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Pasqua, nella luce e nella gioia del Cristo

Fratel Costantino De Bellis. (foto) ndr.

di Fratel Costantino De Bellis

ROMA, 5 APR. - Carissimi fratelli e sorelle, vi giunga l’augurio di una santa Pasqua, nella luce e nella gioia del Cristo risorto! La risurrezione di Cristo, infatti, è il mistero centrale del cristianesimo, come ci ricorda l’apostolo Paolo: “...se Cristo non è risorto, vuota allora è la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede” (1Cor 15,14). Come ebbe a dire il poeta francese C. Peguy “...la risurrezione di Cristo è il primo giorno del mondo”. Essa è l’evento definitivo dopo il quale non dobbiamo attenderci nulla di nuovo, ma solo il pieno compimento di quello che è già avvenuto. Anche a noi l’angelo ripete le consolanti parole che ha detto alle donne recatesi al sepolcro: “Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. E’ risorto, infatti, come aveva detto” (Mt 28,5). La Pasqua è la festa della speranza, la festa che ci conduce, pur nei problemi e nelle difficoltà che sperimentiamo ogni giorno, a guardare alla vita con rinnovata speranza. Il progetto violento del principe del male, che negli uomini ha trovato spesso solerti alleati, è stato sconfitto: l’amore ha vinto l’odio, il bene ha sconfitto il male, la compassione ha superato la cattiveria, la tenerezza l’ingiustizia, l’umiltà l’orgoglio, l’amicizia l’insensibilità. Se accolto con pronta disponibilità, il Signore risorto e vivente in eterno rigenererà e rinnoverà le nostre anime e le nostre vite. La Pasqua di Cristo ci consente di dare una dimensione pasquale anche al vivere sociale e civile. Sono tante le realtà che attendono la grazia rigenerante della Pasqua, la grazia rigenerante della speranza cristiana. In primo luogo, il valore indisponibile della vita umana, oggi messo a repentaglio soprattutto nei momenti di maggiore fragilità, come l’inizio e la fine. Quale futuro può garantirsi una società che consente aborto, eutanasia, suicidio assistito, infanticidio e altro? In secondo luogo, i giovani che devono fare i conti con una stagione di incertezze, rese acute da una drammatica crisi culturale, sociale ed economica. Ai giovani va detta una parola di verità: con la vita non si può barare, che vale assai più lo sforzo che il successo, che conta più l’abitudine alla fatica che la superficialità. E che, comunque, i veri vittoriosi sono i galantuomini. In terzo luogo, la famiglia che troppi, con ostentata insipienza, presentano come una cosa di altri tempi, mentre è uno dei pochi istituti che, con straordinaria e meritoria capacità, riesce a far fronte alla crisi in atto. Essa affonda le proprie radici nella natura stessa dell’umano. In essa si impara ad aver fiducia in se stessi e negli altri, a dare il nome giusto alle cose, a distinguere il bene e il male, a bilanciare doveri e diritti. Al valore della famiglia va associato il valore della domenica, giorno in cui ci si riposa dal lavoro, la famiglia si ritrova insieme e, se credente, partecipa alla liturgia del Signore. La domenica non può essere sacrificata a ragioni economiche. Quelli che ci dicono che, in questo modo, la società diventa più efficiente e produttiva, dovrebbero avere l’onestà di dirci i costi, anche economici, del venir meno della coesione familiare. Per ultimo, il mondo del lavoro, il mondo di quelli che il lavoro non lo trovano e di quelli che il lavoro lo hanno perso, diventato improvvisamente protagonista di cronache disperate con i quotidiani suicidi di operai e imprenditori. Sono essi la prova di un progressivo e inesorabile sfilacciarsi della tenuta morale del nostro vivere civile e di un modello di sviluppo che ha messo insipientemente tra parentesi la sacrosanta verità che lo sviluppo è vero solo quando è integrale e solidale. L’uscita dalla crisi economico- finanziaria non giungerà con l’applicazione di sofisticati accorgimenti tecnici di ingegneria economico-finanziaria, se non ci si convince dell’urgente necessità di ritessere il tessuto lacerato della coesione spirituale, morale e culturale della società. Al giorno d’oggi, le più serie e avvedute razionalità economiche si guardano bene dal sottovalutare gli effetti positivi che provengono, anche sul piano strettamente economico, da una forte coesione spirituale e morale del popolo e della nazione. Senza aver mai preso un nobel per l’economia, questa elementare verità la Chiesa la conosce da sempre e sapientemente e tenacemente continua a proporcela con la sua dottrina sociale. In questa prospettiva, abbiamo certamente bisogno di una rinnovata classe politica e di tecnici illuminati, ma, soprattutto, abbiamo bisogno di Dio e di santi come il nostro caro amico San Rocco che vivano e testimonino la forza liberante e rigenerante della Pasqua di Gesù Cristo, pasqua di vita, pasqua di speranza. 

Tutti benedico di cuore e a tutti rivolgo un rinnovato augurio di buona Pasqua! 

Vostro Fratel Costantino Procuratore e Guardiano di san Rocco .





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