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Cultura. Il Parco della Grancìa, tra storia, cultura e volontariato

Una immagine della rappresentazione. (foto M.C.) ndr.

di Maria Caravella 

BARI, 22 SETT. -  Ancora una volta, il lavoro volontario di uomini e donne supporta con successo la divulgazione di una storia e di una cultura altrimenti destinata all’oblio. Per i tanti che lo ignorano, “La Grancìa” è il primo parco storico rurale d'Italia: si sviluppa su una superficie di 50 ettari alle spalle di Brindisi Montagna, borgo storico della Basilicata. In questo seducente contesto, in estate, si rievocano quei fatti storici che hanno profondamente segnato l'identità del popolo lucano e dell'Italia intera. All'interno del Parco si snodano itinerari che celebrano lo spirito dell’epoca con diverse attrazioni, spettacoli ed eventi. Un grande affresco storico che introduce i visitatori in un’esperienza unica, permettendo loro di rivivere usanze, sapori e mitologie del passato, facendoli sentire protagonisti di un mondo leggendario. E all'imbrunire un sentiero che costeggia il bosco conduce in un ampio anfiteatro all'aperto, dove va in scena il più grande spettacolo multimediale di teatro popolare d'Italia: il cinespettacolo “La storia bandita”, che ripercorre le vicende del generale dei briganti lucani Carmine Crocco. Gerardo Libonati, presidente dell’associazione “Spazio Grancìa”, Carmelina Iannielli, direttrice artistica e coreografa, e Francesco D’Atena, assistente alla regia, spiegano ai lettori de La Gazzetta Meridionale i dettagli dell’evento. 

Quando e come nasce l'idea di questo parco? 

 Francesco D’Atena: l’idea del parco nasce nel 1997 a cura di Giampiero Perri, attuale presidente dell'Apt Basilicata, sulla falsariga di un progetto simile esistente in Francia, in Vandea. Perri, con il suo staff dell'epoca, decise di puntare su un progetto che facesse della cultura un volano economico per il territorio. 

Quali i riscontri? 

Francesco D’Atena: Positivi. Proprio per la caratteristica di questo luogo, che non aveva un vero e proprio attrattore culturale o turistico, abbiamo ottenuto negli ultimi quindici anni oltre centomila presenze. 

Il legame tra questa esperienza e la storia del Brigantaggio?

Francesco D’Atena: La storia del Brigantaggio è la nostra storia. È la storia che noi andiamo a raccontare come coscienza popolare e coscienza umana . Se non ci fosse stato questo periodo storico pieno di luci e di ombre, il parco della Grancìa non sarebbe quello che è oggi. 

Cosa volete dire all’uomo contemporaneo? 

Francesco D’Atena: Intendiamo ricordare la storia, ricordare da dove proviene, il suo passato, perché attraverso il passato è possibile comprendere il presente e migliorare il futuro. Non conoscere la propria storia significa andare zoppi per il mondo. 

Che ruolo potrebbe avere Carmine Crocco oggi? Avrebbe ancora ragione di esistere? 

Carmelina Iannielli: Da allora non è cambiato niente. Penso che Crocco oggi avrebbe un ruolo importante, anche a livello nazionale per come stanno andando le cose. 

I vostri spettatori sono a conoscenza della vera storia del nostro Meridione?

Francesco D’Atena: Penso che nella maggior parte dei casi non ne siano pienamente a conoscenza. Si tratta di un’ignoranza di fondo intorno a quel periodo e alle relative vicissitudini. La storia del Brigantaggio, in genere, sui libri di storia è liquidata in poche pagine e narrata come un movimento di banditi. 

Il solito discorso della storia scritta dai vincitori e non dai vinti? 

Francesco D’Atena: Sicuramente è quello che troviamo nei libri di storia. Ma, come il Brigantaggio, ci sono tanti altri movimenti nel mondo che sono stati liquidati in poche parole per questioni politiche. 

Come si finanzia questo Parco? 

Francesco D’Atena: Il Parco ha due fonti di finanziamento: un sostegno pubblico riconosciuto dalla Regione Basilicata, che copre una parte dei costi del Parco e del cinespettacolo; e poi, come nella migliore tradizione del Teatro, dai biglietti venduti e quindi dagli spettatori. 

Com’è nata l’idea di questa originalissima coreografia del cinespettacolo? 

Carmelina Iannielli: Nasce soprattutto dall’opera di non professionisti. Le coreografie da me studiate hanno dell'antropologico: non si tratta solo di una rappresentazione esteriore ma soprattutto interiore, che studia l'uomo e le sue emozioni, il suo modo di essere e soprattutto l'uomo meridionale. Nelle mie coreografie e nei movimenti scenici si racconta un popolo che ha vissuto e vive tutt'ora . C'è un'interazione tra danze popolari e danze orientali: nella preparazione, ad esempio, ho utilizzato molto l’Aikido e tutte quelle discipline orientali capaci di sprigionare forza interiore. Se non c'è forza interiore nessun movimento ha valore a livello scenico. 

E qual è la forza che contraddistingue il popolo meridionale? 

Carmelina Iannielli: La fierezza. Noi siamo fieri ed orgogliosi di essere meridionali e non ce lo dimentichiamo mai. Nel caso dello spettacolo, una forza che viene dai volontari: ne abbiamo oltre 400, anche se in scena ne vanno solo tra i 150 e i 170, per motivi tecnici. Sono tutti animati unicamente dall’amore per il proprio popolo e per la propria terra. Vogliono raccontare la propria storia e sono i primi ad emozionarsi e a trasmettere questa emozione al pubblico. E’ proprio questa la fondamentale bellezza del cinespettacolo. Il mio lavoro, pertanto, è stato sostanzialmente quello di coordinare e far rivivere queste emozioni. 

Obiettivi per il futuro del Parco? 

Gerardo Libonati: Fino ad ora ci sono stati solo affidamenti annuali. Dal 2016 speriamo in un affidamento pluriennale (magari due più due), in modo da pianificare meglio la programmazione. Vorremmo dedicarci a nuovi settori, come i villaggi turistici, per ampliare le prospettive sfruttando anche i flussi turistici di Matera 2019 e puntando anche sull’afflusso degli stranieri.





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