Lavello (Pz). Fenice-EDF-Rendine: aspettiamo che finisca in tragedia? Lo chiede il Presidente del Comitato Diritto alla Salute
LAVELLO (PZ), 23 GIU. - Un problema vecchio come il tempo se rapportiamo gli anni cui molti cittadini si battono per la loro salute e le istituzioni non intervengono adeguatamente. Il caso del termodistruttore Fenice-EDF (così mi piace definirlo, e non è un caso poiché ho vissuto in prima persona e sulla pelle di molti miei amici gli effetti di quel mostro…), costruito e attivo da oltre 20 anni nella zona Industriale di San Nicola di Melfi (Pz), è al centro di polemiche di molti residenti in terra Lucana. Non solo, poiché l’attenzione è arrivata finanche in Capitanata, in quanto parte dei territori confinanti sono pugliesi, specie quelli sul versante ofantino. Tutti sappiamo –lo dicono quelle poche carte che siamo riusciti a ottenere attraverso l’ARPAB e dal suo sito web, che ricordo è pubblico- che quell’impianto ha delle lacune, specie per i pozzi piezometrici. Negli anni precedenti alcuni pozzi furono al centro di polemiche per l’elevata presenza di metalli pesanti, di molto oltre i valori consentiti.
Dal sito istituzionale dell’ARPAB (http://www.arpab.it/fenice/) si legge che:
“La Giunta Regionale di Basilicata con la delibera n° 2584 del 3 Novembre 1999 ha approvato il “Piano di monitoraggio ambientale del melfese“ che è stato redatto secondo le prescrizioni del DEC VIA 1790/93 emanato dal Ministero dell’Ambiente dove veniva espresso parere positivo alla domanda di pronuncia di compatibilità ambientale concernente il progetto di “Piattaforma di termodistruzione di rifiuti industriali con recupero di energia” da realizzarsi nell’area industriale di San Nicola di Melfi, presentato dalla società Fenice nel 1992. Per adempiere puntualmente alle prescrizioni del piano di monitoraggio ambientale del melfese, la Giunta Regionale di Basilicata, con propria deliberazione n° 304/2002, ha provveduto a trasferire all’ARPAB la proprietà della rete di monitoraggio della qualità dell’aria del melfese e la competenza delle relative indagini sulle matrici ambientali. In data 14 marzo 2003, con sottoscrizione di specifico protocollo d’intesa tra il Dipartimento Ambiente e Territorio della Regione Basilicata e l’ARPAB si è data operatività alle attività previste dal piano di monitoraggio del melfese. Dall’attuazione del piano di monitoraggio del Melfese si può evidenziare che sono stati registrati superamenti nelle acque sotterranee per mezzo della rete di piezometri esistenti nell’area dell’impianto FENICE. I superamenti dei valori di Concentrazione Soglia di Contaminazione (CSC) stabiliti dalla tabella 2 dell’allegato 5 alla parte IV del D.Lgs. 152/06 hanno riguardato diversi parametri. Il perdurare della situazione di contaminazione delle acque sotterranee nell’area dell’impianto, ha indotto l’ARPAB, in data 3 marzo 2009, ad effettuare comunicazione ai sensi dall’art. 244 del D.Lgs. 152/06. Dopo la comunicazione della contaminazione sono seguite diverse conferenze di servizio. Il superamento dei valori soglia di contaminazione delle acque sotterranee ha mostrato l’inadeguatezza del piano di monitoraggio del melfese. Per questo motivo la Giunta Regionale di Basilicata, con propria deliberazione n° 2263 del 29/12/2010 (revocata dalla deliberazione n° 1856 del 28/12/2012), ha ammesso a finanziamento un ulteriore studio delle emissioni dell’impianto FENICE, affidandone all’ARPAB il compito.”
Oggi il problema permane, ma se ne aggiunge un altro che, secondo il Presidente del Comitato Diritto alla Salute, con sede a Lavello (PZ), è interno all’impianto, affermando che «Non è accettabile che la Regione avalli una situazione pericolosa come quella denunciata dai lavoratori solo perché si è incapaci di smaltire i rifiuti solidi urbani delle città di Potenza e Matera».
Di seguito riporto integralmente e fedelmente le dichiarazioni del Presidente del Comitato Diritto alla Salute, inviate oggi, 23 giugno 2015, a molte redazioni giornalistiche.
«Il servizio del TGR Basilicata sullo sciopero dei lavoratori FENICE-EDF-RENDINA, andato in onda oggi, ha drammaticamente evidenziato ancora una volta i problemi di sicurezza interna all'inceneritore ed il vergognoso immobilismo delle Istituzioni.
Cosa aspettano le Istituzioni di questa regione ad intervenire in modo fermo e definitivo sulla questione inceneritore Fenice di San Nicola di Melfi?
Come si fa a rimanere ancora indifferenti alle tante, troppe, denunce DOCUMENTATE degli stessi lavoratori sui problemi di sicurezza interna all'impianto?
Come ha potuto la Regione rilasciare oltre un anno fa l'Autorizzazione Integrata Ambientale senza avere – a tutt'oggi – la certezza che siano rispettate le prescrizioni imposte?
Perché non viene commissariato?
Davvero dobbiamo aspettare che accada il peggio affinché qualcuno intervenga?
Non è accettabile che la Regione avalli una situazione pericolosa come quella denunciata dai lavoratori solo perché si è incapaci di smaltire i rifiuti solidi urbani delle città di Potenza e Matera.
Si preoccupi il Presidente Pittella, che dice di amare così tanto la sua terra, di bloccare definitivamente lo scempio ambientale che si sta consumando da oltre 15 anni nell'area di San Nicola di Melfi. La stessa area dove oggi affluiscono centinaia di giovani lavoratori.
Si preoccupi, Presidente, di ricollocare i lavoratori Fenice e soprattutto abbia il coraggio di imporre alle comunità che ancora non lo fanno, il rispetto delle normative sulla corretta gestione dei rifiuti».
Ad Maiora!
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