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Roma. Caporalato: alla Camera dei Deputati presentata 'No Cap'

Sagnet e Consoli per No Cap (foto L.Manna) ndr.
Il discorso di Sagnet presso la sala stampa della Camera

di Luciano Manna 

ROMA, 7 GIU. – Ieri, martedì 6 giugno, presso la sala stampa della Camera dei Deputati, Ã¨ stata presentata l’associazione No Cap. Il suo presidente è Yvan Sagnet ed Angelo Consoli, già direttore dell’ufficio europeo di Jeremy Rifkin, svolge il ruolo di direzione strategica. L’associazione No Cap è una rete internazionale che si pone fra gli obiettivi quello di lottare contro ogni sfruttamento della persona in qualsiasi ambito della società e del mondo del lavoro e di contribuire allo sviluppo e alla promozione di un nuovo modello di lavoro che incoraggi l'impresa etica e sana e scoraggi ogni forma di caporalato. I fini dell’associazione sono rivolti alla promozione di un nuovo modello economico etico in alternativa all'attuale modello fossile e si ispira ai principi della Terza Rivoluzione Industriale. Inoltre intende riportare al centro dell'azione economica l'uomo e il rispetto per i suoi diritti così come sancito dalla Carta Universale dei Diritti dell'Uomo. Di seguito il discorso tenuto da Yvan Sagnet rivolto ai giornalisti presenti nella sala stampa della Camera dei Deputati.



“Care amiche e cari amici, la rivolta contro i caporali che io ed altri lavoratori organizzammo nella masseria Boncuri a Nardò nell'estate del 2011, è stato il primo momento di presa di coscienza che nelle campagne pugliesi c'era lo schiavismo.  Grazie a questa rivolta è partita l'inchiesta SABR, e si è messa in moto una dinamica politica (impensabile prima!) che ha portato all'approvazione della legge contro il caporalato. Ma nel corso degli anni, anche grazie al mio lavoro di denuncia con la Flai CGIL, mi sono reso conto che colpire i caporali e anche le aziende che se ne servono, per quanto necessario, incide solo sugli effetti più perversi e non sulle cause reali del caporalato. Queste cause risiedono in un modello economico, quello della seconda rivoluzione industriale (l'era del petrolio) che ormai da anni ha modificato i rapporti di forza fra grandi imprese multinazionali e lavoratori,  consumatori, e le stesse piccole e medie aziende agricole vittime anch'esse di quella specie di  caporalato economico internazionale che è la grande distribuzione organizzata, potremmo dire i “Generali” del Caporalato, che mettono l'asta alla gola, ai produttori agricoli stabilendo prezzi e condizioni di mercato insostenibili e inaccettabili, che concorrono a determinare le condizioni del ricorso alla manodopera schiavistica.
Per colpire le cause reali del caporalato bisogna dunque accelerare la transizione verso un nuovo modello economico rispettoso della biosfera, dei diritti dell'essere umano e della dignità del lavoro, una dignità che specialmente in Italia viene sempre più calpestata da provvedimenti governativi come il “Jobs Act” e lo “Sblocca Italia” basati sullo scellerato equivoco di fondo che per garantire crescita economica bisogni permettere la devastazione dell'ambiente e abbassare le tutele del lavoro garantite da quello Statuto dei Lavoratori, che tutte le nazioni progredite ci hanno invitato e copiato fin dagli anni settanta quando con esso si concluse una stagione di lotte e affermazione dei diritti. Il percorso iniziato nell'estate 2011, ci ha portato rapidamente ad accorgerci che il caporalato non era solo in agricoltura, e non era solo in Puglia.
Il modello economico centralizzato e fossile di cui parlavamo prima, agisce su scala planetaria. Ci sono i bambini di 3 anni che spaccano pietre per 10 ore al giorno in Benin per una ciotola di riso, piccoli schiavi siriani dalle mani blue nelle fabbriche tessili turche, bambini Pakistani che cuciono palloni per le grandi multinazionali, il land grabbing che espelle contadini dalla terra in Africa e li butta nel Mediterraneo, e i giovani neolaureati schiavizzati nei call center o nei sistemi di vendita porta a porta nei paesi occidentali per un salario di fame, in una versione due punto zero del caporalato tradizionale.  La lista del nuovo schiavismo sarebbe purtroppo infinita...
Questo ci impone un ripensamento delle nostre attività nella vita quotidiana. Come diceva Padre Pino Puglisi, il prete antimafia di Palermo, ucciso a Brancaccio il 13 settembre del 1993: “Ogni grande cosa parte dalle piccole cose”. Ecco: NO CAP parte da qui per arrivare lontano: parte dalle piccole azioni quotidiane per fornire nuovi modelli di riferimento nell’ambito del consumo critico e sostenibile, di comportamento dei consumatori/cittadini per nuovi paradigmi di legalità, di buone prassi e di civiltà.  Un modello, il nostro, che vuole essere un’alternativa a ciò che le grandi imprese ci impongono ogni giorno nel grande circo/circuito del consumo amorale e di massa. Un modello che vuole essere una barriera al meccanismo che prevede consumatori senza diritto di scelta e lavoratori sempre più sfruttati e precarizzati.  Questo modello economico, nato per allargare il benessere a cerchie sempre più vaste di esseri umani, si sta tragicamente avvitando su se stesso contraddicendo i suoi scopi iniziali, in una spirale che genera diseguaglianza, odio e razzismo.
E' necessaria una transizione verso un modello basato su principi di sostenibilità, innovazione dei processi e dei prodotti, produzione di ricchezza distribuita, alta intensità di lavoro e bassa intensità di capitali, che possa rappresentare una speranza, un cambio di direzione verso il ridimensionamento  degli oligopoli e della grande distribuzione, verso la libera scelta e l’incoraggiamento di aziende che rifiutano lo sfruttamento dei lavoratori da qualsiasi parte del mondo provengano ed in qualsiasi settore essi agiscano. La nostra è una storia che parte da lontano: dall’emancipazione dei lavoratori che nel dopoguerra in Sicilia, in Puglia e nel Sud Italia lottarono per delle condizioni di vita migliori sotto la guida di leader illuminati come Giuseppe Di Vittorio, Placido Rizzotto, Accursio Miraglia, Salvatore Carnevale e i centinaia di sindacalisti e lavoratori morti nella lotta per la libertà uccisi dalla mafia agraria.
I nostri compagni di viaggio sono i tanti giovani e cittadini che in questi anni hanno maturato la scelta di un consumo sostenibile e del rifiuto delle pratiche di annichilimento dei lavoratori, i tanti imprenditori che scelgono sempre più spesso di competere sul terreno dell'innovazione e della sostenibilità e non su quello della compressione dei diritti, e che valorizzano il lavoro dei propri collaboratori come principale assett dell'azienda. Imprenditori coraggiosi e creativi che mettono al centro le donne e gli uomini, e rifiutano la logica del profitto a tutti i costi a discapito di tutto il resto, che offrono un lavoro dignitoso, nei settori dell'energia rinnovabile, dell'agricoltura etica e sostenibile, dei servizi alla persona, dell'assistenza scolastica, della valorizzazione dei beni culturali ed ambientali, dell'industria digitale e della stampa 3D, senza esclusioni dovute alla giovane età, al colore della pelle, al sesso.
Il lavoro che ci attende è un lavoro difficile,  ma non c'è alternativa, e in questa battaglia sappiamo di poter contare sulla guida illuminata e forte dell’unica voce libera e di speranza dei tempi che stiamo vivendo: Papa Francesco.  Nasce oggi, con NO CAP una rete internazionale di attivisti che vogliono passare dalla protesta alla proposta, promuovendo in tutte le istanze possibili quelle realtà economiche che valorizzano il lavoro, la creatività, e l'ingegno della persona umana, che creano capitale sociale e non capitale finanziario e che sono perfettamente integrate nella biosfera e nella nuova ecologia sociale di cui ci parla l'Enciclica Laudato Si'.  A questo punto passo la parola ad Angelo Consoli, Presidente del CETRI che in qualità di direttore dell'Ufficio Europeo di Jeremy Rifkin ha diretto le campagne  su scala europea per l'approvazione di nuovi modelli di terza Rivoluzione Industriale e per l'Economia Circolare.  Angelo ha accettato di essere il direttore delle strategie internazionali di NO CAP”.





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