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Cultura. Allo scientifico Marconi “Cinestoria” chiude con “L’industriale”

Il Liceo scientifico Marconi di Foggia (foto) ndr.
di Redazione di Foggia

FOGGIA, 24 MAR. - Giunto al capolinea il progetto del Dipartimento di Storia e Filosofia del Liceo Marconi di Foggia.

Il progetto Cinestoria, ideato dai docenti Mauro Paolini e Francesco Torbidoni del dipartimento di Storia e Filosofia del Liceo Marconi di Foggia, diretto dalla prof.ssa Antonietta Pistone, ha chiuso ufficialmente i battenti il 22 Marzo, in prossimità delle vacanze pasquali, con la proiezione del film “L’industriale” di Giuliano Montaldo. Il film è una produzione del 2011, distribuita nelle sale cinematografiche nel 2012. 

La trama, ambientata in una Torino piovigginosa e cupa anche nei colori freddi della fotografia, narra dell’ingegnere quarantenne Nicola Ranieri (Pierfrancesco Favino), proprietario di una fabbrica in piena crisi economica e sull’orlo del fallimento. Il dramma finanziario si lega nella narrazione alle problematiche familiari ed affettive di una coppia che rischia di perdersi dietro alle ristrettezze della congiuntura. Nicola, infatti, sente di essere trascurato da sua moglie Laura (Carolina Crescentini), di cui rifiuta, però, il sostegno economico, che la benestante suocera sarebbe disposta a garantirgli, pur di salvare l’azienda. Comincia, così, a sospettare di essere tradito, quando vede la donna in compagnia del suo garagista rumeno. Nel tentativo di salvare tutto, fabbrica e affetti, Nicola prova a corrompere l’immigrato, offrendogli del denaro purché lasci perdere la moglie. Ma il rumeno rifiuta la generosa offerta e tra i due scoppia una lite, che per una fatale caduta si conclude con la morte dell’immigrato, il cui cadavere viene poi gettato nel fiume dallo stesso Nicola. Ma l’omicidio viene scoperto dalla moglie e, perciò, a nulla valgono i tentativi di riemergere dal baratro della recessione, passando sul cadavere dell’anello più debole della catena. 

I temi affrontati dalla pellicola sono molto interessanti per la loro attualità. La crisi economica non è ancora un lontano ricordo. Viviamo immersi nei suoi effetti negativi, che si sono, poi, concretizzati in perdita di posti di lavoro, in tagli ai servizi pubblici, in chiusura di fabbriche ed aziende private, in licenziamenti. Molti imprenditori hanno pagato di persona, col suicidio, la disperante condizione del fallimento o della chiusura. Ed anche gli affetti ne hanno fatto pesantemente le spese. Le crisi coniugali si sono moltiplicate e tante famiglie si sono disgregate sotto i duri colpi della mannaia dell’euro e delle nuove regole imposte dall’Unione Europea. La globalizzazione è sullo sfondo, ma è, al contempo, il filo rosso della trama, con gli effetti della delocalizzazione delle imprese, che tentano il tutto per tutto pur di evitare di scomparire. 

Se tali dinamiche sembrano dare ragione a Marx, quando prevedeva che il sistema economico capitalistico sarebbe imploso su se stesso, ciò non significa che l’unica via di salvezza sia un’improbabile quanto semplicistica uscita dall’euro. Esistono anche altre ipotesi praticabili, come la ricerca di modelli economici alternativi al capitalismo occidentale, tra i quali quello della “decrescita”, proposto da Serge Latouche, rappresenta un’auspicabile rimedio all’irrazionalità del meccanismo della produzione illimitata di merci e di profitti, alimentato dal consumismo.

Le strade sono tante, resta da capire se l’Occidente crede veramente alle alternative ancora prospettabili.





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