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Attualità. Il Re della pasta fresca di Foggia non c’è più. Ciao Armando Mazzocchi

Armando Mazzocchi (foto facebook) ndr.
di Nico Baratta

FOGGIA, 13 MAR. - Una vita dedita al lavoro, proseguendo sulle orme paterne, per far felici non solo palati fini bensì la collettività, sua vera finalità. Armando Mazzocchi, pastaio, da qualche giorno ci ha lasciati. A 86 anni un male incurabile lo ha reso eterno “strappandolo” agli affetti terreni. Di lui rimane il ricordo indelebile, oltre quello familiare, di lavoratore per la sua arte pastaia nota in tutta la città di Foggia e provincia, e credo oltre confini regionali. Non era originario di Foggia. Armando era di Torre Annunziata. 
La sorte volle che Foggia divenisse la sua seconda patria, quella che lo adottò per la sua “mission” di pastaio. Una tradizione di padre in figlio, da quel nonno che gli inculcò l’amore per la pasta fresca conferendogli la responsabilità di farla essiccare. Tutti sappiamo quanto siamo legati alla pasta fatta in casa, a quelle “ricchitell”, al secolo orecchiette, che le nostre nonne impastavano e poi formavano sui candidi tavoloni in legno lasciati giacere per alcune ore al sole dei vicoli foggiani. Ebbene Armando Mazzocchi nel dopoguerra, quando approdò a Foggia, nel più completo scetticismo di molti concittadini, riuscì a convincere i foggiani a comprare fasta fresca prodotta da macchinari artigianali. Una sfida che lo portò a essere famoso nel suo campo e il primo pastaio ad aprire un opificio e un negozio di pasta fresca in Via Manzoni. Molti lo definirono il “Giovanni Rana di Capitanata”. Un accostamento che reputo aggiuntivo in quanto Armando è Armando. Difatti se analizziamo bene la sua vita e i suoi trascorsi Armando qui a Foggia fu unico nel suo genere, poiché riuscì a coniugare la tradizione al gusto locale, i sapori e profumi della pasta con quelli locali, di quei vicoli che impregnavano che storicamente erano l’essenza della pasta fatta in casa. 
E lo fece rispettando nei dettagli le forme pastaie che le nostre nonne hanno voluto conferire a ciò che noi oggi comperiamo nel laboratorio della famiglia Mazzocchi. Armando viaggiò molto acquisendo tecniche e imparando come gestire macchinari artigianali per l’arte pastaia. Proprio questo suo continuo mettersi in gioco, il suo saper assorbire tradizioni, ha sortito quello che oggi sono i prodotti che il suo laboratorio produce; dai rollè ripieni ai troccoli, dai nidi di rondine ai ravioli, per poi cimentarsi in prodotti diversi dalla pasta che solo i panificatori sapevano fare. Col grano arso produsse le pizzarelle, tanto care quanto uniche nel genere. La chiave di volta per il suo successo in Terra di Capitanata fu la moglie, la signora Michelina, che lo aiutò a tirar su azienda e famiglia e i loro otto figli. «Oggi le giovani generazioni non si appassionano facilmente a questo mestiere, antico e nobile, che però richiede tanta gavetta e sacrifici» una delle poche ma consistenti affermazioni che Armando Mazzocchi ripeteva a chi gli chiedeva cosa pensasse dell’arte pastaia in tempi moderni. Arte pastaia, infatti, non semplice pastaio, perché la sostanziale differenza sta nell’unicità nel produrre qualcosa. E non a caso ho utilizzato il termine “consistente” nel corredare una sua affermazione giacché è la buona e giusta consistenza alla base di una pasta fatta bene, con trafilatura in bronzo mediante una pressa continua, per poi passare all’incartamento e successivamente all’essicazione e stabilizzazione del semilavorato. 
Ma tutto questo Armando Mazzocchi lo sapeva, lo ha messo in opera, insegnato e tramandato con l’auspicio che la sua cara progenie possa tramandarla di padre in figlio maggiormente farla gustare ai nostri nipoti. La mission, ne siamo certi, è in essere perché Armando ha saputo seminare bene. Foggia ti è grata e sarà difficile dimenticarti. Ciao Armando. 





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