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'La Buona Politica' - Migranti: attendendo che l'Europa ne scopra la tragedia

Migranti in viaggio verso l'italia. (foto com.) ndr.

di Cosimo Imbimbo 

BARI, 14 MAG. - Nell'attesa che la comunità europea definisca le quote da attribuire a ciascun paese membro riguardo l'accoglienza degli immigrati, ancora una volta la drammaticità della questione ci pone dinnanzi a molti interrogativi inquietanti. Migranti un infinito dramma senza fine. Negli ultimi anni le coste meridionali italiane, e in particolare quelle siciliane, sono state teatro di numerosi arrivi di migranti irregolari che, nella speranza di trovare condizioni di vita migliori o nel tentativo di fuggire da guerre e persecuzioni, raggiungono l’Italia partendo dalle coste africane su imbarcazioni fatiscenti rischiando spesso la vita. A cinque settimane dall’ecatombe al largo della Libia con oltre 750 migranti finiti in fondo al mare, il canale di Sicilia è ancora una volta la tomba dei disperati che tentano di raggiungere l’Europa: dieci sono i corpi recuperati dai mezzi di soccorso che nelle ultime hanno intercettato decine di barconi e gommoni, salvando oltre 6.000 migranti. 

Si è tutti in attesa di concrete azioni e risposte da parte degli organi europei preposti a tale problematica. Secondo il commissario Ue all’immigrazione Dimitris Avramopoulos, è già in atto un impegnativa posizione europeista visto che l’azione congiunta di Triton, con la presenza di un pattugliatore della marina francese nel canale di Sicilia, ha contribuito «a soccorrere i migranti e salvare molte vite. È un primo segnale che l’aumento di solidarietà e cooperazione nel Mediterraneo comincia a dare risultati tangibili». Ma tutto ciò non basta. L’ecatombe di questi giorni dimostra che vanno trovate altre soluzioni. Nell’immediato va prefigurato un coinvolgimento diretto di una flotta di navi battenti bandiera U.E.; l’utilizzo dei Paesi del Sud Europa come “paesi di transito” e una politica di resettlement condivisa fra i 28 stati membri. Un continente di 509 milioni di abitanti può provvedere ad alcune decine di migliaia di persone (altro che le cifre assurde che ogni tanto rimbombano nelle dichiarazioni di sedicenti esperti) ma questo va fatto sospendendo i vincoli del Regolamento Dublino e imponendo ad ogni Stato, in ragione delle proprie possibilità, di accogliere un quantitativo decente di persone. Questo per garantire l’apertura di veri canali umanitari, con risultati sicuramente più significativi rispetto ai fantomatici affondamenti preventivi dei barconi. Gli affari dei trafficanti, che si dichiara di voler colpire virtualmente, subirebbero un vero e proprio crollo. A fuggire non sono solo coloro che hanno affrontato il viaggio dai paesi dell’Africa Sub-sahariana e del Corno D’Africa, ma anche cittadini del Bangladesh, persino del Suriname, che in Libia lavoravano prima che il caos divenisse totale. Si deve andare via, insomma, ora e subito. 

In questo quadro è sciocco e ipocrita individuare nei trafficanti la causa principale dei disastri annunciati. I trafficanti sono una “causa occasionale”, determinante è quella dei conflitti ormai diffusi e incontrollati, per cui non si cercano reali soluzioni. Ma si può fare anche un’altra scelta, più drastica. I paesi europei rinuncino ad applicare i principi cardine della Convenzione di Ginevra in materia di asilo, tolgano la propria ratifica a uno dei documenti più alti – anche se da rivedere – prodotti dalle diplomazie mondiali. Sarebbe un atto di coerenza, certamente meno ipocrita delle troppe lacrime di coccodrillo e del blaterare inutile dei talk show o dei parlamenti, ormai troppo simili tra loro. Poi scafisti senza scrupoli - l'Italia ne ha arrestati 976 negli ultimi mesi, ha sottolineato il premier Renzi - avevano portato a termine al di là del Mediterraneo l'ennesimo "affare", raccogliendo tra i disperati il denaro preteso per la traversata del Canale di Sicilia e avevano riempito di migranti il barcone oltre ogni ragionevole limite. Molti erano stati chiusi nella stiva ed i portelloni, secondo la testimonianza di un sopravvissuto, erano stati bloccati alla partenza. Su ciò tenterà di fare luce l'inchiesta aperta dalla Procura di Catania. Ieri, sabato, l'organizzazione che gestisce la tratta ha dato il via libera alla partenza verso l'Italia con un copione anche questo già conosciuto. Il barcone partito dall'Egitto ha caricato i migranti da un porto della Libia, vicino alla città di Zuara. Era quasi sera, infatti, quando al Centro Nazionale Soccorso della Guardia Costiera è arrivata una telefonata da un satellitare Thuraya. "Siamo in navigazione, aiutateci", ha detto un uomo - forse complice degli scafisti - con tono di voce neanche concitato. Una telefonata simile a tante arrivate nelle ultime due settimana da barconi e gommoni carichi di migranti. 

Quasi un invito affinché le navi italiane raggiungessero il barcone per consentire ai "passeggeri" - così tanti da riempire ogni spazio del barcone - di completare la traversata verso le coste italiane. Tra gli squallidi e criminosi speculatori c'è chi considera questa ignobile tratta umana una sorta di miniera d'oro dove il fiume di profitti superi di gran lunga quello degli stupefacenti. Si indaga sulle telefonate di soccorso lanciate dai barconi in procinto di affondare nelle acque del Canale di Sicilia, ma nessuno si preoccupa delle violenze subite dai migranti nelle operazioni di trasbordo sulle unità italo-libiche, e tanto meno dei casi di omissione di soccorso che tempi di permanenza così lunghi in mare aperto dovrebbero fare ipotizzare. E non si hanno più notizie delle indagini aperte dalle Procure di Agrigento e di Siracusa dopo i respingimenti collettivi verso la Libia, praticati lo scorso anno, dal 6 maggio in poi, dalla Guardia di Finanza. 

Certo ogni occasione è quella giusta per sviluppare ogni opportuna istintività al crimine in assenza di una degna macchina organizzativa che articoli e coordini con perfetto tempismo e sapiente sensibilità la collocazione di questi esseri in cerca di un minimo ed umano indirizzo di civiltà e benessere.





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