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L'Intervista. La scuola “Giovanni Tancredi – Vincenzo Amicarelli” incontra lo storico Nicola d’Apolito

La copertina del saggio di Nicola d'Apolito (foto in allegato) ndr.
di Redazione

MONTE SANT'ANGELO (FG), 02 OTT. - A cura della Prof.ssa. Donata dei Nobili.
La scuola di Monte Sant'Angelo “Giovanni Tancredi – Vincenzo Amicarelli” e la dirigente Matilde Iaccarino hanno avviato un nuovo modo didattico per conoscere la storia: incontrare gli studiosi del “vecchio” e “nuovo” meridionalismo per capire le dinamiche che hanno determinato la nascita dell’unità d’Italia.
La trasmissione del sapere scientifico storiografico raccontato agli alunni vuole far sviluppare la consapevolezza dell'appartenenza ad una antica cultura greca, giudaica e romano-cristiana, fonte dell'identità storica dell'Italia e, in particolare, del Mezzogiorno.
La dirigente Matilde Iaccarino, la docente Donata dei Nobili e gli alunni della redazione del periodico scolastico "Il filo d'Arianna" hanno programmato, durante l'anno scolastico in corso, diversi incontri con storici,  giornalisti e pubblicisti per comprendere "l'altra storia", quella taciuta, quella non raccontata, quella da poco scritta.
Il nuovo modo di leggere, di capire e di interpretare le tante fonti storiche, ancora seppellite nei polverosi archivi comunali, diocesani e statali, verrà spiegato agli alunni dagli autori delle tante pubblicazioni di macro e di micro storia.
Il viaggio culturale, emozionante e fortificante per i tanti ragazzi, darà l'opportunità per parlare del  "revisionismo storico", una nuova storiografia che contagierà la città e, forse, l'intera popolazione. 
A iniziare il meraviglioso viaggio della conoscenza storica sarà il valente studioso Nicola d'Apolito.
Con lui, si è voluto parlare della storia dei popoli del Sud, coscienti che l'invasione longobarda del 586 ha aperto nella storia polititica del Mezzoggiorno un capitolo destinato a chiudersi tra il 1860 il 1870.
Il dialogo con il Professore non è stato un dialogo di élite per l'élite, ma una "chiacchierata" per rivivere la storia di Monte Sant'Angelo e del Gargano nel periodo unitario, in modo da poter ricercare le ragioni di un lento, tardivo, diversificato o, forse, negato  sviluppo omogeneo dello Stato italiano nato nel 1861.
Lo storico Nicola d’Apolito è uno studioso del pensiero meridionalistico e in questi giorni ha pubblicato la sua recente ricerca, che evdenzia i ritardi della storiografia "ufficiale".
Basso e Rebecchi. Due borghesi nella rivolta brigantesca di Monte Sant’Angelo (1860 -1864).
Il saggio narra una vicenda postunitaria che si svolge a Monte Sant’Angelo tra il 1860 e il 1864, arco di tempo inerente la formazione del neo stato italiano.
Dei fatti e dei misfatti dell’Unità d’Italia il professore Nicola parlerà con gli allievi e i docenti dell’Istituto Comprensivo Statale “Giovanni Tancredi – Vincenzo Amicarelli” di Monte Sant’Angelo.
In attesa di conoscere le sue disponibilità, i piccoli giornalisti, la docente Donata dei Nobili e la dirigente scolastica Matilde Iaccarino gli hanno voluto porre alcune domande. 

La Dirigente Matilde Iaccarino, Istituto Comprensivo Statale "G. Tancredi- V. Amicarelli" (foto in allegato) ndr.
 L'intervista all'Autore è il modo per aprire una prima riflessione sull’identità del Sud d’Italia nella comunità scolastica e l’auspicio di  riconsiderare con i ragazzi le ragioni economiche e storiche che determinarono l’unità dell’Italia.
Allo storico d’Apolito, in questo periodo di “regionalismo differenziato”, hanno chiesto di svelare le sue esigenze, le sue curiosità, scritte nel suo lavoro storiografico.
 
Professore d’Apolito, quali sono state le motivazioni che l’hanno indotto a scrivere la storia di Monte Sant’Angelo durante il processo unitario e la rivolta meridionale contro i piemontesi?
“Innanzitutto vi ringrazio sia per l’aver posto la vostra attenzione sul mio lavoro storico sia per voler rendere pubblica gli avvenimenti della nostra Città. Dopodiché, le chiedo di concedermi una breve riflessione sul concetto di storia. La storia, come lei sa, è la registrazione dell’azione dell’uomo e tutto ciò che riguarda l’uomo deve essere oggetto di analisi. A questo punto, mi preme riportare, a supporto di ciò, un pensiero di Gaetano Salvemini:”lo storico non può non avere un punto di vista, se è storico e non raccattatore di cicche erudite”. La riflessione di Salvemini ci aiuta a capire che il compito dello storico per interpretare il passato, pur di fronte a documenti, ad atti scritti ed accadimenti registrati, non è solo quello di accertare un fatto, ma è anche quello di dare un giudizio politico, culturale, morale e sociale”.

E allora, come si è proposto di fronte a questo evento di storia locale?

“Insisto ancora, per capire meglio l’importanza dello studio della storia, per poi rispondere alla sua domanda, che occorre narrare, descrivere, capire, spiegare soprattutto agli studenti che “fare storia” significa interpretare il passato e nello stesso tempo essere consapevoli del paradigma interpretativo utilizzato. Dopo questa breve parentesi, le rispondo: “In ognuno di noi c’è un desiderio di “sapere” come si evolvono gli eventi della rivolta brigantesca a Monte Sant'Angelo. Per questo motivo, mi sono proposto come interprete del passato, per averne consapevolezza, e trasmettere la “memoria” di quegli eventi che ci consegnano una chiave di lettura per comprendere il presente. D’altronde c’è sempre “eccedenza” del passato sia nel passato sia nel futuro. Ora rispondo alla sua prima domanda. Una motivazione fondamentale che mi ha spinto ad occuparmi di questa vicenda “montanara” è stata la consapevolezza di capire i processi e gli eventi storici collocati nello spazio e nel tempo del nostro risorgimento soprattutto in una realtà circoscritta alla nostra comunità montanara”.

Le chiedo, perché ha trattato, nella cornice risorgimentale garganica, le due figure borghesi di Monte Sant’Angelo: Basso e Rebecchi?
“Mi sono, in tutti i miei lavori, interessato di storia nazionale con riferimenti anche ad eventi locali e regionali, ma in me è emerso un desiderio di occuparmi anche di “microstoria”, come d’altronde è la narrazione dei fatti ed accadimenti che hanno coinvolto questi due personaggi a Monte Sant’Angelo. In effetti, questo tipo di approccio alle monografie municipali costituisce il genere storiografico più praticato dagli studiosi e dai cultori di storia locale. E ciò mi ha coinvolto ancora di più”.

Ribadisco e le chiedo perché l’analisi di questi due personaggi montanari?
“Ha ragione ad insistere e le rispondo che la vicenda dei nostri due “attori”, Basso e Rebecchi, hanno rappresentato un periodo di storia montanara rovente e travagliata durante la rivolta a Monte Sant’Angelo contro i “nuovi conquistatori”: i Savoia. Inoltre, voglio sottolineare che in questi due personaggi si rispecchiano le varie posizioni politiche, amministrative, istituzionali non solo locali, ma anche provinciali”.

Questi borghesi, perché erano in polemica fra loro?
“La domanda che mi ha posto richiede, a mio avviso, un’attenta riflessione storica. Innanzitutto ci troviamo di fronte una realtà che si colloca in quel tormentato periodo storico del processo dell’unificazione dell’Italia le cui conseguenze si avvertirono anche a livello locale. D’altronde, lei sa bene che in quel contesto socio, economico e politico le classi sociali non solo a Monte Sant’Angelo ma anche in altre realtà comunali erano fortemente separate: i contadini o “cafoni” da una parte e i borghesi sia professionali sia agrari o “galantuomini d’altra parte. Erano quest’ultimi a prevalere sia nella conduzione del potere sia nell’influenzare la vita economica dei paesi”.

E allora, Basso e Rebecchi appartenevano a questa classe privilegiata?

“Senza dubbio facevano parte della categoria privilegiata e potevano dettare leggi e predominare”.

Ritorno a chiederle cosa, sul piano comportamentale, caratteriale e politico, differiva tra di loro?
“La loro appartenenza sociale era differente: Basso, medico, proveniva dalla borghesia terriera. L’altro, Rebecchi, avvocato, da quella professionale. Politicamente, il primo era un ex borbonico, convintosi alla causa liberal-nazionale; il secondo era garibaldino e acceso rivoluzionario. E’, altresì, da notare che entrambi volevano amministrare il comune di Monte Sant’Angelo e combatterre la rivolta brigantesca, ma con sistemi diversi. Così emergono dai loro comportamenti una forte diatriba, una diversità di opinioni, una visione politica differente che non approdano al bene della popolazione montanara, ma causò rivalità che ritardarono il processo democratico della città in quel particolare momento storico dell’unita d’Italia”.

A chi è rivolto questo suo lavoro?
“A tutti e soprattutto ai giovani, perché possano trarre insegnamento dal passato per progettare un futuro migliore. Lo auspichiamo, affinché ciò avvenga”.

Le voglio fare l’ultima domanda. La dirigente Matilde Iaccarino le propone di presentare il suo lavoro ai ragazzi. Sarà possibile?
“Certo. Appena mi libero dai miei impegni, possiamo concordare una data. Ringrazio, intanto, lei, i suoi alunni e la sua Dirigente.”

Grazie a lei per le sue preziose opere e per la sua disponibilità.


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