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Società. Da gennaio attivo in Puglia lo screening della fibrosi cistica

La festa per i 30 anni della Lifc di Puglia
BARI, 9 NOV. – Dal prossimo mese di gennaio, nell’ospedale “Giovanni XXIII” sarà attivo un “Centro screening” sulla fibrosi cistica. Lo ha annunciato il direttore generale del Policlinico di Bari, Vitangelo Dattoli, in occasione della cerimonia per festeggiare i 30 anni di attività della sezione pugliese della Lega italiana Fibrosi cistica onlus. «L’associazione – ha dichiarato Dattoli – festeggia il trentesimo compleanno proprio nel momento in cui viene varato il “Centro Screening” dell’ospedale “Giovanni XXIII”. Questo vuol dire che i bambini che nasceranno a partire da gennaio prossimo saranno sottoposti allo screening della fibrosi cistica e delle malattie metaboliche. La delibera istitutiva del servizio è stata appena firmata e sono molto felice di poterlo annunciare proprio qui e in questa lieta circostanza». Comprensibili entusiasmo e commozione di Giuseppe Ardillo, presidente dell’associazione: «Sono molto soddisfatto e non solo perché celebriamo a Bari i 30 anni della nostra attività, ma soprattutto perché confrontarsi su una patologia non sempre tenuta in debita considerazione è sempre un gran risultato. Oggi è un gran giorno, perché possiamo annunciare ufficialmente l’attivazione dello screening neonatale. E’ la notizia che aspettavamo da tempo: l’obiettivo è raggiunto e per questo ringrazio Vitangelo Dattoli, direttore generale del Policlinico di Bari, centro di riferimento regionale per la prevenzione e la cura della fibrosi cistica». La cerimonia per celebrare l’importante anniversario dell’associazione ha assunto, con l’annuncio, una connotazione ancora più solenne, ed è stata ulteriormente impreziosita dall’intervento di Maria Pia Garavaglia, ministro della Sanità all’epoca dell’approvazione della legge 548 che regola lo screening neonatale della malattia: «Allora la fibrosi cistica era considerata malattia rara, più di quanto lo sia adesso. C’erano meno farmaci a disposizione e meno servizi distribuiti sul territorio. La legge fu una vera conquista. Oggi, però, la 548 vige in un sistema che prevede i cosiddetti “Livelli essenziali di assistenza” (Lea) e sarebbe un grave errore dover inserire i servizi a favore dei malati di fibrosi cistica in quei parametri, perché tutti i Lea valgono “anche” per le persone colpite da quella patologia». Più di taglio scientifico l’intervento di Gianni Mastella, direttore scientifico della Fondazione per la ricerca sulla Fibrosi cistica. «La diagnosi della malattia sin dai primi giorni di vita del bambino- ha sottolineato Mastella – consente di iniziare le cure specifiche e dare un decorso alla malattia decisamente migliore rispetto a una diagnosi che arriva dopo anni e permette ai parenti di decidere come regolarsi di fronte all’eventuale desiderio di mettere al mondo altri figli. Lo screening neonatale, infine, consente una migliore gestione dei costi economici del malato e previene i non trascurabili costi psicologici del soggetto che scopre tardi la patologia». (C. St.)







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