investigazioni ammonterebbero a € 124,221,16 e presumibilmente le adesioni ammonterebbero a 5.000 soci, che moltiplicati per il costo dell’abbonamento, svilupperebbero la cifra di € 1 Milione 200 Mila. Con lo stesso numero in adesioni all’Associazione e con un costo della tessera annuale pari a €15 svilupperebbero entrate di € 75 Mila. 

Ed è qui che l’Associazione Antiracket Capitano Ultimo scende in campo che essendo una Onlus, e quindi tutti i proventi acquisiti li utilizza nei suoi progetti, la somma ricavata dalle iscrizioni verrebbe interamente riversata nel progetto, giustificando l’elargizione finale del Comune, pari alla sola cifra di € 55,321,16 che non è altro la differenza tra l’importo stipulato per le convenzioni (€ 124,221,16) e il flusso immesso dall’Associazione (€ 75,000,00). 
Alla luce di quanto detto, anzi quantificato, è facile supporre che il Sindaco abbia frainteso, equivocando vorrei pensare, perché finanche aumentando la quota associativa l’associazione non avrebbe bisogno di richiedere alcun contributo. L’amara realtà presumo che qualcuno e qualcosa abbia deciso il contrario, proprio per far emergere la mancata voglia di un cambiamento e di responsabilizzare le varie Amministrazioni Locali ad un problema che non è solo il loro. Come detto dall’Associazione, che approvo, mi piace ribadire che «Il popolo, i commercianti devono avere la possibilità di scegliere -quando decidono di denunciare l’estorsione- e non essere indotti da personaggi, sigle, promesse fatue e discorsi perbenisti –spesso proclamati in ambiti istituzionali piuttosto che in quelli di piazza- senza contenuti e azioni finalizzate a ostacolare il racket. I commercianti, in particolare, devono essere consapevoli che possono essere parte attiva e non secondaria quando delegano “accompagnatori” che utilizzano fondi pubblici solo per riunioni, passeggiate, passerelle, proclami e consulte. Loro devono sapere che la legge li conferisce poteri e azioni congiuntamente svolte -per una maggiore efficacia e sicurezza- con personale preposto e preparato.» Aggiungo convintamente che se tal Piano Territoriale inizialmente possa destare perplessità, nella fattispecie risponde a leggi pertinenti e azioni già collaudate, che hanno sortito ottimi risultati non solo in merito all’indebolimento della malavita, bensì ad un cambiamento di porsi in essere da parte dei ricattati e della popolazione. Ma è anche vero che in alcune parti del Belpaese convive la subdola e latente usanza dove tutti reclamano ma che nessuno vuole. Un cattivo costume che fa più male della palese noncuranza giacché si cela sotto spoglie “amiche”.

Il Piano Territoriale, che non è solo quel contenitore di costi come si è cercato di far passare da chi lo ha criticato, è tutt’altro. In esso è contenuta una iniziativa per i soli commercianti al fine di fronteggiare il cancro Racket. Consiste nel dotare i titolari di esercizi commerciali, (e non l'attività inteso come locale commerciale) di un transponder con numero sequenziale; ad ogni numero corrisponde una precisa attività commerciale. Se il titolare di attività commerciale subisce una vera e propria estorsione, egli deve solo premere il transponder il quale invierà ad un computer un impulso continuo fino al suo spegnimento. Resta inteso, per una maggiore sicurezza del commerciante, che il pulsante del trasponder può essere premuto anche a distanza di alcuni giorni dalla tentata estorsione e preferibilmente lontano dall'attività commerciale. Riprendendo, il segnale emesso dal pulsante suddetto implica l'avvio di una procedura standard autorizzata preventivamente in fase di acquisizione della presa in carico del Transponder. Tale procedura prevede il monitoraggio dell'esercizio commerciale accedendo all'impianto di video sorveglianza dello stesso, mediante la password fornita in fase di adesione. Nel modulo che il sottoscrittore firmerà sono indicati il numero di cellulare, il modello, marca e targa del veicolo di proprietà e l'indirizzo dell'abitazione principale, ovvero tutti elementi da monitorare per far si che avvenga il momento della flagranza di reato, esimendo cosicché la vittima (almeno inizialmente) ad una esposizione alla denuncia. Inoltre, la procedura prevede che il possessore nel momento in cui attiva il Trasponder, proprio in quel preciso istante, può trasmettere a terze persone di essere vittima di estorsione o tentata estorsione. Pertanto, la richiesta d’aiuto, inizialmente, è da considerarsi un’informazione puramente investigativa, che permette la Polizia Giudiziaria di attivarsi mediante l’art. 55 del c.p.p. come acquisizione di una notizia di reato perseguibile d’ufficio. Per tal caso la vittima in fase di adesione (come descritto nel modulo) chiede all’Ufficiale di Polizia Giudiziaria, che acquisisce la richiesta d’aiuto, che nei suoi confronti si proceda con la copertura della fonte ma non della notizia, come previsto dall’art. 203 del c.p.p. Dopo, e solo dopo,  che la richiesta d’aiuto presa in carico dalle FF.OO., una volta portata a conoscenza al Sig. Procuratore,  la vittima di estorsione porterà a conoscenza il Sig. Procuratore di essere consapevole che è passibile di denuncia per favoreggiamento alla criminalità organizzata ma anche di aver agito in base alle circostanze, quella di richiesta di “Pizzo”. Ciò è previsto dall’art. 54 del c.p. (Stato di Necessità a protezione propria e dei suoi cari), ed è ben descritto nel modulo del Piano preventivamente e debitamente firmato.
Ogni richiesta di Trasponder, con annessi moduli di adesione alla procedura standard, contenenti l'elenco completo con le adesioni ed i relativi numeri sequenziali dei Transponder, come descritto nel Piano Territoriale saranno presi in carico dall'associazione antiracket cittadina, qualunque essa sia (questo dev’essere chiaro per tutti) e rese note al Questore e al Prefetto, omettendone la divulgazione.
Purtroppo al convegno è stato frainteso il fine del Piano Territoriale Antiracket e anti Soprusi presentato dall’Associazione. Forse il video non era il mezzo migliore per comunicarlo, ma se vi fossero state presentazioni verbali, credo che il risultato sarebbe stato identico poiché era chiara la resistenza di molti a considerare un progetto partorito da una Onlus piuttosto che da un’associazione firmataria di quel tanto sbandierato registro prefettizio. Quel video, è bene precisarlo, ha fornito solo ed esclusivamente dei suggerimenti di come poter smuovere e cambiare una situazione di stallo che vede l’impotenza di tutti di fronte ad atti deplorevoli.
L’unica nota alquanto triste è dettata dal fatto che l’Associazione non avendo nessun appoggio istituzionale a livello locale, ha deciso di abdicare e fornire i suoi aiuti in un’altra provincia, lontana dalla Capitanata. Come detto inizialmente l’Associazione Antiracket Capitano Ultimo dal termine del convegno ha cessato ogni forma di attività istituzionale, azzerando il suo Consiglio Direttivo ed il suo Rappresentante Legale, in attesa di costituirlo in un’altra Provincia. Ad oggi è in standby, a meno che ed entro il mese di Gennaio 2015 qualcuno non si degni di interessarsi alle loro iniziative.  
Siamo nuovamente testimoni all’ennesima sconfitta di un’iniziativa, che è quella di un territorio, ovvero di popolazioni desiderose di legalità, la stessa che viene sottratta dalla malavita e da qualcuno e qualcosa, spesso colletti bianchi, avidi di profitti e sorridenti alla sofferenza del popolo. 

Così la nostra bellissima e ricca provincia, la Capitanata, non crescerà mai e mai potrà garantire un futuro migliore a i nostri figli, prossimi cittadini responsabili e produttivi di una terra resa da noi improduttiva, contaminata, stuprata. Loro, i nostri figli malediranno il nostro operato.






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