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Mattarella, evitiamo che l'Italia entri nell'età dell'ansia

Sergio Mattarella. (foto Agi) ndr.

di Redazione

ROMA, 28 LUG. (AGI) - Il Capo dello Stato e l'allarme per "il demone della violenza che si e' di nuovo diffuso in Europa". Le "comunita' islamiche chiamate ad aiutarci". Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, lancia un appello, dalle colonne de 'La Repubblica', affinche' non si entri "in una nuova eta' dell'ansia". Questo tempo che stiamo vivendo, non molti giorni fa Padre Jacques Hamel, trucidato nella sua chiesa di St. Etienne-du-Rouvray, l'aveva definito "un tempo per essere rispettosi degli altri, chiunque essi siano". Parole che sottolineano, meglio di qualunque altra cosa, l'enormita' del crimine. In queste ultime settimane abbiamo attraversato eventi tristi per il nostro Paese. Dalla strage di Dacca alla sciagura ferroviaria in Puglia, alla strage di Nizza: tanti nostri concittadini hanno perso la vita o sono ancora alle prese con le conseguenze di quegli eventi. Si aggiunge a tutto questo ancora l'attesa di giustizia per la barbara uccisione di Giulio Regeni. E il pensiero corre anche ad altri luoghi (...). Per concentrare la nostra attenzione sull'Europa siamo costretti a ripercorrere un itinerario di crimini che va da Utoya a Charlie Hebdo, dal Bataclan al pilota tedesco suicida con centocinquanta vittime, dall'aeroporto di Bruxelles all'assassinio della deputata inglese Jo Cox, dalla strage di Nizza a quella di Monaco e ancora, ad Ansbach, a Saint-Etienne-du-Rouvray. Non vi e' soltanto l'assalto, feroce, del terrorismo. Questa stagione sembra dare spazio a ogni tipo di violenza, sembra favorire il propagarsi anche di germi endogeni rimasti a lungo nascosti, sotto controllo, nelle nostre societa' e che, all'improvviso, esplodono. Ne' possiamo dimenticare che gli assassini di Parigi e di Bruxelles (e, ancora ieri, a St. Etienne-du-Rouvray) erano nati e cresciuti in Paesi europei. La diversita' delle cause di stragi e crimini accresce l'allarme. Sembra davvero che il demone della violenza si sia nuovamente diffuso in Europa (...) Naturalmente l'allarme piu' alto e' - come e' giusto - per la violenza che nasce dalla propaganda terroristica di ispirazione islamista. Si tratta, oltreche' del fenomeno piu' evidente, frequente, efferato, della minaccia piu' grave e dell'emergenza piu' importante per l'intera comunita' internazionale. Ma non vi e', ripeto, soltanto questa violenza, gravissima e allarmante. Occorre capire da dove scaturiscono, e perche', tante manifestazioni di violenza che fanno irruzione nella vita quotidiana. La violenza e' tornata a diffondersi in Europa attraverso strade differenti. Di fronte a un fenomeno cosi' diversificato e complesso occorre trovare la capacita' di analizzarlo nella sua completezza (...) respingendone il proposito criminale di utilizzare la religione per scatenare un conflitto globale. Anche in questo occorre la collaborazione attiva delle comunita' religiose d'Europa, particolarmente di quelle islamiche. Si rischia di entrare in una nuova eta' dell'ansia". Non si puo' ignorare o condannare la paura: e' un sentimento che va rispettato. Anche il bisogno di sicurezza fa parte della dimensione civica. Occorre rispondervi con grande serieta'. Nel mio discorso di insediamento mi sono permesso di dire che lo Stato deve saper assicurare il diritto dei cittadini a una vita serena e libera dalla paura. Quel che dobbiamo impedire e' che la paura ci vinca. Non possiamo consentire che il nostro Paese, che l'intera Europa, entri nell'eta' dell'ansia. Questo dovrebbe essere, e deve essere, invece, il tempo della responsabilita'. E la responsabilita' richiede impegni comuni al di sopra delle divisioni. Sul piano continentale e su quello interno. Il nostro Paese ha questa vocazione e attitudine sul piano europeo; e, sul piano interno, dispone di ampie risorse di solidarieta', risorse che vanno valorizzate e assecondate (...) Penso - per fare un solo esempio - alle file di persone che si sono viste negli ospedali pugliesi per donare il sangue ai feriti della sciagura ferroviaria. Quelle tante, ammirevoli, persone si sono sentite responsabili rispetto alla sorte dei feriti. Per uscire per un momento dai confini d'Europa, credo che tutti rammentiamo lo straordinario esempio del giovane studente bengalese, Faraaz Hossein, musulmano, che, a Dacca, ha rifiutato la possibilita', offertagli, di lasciare il ristorante preda dei terroristi e ha preferito restare con le sue colleghe, morendo per difenderle (...) Talvolta - aggiunge nel suo discorso Mattarella - i media cedono alla tentazione di voler spiegare in tempo reale gli avvenimenti, in luogo di narrarli, cercando nello smarrimento della gente, nei frammenti di immagine, in testimonianze, rese talvolta sotto choc, conclusioni destinate sovente a rivelarsi fallaci alla luce dei fatti. Non puo' valere in questo caso il detto "the show must go on", perche' non si tratta di spettacolo bensi' della vita e del futuro delle persone. Sotto altro profilo, il sacrosanto e irrinunziabile diritto di cronaca e il dovere di informare - anch'esso sacrosanto e irrinunziabile - non sono e non possono essere, naturalmente, posti in discussione. Forse sarebbe opportuno, peraltro, ricercare il punto di equilibrio con l'esigenza di evitare che la ripetitivita' fuor di misura di immagini di violenza possa provocare comportamenti emulativi. Quegli stessi comportamenti che il web, pur tra tanti benefici, talvolta sembra suggerire, offrendo una platea sterminata ai predicatori di odio. .





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