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Caso Moro. Approvata la relazione con sconvolgenti verità. Ce ne parla Gero Grassi

Il corpo del Pres. Moro nella R4 (foto Paolo Cucchiarelli-ANSA) ndr.

di Nico Baratta

FOGGIA, 24 DIC. - Omissioni della magistratura, complicità politiche e distrazioni giornalistiche, partecipazioni delle forze dell'ordine spesso edulcorate da indagini pilotate da forze esterne ed oltre confine, sono solo una parte degli ingredienti che fino a oggi hanno costituito la farraginosa  indagine sulla morte del fu Presidente Aldo Moro. È giusto ricordare che Moro fu uno dei padri costituenti della nostra Costituzione Italiana. E fu proprio lui che volle inserire nella prima parte della Costituzione gli articoli inerenti ai riconoscimenti dei diritti alle persone, per renderle libere nel pensiero, nel culto, nello studio e in quello economico, in quello sanitario e culturale. Un diritto che oggi più che mai riconosce l'Italia un paese democratico e che alla luce delle ultime rivelazioni sulla sua morte dev'essere garantito per la verità, quella di come si sono davvero svolti i fatti che hanno purtroppo cagionato la morte di Moro. Come afferma giustamente l'Onorevole Gero Grassi, Vicepresidente del gruppo PD alla Camera dei Deputati e parte importantissima, nonché fondatore, della Commissione parlamentare sul Caso Moro, «Il Caso Moro non è il passato, è il futuro della libertà, della democrazia, della serenità, della sicurezza degli italiani». Libertà, si proprio quello, un sostantivo spesso utilizzato in modo improprio e abusato da chi lo vorrebbe manipolare per fini propri. Ma la libertà non si compra, anche se tutto ha un prezzo, perché è personale e ognuno se la gestisce come vuole. Libertà è anche verità, e poi giustizia. Il Caso Moro, seppur dopo circa quarant’anni, non ha ancora ottenuto giustizia poiché fino a ora è mancata la verità, perciò la libertà di dir le cose. E proprio in questo ambito che lavora la Commissione parlamentar, che da oltre due anni di indagini è riuscita a riscrivere la storia sul rapimento e poi omicidio dello statista. E con essa anche una parte della storia d’Italia. Difatti la settimana scorsa, in piena notte, la suddetta Commissione ha approvata la relazione sul caso. Ne hanno parlato i più importanti media internazionali. Noi pubblichiamo integralmente una consistente nota rilasciata direttamente dall’On. Gero Grassi.

NUOVO COVO BR IN ZONA BALDUINA
E’ certo che nell’area della Balduina, a Roma, c’era un covo mai scoperto delle Brigate Rosse, dove Moro è tenuto subito dopo il rapimento. Il racconto della fuga da via Fani, contenuto nel memoriale Morucci-Faranda, scritto dal vicedirettore del ‘Popolo’ Cavedon, è demolito ulteriormente a riprova che nel Memoriale c’è l’accordo tra brigatisti e pezzi infami dello Stato.
Il 17 marzo 1978 una fonte riservata della Guardia di Finanza segnala il covo e la zona. Le indagini non arrivano a nulla, ma sono fatte con molta superficialità. Di questo covo ne parlano Mino Pecorelli e Pietro Di Donato. Il covo trovasi in via Massimi, collegata a via Licinio Calvo dove, il giorno del rapimento e i due successivi, sono rintracciate le tre auto brigatiste che non sono portate lì da zona distante, ma fuoriescono da un garage di via Licinio Calvo. Molti atti di queste scoperte sono coperti dal segreto istruttorio e sono stati inviati alla Procura della Repubblica di Roma.
Le palazzine in questione registrano la presenza abitativa, durante i 55 giorni, di persone legate all’area politica che effettua il rapimento, una presenza terrorista straniera confermata da testimoni, la presenza di una nota brigatista e di esponenti dell’Autonomia Operaia. Queste presenze convivono in una palazzina dove pure risiedono alcune società americane e altissimi prelati del Vaticano. L’intero stabile è di proprietà dello IOR, il cui amministratore e Mennini, segretario del cardinale Marcinkus.
La Fiat 132 sulla quale è fatto salire Moro dopo via Fani evidenziano infiorescenze arboree presenti nella zona delle palazzine.

I BRIGATISTI MORUCCI E FARANDA SI CONSEGNANO ALLA POLIZIA
I brigatisti Morucci e Faranda il 29 maggio 1979 non sono arrestati. Si consegnano alla Polizia per contrasti all’interno delle BR e per paura di essere uccisi da Moretti, come dice Pace. Il maresciallo Nicola Mainardi della squadra Mobile di Roma spiega che il covo di via Giulio Cesare è rintracciato grazie a due confidenti che gestiscono l’autosalone AutoCia, Dario Bozzetti e Olindo Andreini, già implicati in vicende criminali e legati alla banda della Magliana. Morucci è amico dei due dall’infanzia e con la Faranda acquista diverse auto dall’AutoCia.
Altra curiosità: il prof. Giorgio Conforto, padre di Giuliana, titolare della abitazione dove sono arrestati Morucci e Faranda, già agente dell’Ovra fascista, è agente del KGB, ma opera anche per la CIA ed il SISMI, servizio segreto militare italiano. La prof. Giuliana, che a casa sua ospita i due brigatisti Morucci e Faranda, esce indenne dalla vicenda giudiziaria dopo soli due mesi di carcere.

LE TRATTATTIVE DEI PALESTINESI
I palestinesi trattano per la liberazione di Moro. Lo vuole Arafat che utilizza la RAF tedesca. La trattativa fallisce per le divisioni dei palestinesi. vince la linea dei gruppi oltranzisti palestinesi e brigatisti a loro legati. Moro sa tutto questo e il 28 e 29 aprile 1978 scrive all’on. Erminio Pennacchini, Presidente del Comitato di Controllo sui Servizi. Parla di “scambio dei prigionieri”. Il colonnello Stefano Giovannone, capo dei nostri Servizi a Beirut, sin dal 18 febbraio 1978 ha avvisato i Servizi ITALIANI di grande possibile operazione terroristica in Italia. Ma a questa notizia non segue nulla di concreto. Il sostituto Procuratore Gianfranco Armati racconta di aver firmato i mandati di arresto per Giovannone e Habbash, rei di aver fatto uccidere nel 1980 i due giornalisti italiani Graziella De Palo ed Italo Toni che hanno fatto scoperte sensazionali. I mandati non sono convalidati dal Procuratore della Repubblica di Roma.

BAR OLIVETTI DI VIA FANI
Sempre Armati ci racconta che il bar Olivetti, frequentato da persone collegate alla malavita romana, calabrese e siciliana, è l’epicentro del rapimento e che è fatto chiudere appositamente. I bossoli usati in via Fani provengono da un partita di armi italiane vendute all’estero, poi fatte rimpatriare e che trovano nel bar Olivetti di via Fani il punto di riferimento della vendita e del commercio.

LE TRACCE DI SANGUE DEI BRIGATISTI FERITI
Perché i brigatisti omettono di raccontare il ferimento di uno o due di loro? Sulle auto brigatiste (la 132, la Fiat 128 bianca e la Fiat 128 blu) insistono tracce di sangue. Le più evidenti sono sul volante della 128 blu ma è strano, che non ci sono sul cambio e sul freno a mano. C’è sangue anche sul deflettore sinistro, sul vetro e sul rivestimento interno sopra la spalliera anteriore sinistra, come se il conducente ha avuto difficoltà ad accedere all’autovettura per lo spazio esiguo. Tutto ciò rafforza l’idea del parcheggio del mezzo in luogo chiuso, per essere poi portato dopo, in via Licinio Calvo.

LA SCUOLA HYPERION DI PARIGI
Trattasi delle scuola di lingue di Parigi, aperta nel 1976 per iniziativa di Corrado Simioni, Duccio Berio e Vanni Mulinaris ed altri esponenti del cosiddetto ‘Superclan’, nato dopo una scissione delle BR. Particolare curioso il ‘Superclan’ è impegnato nella diffusione, promozione e vendita delle riviste ‘Ordine Pubblico’, ‘Riforma dello Stato’, ‘Nuova riforma della Polizia’, ‘Notiziario Finanze e Tesoro’. Il brigatista Alberto Franceschini nella seduta dello scorso novembre ha detto che ‘Hyperion è stata una camera di compensazione tra i vari servizi’, una sorta di Parlamento dei Servizi e che Mario Moretti è molto di più di una spia.

CONCLUSIONE ATTUALE
Ulteriori novità arriveranno dalle indagini in corso e saranno pesantissime. Pensare che autorevoli esponenti della Magistratura, del giornalismo, del Parlamento, delle Forze dell’Ordine hanno sostenuto per anni pubblicamente che sul caso Moro si sapeva tutto!
Ho proposto la legge istitutiva della Commissione, ho tenuto in tre anni 363 manifestazioni in tutta Italia, ho studiato milioni di pagine ed ascoltato centinaia di persone. Al ‘Potere’, che dice che sul caso Moro si sa tutto, dico pubblicamente ‘Vergogna’. Non ci crede più nessuno. Chi sostiene questo è complice del delitto di abbandono di Aldo Moro, la cui intelligenza, grandezza umana e politica brilla sempre più. Moro è morto da innocente per mano amica. A voi che lo avete ucciso e che continuate a farlo, la condanna morale di aver sacrificato un innocente sull’altare di piccoli interessi di potere. Anche l’Inferno vi respingerà.”






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