Attualità. Il contesto nel quale “matura” il rapimento di Aldo Moro
L'agguato di via Fani. (foto robertobartali.it) ndr. |
di Nico Baratta - Redazione di Foggia
ROMA, 23 GEN. - Intrighi, cospirazioni, accordi, Servizi e (dis)Servizi, politici, Stati, Istituzioni, amici, etc...etc...
Ecco una buona e esaustiva lettura dei fatti svolta dall' On. Gero Grassi, Vicepresidente Gruppo PD Camera dei Deputati.
«Quale è il contesto politico internazionale e nazionale nel quale ‘matura’ il rapimento di Aldo Moro? Cosa avviene negli anni precedenti il 16 marzo 1978, nel corso dei quali Moro studia e prepara la politica della ‘democrazia compiuta’?
Ripercorriamo quel tempo servendoci degli atti della I Commissione d’inchiesta sulla strage di via Fani e sulla morte di Moro.
Nicola Rana, segretario di Moro: “Per Moro l’idea è quella di far salire i comunisti sul treno della democrazia del Paese. Lo considera un processo lungo e difficoltoso, ma vitale per l’Italia.” Corrado Guerzoni, giornalista e portavoce di Moro: “Moro capisce che la DC è finita”.
Il 4 agosto 1974 una bomba esplode a San Benedetto Val di Sambro (Bologna) sul treno Italicus Roma-Monaco: 12 morti ed 8 feriti. Sul treno a Roma è salito Moro, diretto a Bolzano per raggiungere la famiglia a Bellamonte. Qualche minuto prima che il treno parta due agenti dei Servizi Segreti fanno scendere Moro con il motivo che deve firmare documenti importantissimi. La sentenza definitiva attesta la presenza determinante, nell’attentato, di elementi di estrema destra e della P2.
Sereno Freato, collaboratore di Moro: “I Giornali di destra si sono sempre scagliati contro Moro. Specchio, Candido, Il Borghese, OP lo hanno attaccato prima per il centrosinistra con i socialisti, poi per il confronto con i comunisti”.
Moro, rivolgendosi al deputato amico Vittorio Cervone: “Caro Vittorio ci faranno pagare la nostra linea politica. Perderemo voti, ma dobbiamo andare avanti, non nell’interesse del partito, ma dell’Italia”.
Nel settembre 1974 il Ministro degli Esteri Moro è a Washington e riceve da Henry Kissinger un avvertimento: “Onorevole … lei deve smettere di perseguire il suo piano politico per portare tutte le forze del suo Paese a collaborare direttamente. Qui o lei smette di fare queste cose o lei la pagherà cara. Veda lei come la vuole intendere”.
Guerzoni: “Ogni qual volta Moro emette un respiro, gli USA sobbalzano”.
Il Mossad, Servizi Segreti israeliani, offre alle Brigate Rosse danaro ed armi al fine di destabilizzare l’Italia. Alcuni brigatisti viaggiano in Cecoslovacchia.
Il 2 luglio 1975 Mino Pecorelli, direttore della rivista OP, alludendo al titolo del libro di Andreotti, ‘Ore 13, il Ministro deve morire’ scrive: “E’ proprio il solo Moro il Ministro che deve morire?” Poi titola: ‘Se Moro vivrà ancora’ e ‘Moro…bondo’. Titoli casuali?
Nel novembre 1977 Moro afferma: “A me capita come a Berlinguer. Lui non trova comprensione in Unione Sovietica, io negli Stati Uniti e in parte della Germania”.
Guerzoni: “Il PCI preferiva Andreotti perché diceva sempre sì, poi Berlinguer capisce che senza Moro è impossibile il confronto con la DC ed il rilancio della Repubblica Italiana. Moro non dice mai sì. Dice studiamo, programmiamo, verifichiamo.”
Sul versante brigatista Marco Barbone afferma: “Moro opera il raccordo del PCI all’area di Governo”. Mario Moretti: “Per le Brigate rosse Moro, Andreotti, Fanfani sono identici, poi quando parliamo con Moro capiamo la differenza e notiamo che lui capisce da piccolissimi cenni l’universo mondo”. Valerio Morucci: “Aldo Moro è preso per rispondere al tribunale del popolo dei reati commessi dalla DC”.
Nel novembre 1977 a Roma è gambizzato dalle BR il deputato DC Publio Fiori. Sui muri romani e su ‘Repubblica’ appare la scritta ‘Oggi Fiori, domani Moro’.
Steve Pieczenik, consulente CIA di Cossiga, constata che: “La inettitudine degli apparati dello Stato, quasi tutti di destra, è conseguenza dell’avversione alla politica di Moro e degli influssi della P2”.
I giudici Ferdinando Imposimato e Rosario Priore, anni dopo, in Francia, vedono documento dei Servizi segreti francesi dal quale si evince che un mese prima sapevano che le Br avrebbero rapito Moro e che avevano avvisato i colleghi italiani.
A Parigi opera l’Istituto Culturale Hyperion, fondato dal filosofo e critico d’arte Corrado Simioni, ex socialista ed amico di Craxi ai tempi del Movimento Giovanile, aderente poi alle BR. Hyperion è la centrale del terrorismo internazionale, chiamata dai brigatisti ‘La Ditta’. ‘La Ditta’ è anche il nome che gli aderenti usano per ‘La Rosa dei venti’, movimento di estrema destra.
Nell’Hyperion lavora la nipote dell’Abbè Pierre, sposata con Innocente Salvoni, brigatista. Dopo il 16 marzo il Viminale diffonde foto dei ricercati con Salvoni. L’Abbè Pierre va a Roma dalla DC e la foto e la segnalazione di Salvoni sono ritirate. L’operazione è fatta dal colonnello dei Carabinieri Cornacchia, aderente alla P2, amico di Pecorelli, che avrà ruolo devastante nella vicenda di via Gradoli.
Il senatore PCI Sergio Flamigni, profondo conoscitore e studioso del caso Moro: “Il programma di Moro per l’Italia era il contrario di quello della P2. Durante la Commissione Moro i Servizi italiani hanno raccontato solo menzogne”.
Il Generale dei Carabinieri Franco Picchiotti, iscritto alla P2 ed amico di Gelli: “Tra la fine del 1977 e l’inizio del 1978 Gelli convoca i vertici militari per ribaltare il corso politico del momento voluto da Moro”.
Bettino Craxi: “Moro era nel mirino del terrorismo internazionale. Me lo disse Willy Brandt”.
Quando nella Commissione Flamigni chiede al generale Carlo Alberto Dalla Chiesa se ricorda il primo comunicato BR, nel quale si parla di attacco mortale allo Stato, il generale risponde che non ricorda. Il comunicato è del 1975 ed è diffuso a Torino. Analogamente Dalla Chiesa non ricorda che il 6 marzo 1978 il SISMI sa del prossimo rapimento di Moro perché un detenuto nel carcere di Matera, in cella con brigatisti, avvisa Securpena (Controllo carceri).
Ora, invece, cito alcuni fatti ed eventi sui quali non esiste alcuna sentenza della Magistratura che ne neghi la veridicità, ma esistono sentenze con le quali chi ha accusato di falso il signor Antonino Arconte è stato condannato per diffamazione aggravata.
Racconta Arconte che il 2 marzo 1978 il Ministero della Difesa, Direzione Generale X, Divisione Stay Behind (Gladio), Personale Militare della Marina, a firma del Capitano di Vascello Remo Malusardi, capo della Divisione, trasmette, con imbarco da La Spezia il 6 marzo, sulla motonave Jumbo Emme, un documento riservato all'agente dei Servizi segreti a Beirut Stefano Giovannone, perchè contatti Gruppi del Terrorismo Mediorientale, al fine di ottenere collaborazione ed informazioni utili alla liberazione Moro. Tutto questo 14 giorni prima del rapimento.
Chi porta il documento, pur non conoscendone il testo, è Arconte (G71) che racconta e dimostra di far parte di Gladio, struttura con finalità diverse da quelle raccontate da Andreotti alla Camera il 24 ottobre 1991, qualche giorno dopo che si rinviene il materiale di Moro in via Montenevoso, dove si parla di Gladio.
Il documento è a distruzione immediata ma non è distrutto, anzi fotografato da Arconte. Sottoposto a verifica di veridicità, nel 2002, ottiene il placet della dr.sa Maria Gabella, una autorità in materia. La Gabella conferma che il documento risale ad almeno tre anni prima ed è compatibile per carta, inchiostro e scrittura con il periodo indicato.
Arconte vede il documento il 13 marzo 1978 e lo fotografa. Il documento gli è stato consegnato dal generale Vito Miceli. A Beirut lo viene a prelevare G219, Colonnello SISMI Mario Ferraro che deve consegnarlo a G216 Colonnello Giovannone, detto 'Il maestro'. Il termine G sta per gladiatore.
Il documento prova l'esistenza di un Servizio Segreto, la cui esistenza è ignota sino a pochi anni fa, il SIMM (Servizio Informazioni Marina Militare).
Arconte riceve il documento nella primavera del 1995 da Ferraro, un mese prima della sua stranissima morte. Ferraro (46 anni) è suicida il 16 luglio 1995, impiccatosi al portasciugamani del bagno di casa a 1,20 di altezza. La perizia dimostra che le quattro viti non avrebbero retto il peso del corpo di Ferraro, così come si sarebbe rotta la cinta dell'accappatoio con la quale si impicca. E’ alto e robusto. Si suicida mentre la compagna è in casa con lui. Dopo il ‘suicidio’ i Servizi segreti ripuliscono la casa illegittimamente.
A questa vicenda si collega quella dei giornalisti Graziella De Palo e Italo Toni, scomparsi il 2 settembre 1980 a Beirut, mentre fanno un reportage sull’OLP. Hanno denunciato il ruolo dei Servizi segreti italiani nella copertura del traffico internazionale clandestino di armi. La denuncia di scomparsa dei due avviene solo il 29 settembre 1980. Dalla stanza dell’albergo ‘sono rubate’ le macchine fotografiche e alcune pagine delle agendine. Avevano scoperto che alcuni brigatisti si addestravano nei campi dell’OLP, addestrati da alcuni Gladiatori.
I due giornalisti scompaiono il giorno in cui stanno per visitare campi di addestramento dei palestinesi nel sud del Libano
Il Colonnello Stefano Giovannone e il Generale Giuseppe Santovito (Direttore SISMI) sono rinviati a giudizio per la vicenda.
Il giudice Renato Squillante scrive che 'Giovannone e Santovito (P2) si adoperano per coprire le responsabilità palestinesi e che entrambi sono adusi a mentire e a depistare'.
Santovito ammette alla Presidenza del Consiglio dei Ministri di “Aver mentito per salvaguardare la buona immagine dell'OLP”.
Il giudice Carlo Palermo scrive che l’attività di Santovito e Musumeci non 'è istituzionale perché direttamente o indirettamente interviene nella sfera politica'.
Santovito è arrestato nel 1983 per violazione del segreto di Stato.
Il giudice Carlo Mastelloni arresta Giovannone per traffico di armi tra OLP e BR. L’inchiesta è fermata dal Governo italiano che pone il segreto di Stato.
Santovito (5 febbraio 1984) e Giovannone (17 luglio 1985) muoiono improvvisamente.
Moro in due lettere parla di Giovannone, forse sa del collegamento BR-OLP, forse da segnali che nessuno coglie».
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