Cronaca. Dalla Svizzera disco rosso: non tornano in Italia i soldi dei Riva per risanare l'ambiente a Taranto
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Restano in Svizzera i soldi della famiglia Riva |
Daniele Lo Cascio
TARANTO, 26 NOV. - Il Tribunale Federale di Bellinzona, in Svizzera, ha respinto la richiesta di rientro dei capitali dei fratelli Riva avanzata dalla Magistratura italiana. Si tratta di 1,2 miliardi di euro che dovevano essere utilizzati per il risanamento ambientale e il rilancio dell’Ilva di Taranto. Il patrimonio era stato sequestrato nel maggio del 2013 in una delle inchieste che vedevano i fratelli Emilio (morto l'anno scorso) e Adriano Riva accusati di truffa ai danni dello Stato e trasferimento fittizio di beni.
I giudici elvetici hanno argomentato che “l’origine delittuosa dei valori patrimoniali è probabile ma non manifesta, cosicché una restituzione anticipata all’Italia è esclusa”. Inoltre, dal momento che la legge "Salva Ilva" prevede il loro impiego per la sottoscrizione di obbligazioni da parte dell'azienda di Taranto, considera che i “beni patrimoniali sarebbero così sostituiti da titoli che non sarebbero equivalenti ma probabilmente spogliati di tutto il loro valore o con un valore ampiamente inferiore”.
La decisione del Tribunale Federale giunge sulla base di un ricorso presentato da due figlie di Emilio Riva. Di fatto questa pronuncia blocca l’esecuzione di importanti opere di risanamento ambientale necessarie per la conformità all’Autorizzazione integrata ambientale (Aia). L’ordinanza del gip milanese Fabrizio D'Arcangelo, che aveva individuato in quel miliardo e 172 milioni di euro una buona risorsa per il risanamento, era stata inoltrata dalla Procura di Milano a quella di Zurigo, che a sua volta aveva dato il suo benestare al rientro del denaro in Italia e aveva notificato il provvedimento alla banca Ubs di Lugano, dove la somma tutt’ora si trova.
Adesso solamente la Procura di Zurigo potrà fare ricorso entro 10 giorni contro la decisione del Tribunale Federale di Bellinzona. Una decisione amara per i tarantini che vedono ogni giorno di più frustrate le loro speranze di convivere con un’industria ecosostenibile.
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