Inchieste. Operazione “Malebolge” della GdF: non si esclude complicità della mafia locale
La GdF all'Inps di Foggia (foto GdF) ndr. |
di Nico Baratta - Redazione di Foggia
FOGGIA, 10 MAR. - Assunzioni in nero, documenti falsi, nazionalità falsificata, sono alcuni dei reati contestati dalla Guardia di Finanza a chi ieri si è visto indossare le manette ai polsi. L’Operazione Malebolge tuttavia ha diverse tranche e tra queste si presume il coinvolgimento di esponenti mafiosi locali con il preciso compito di controllare il traffico umano, il denaro incassato e porre soluzioni laddove vi fossero controversie sulla loro modalità truffaldina di documentare l’immigrato. Stando a quanto finora emerso, gli agenti delle Fiamme Gialle avrebbero rinvenuto un tariffario per regolare la posizione degli immigrati clandestini. Nel dettaglio le somme sborsate dagli immigrati, perlopiù marocchini, egiziani e qualche cinese, erano di 5000 euro pro-capite, dove 1800 euro come anticipo della contribuzione, 200 euro per il rilascio del codice sanitario, 2000 euro per la falsa assunzione poi versata alla società che solo sulla carta assumeva lo straniero, società che in realtà non esisteva e 1000 euro per la tassa di emersione. Somme versate da 157 immigrati clandestini a noti esponenti della mafia locale che avrebbero favorito la loro permanenza in Italia con un collocamento falsamente regolare e un permesso di soggiorno artefatto. Lo scopo era quello di incassare denaro per favorire i traffici della mala locale. Insomma un sodalizio che provvedeva alla regolarizzazione della posizione di immigrati clandestini con rilascio di permessi di soggiorno ai sensi del D.Lgs. 109/2012 e al rinnovo di permessi di soggiorno, ove già presenti sul territorio nazionale. Il tutto grazie anche a certificati medici falsi per attestare la presenza sul territorio nazionale di cittadini extracomunitari prima del 31 dicembre 2011, così da avere accesso alla procedura di “emersione” prevista dal D.L. 109/2012.
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