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Teatro. Al Teatro Abeliano, “Madre Courage e i suoi figli” di Bertolt Brecht inaugura con successo la Stagione di prosa del Teatro Pubblico Pugliese

Una immagine dello spettacolo. (foto M.C.) ndr.

di Maria Caravella

BARI, 18 NOV. - Davvero la Pace crea solo confusione, davvero solo la guerra mette ordine”. Come anche: «La guerra è solo la continuazione degli affari con altri mezzi, ma i grandi affari non li fanno la povera gente e nella guerra le virtù umane diventano mortali». Con queste proposizioni iniziano un susseguirsi di contraddizioni e antinomie che avvolgono i personaggi di “Madre Courage e i suoi figli” di Bertolt Brecht con le loro storie, specchio della realtà della guerra, in cui i poteri forti traggono guadagni mentre la povera gente cade in disgrazia. Brecht scrisse il dramma nel 1938, alla vigilia della seconda Guerra Mondiale, come un ammonimento contro le insidie del nefando rapporto tra guerra e capitalismo. L’opera è una denuncia contro tutte le guerre e gli orrori che esse producono, ma è altresì un’attenta analisi delle contraddizioni paurose in cui vivono gli oppressi, gli umili, e la gente comune. La guerra dei Trent’ Anni tra cattolici e protestanti che sconvolse l’Europa tra il 1618 e il 1648, fa da sfondo alle vicende di Anna Fierling e dei suoi tre figli: Eilif, Kattrin e Schweizerkas. La donna si aggira sui campi di battaglia per vendere merce di ogni genere ai soldati, gli unici che dispongono di una paga sicura e possono spendere. Anna fa buoni affari, ma la guerra, insidiosa, pian piano le porta via ad uno ad uno i suoi tre figli avuti da tre uomini diversi. L’opportunità che la guerra le da per sopravvivere con i suoi affari non le permette di capire fino in fondo che la guerra è un male per tutte le genti e in ogni tempo, dove i poveracci come lei risultano sempre sconfitti e perdenti. 

La nostra protagonista appartiene ad una umanità che va avanti con il paraocchi e riesce a vedere solo la sua insignificante storia personale, senza imparare nulla di quello che può insegnare invece la Storia quella vera. Anna sembra anche sottrarsi al suo ruolo di madre in un tempo in cui ci si abitua alla catastrofe considerata inevitabile, e il fatto che a soccombere sono proprio i suoi figli per lei non è tanto una novità. Questa di Brecht è forse l’opera più completa perché nasce dall’esigenza di far comprendere al grande pubblico le impellenze storiche e sociali del suo tempo e sollecitare attraverso i personaggi, negli spettatori più attenti un senso critico per non vivere passivamente gli eventi. Nella messinscena di Paolo Coletta c’è la ripresa delle nove canzoni previste dal testo originario che si integrano amabilmente con la scrittura nel rendere non solo la protagonista ma tutto il cast degli attori, un’umanità sperduta e sofferente, incerta e sospesa che somiglia tanto alla nostra società. Al Teatro Abeliano di Bari che ha ospitato Madre Courage e i suoi figli di Bertolt Brecht con la traduzione di Roberto Menin e la regia di Paolo Coletta con Maria Paiato affiancata da: Mauro Marino, Giovanni Ludeno, Andrea Paolotti, Roberto Pappalardo, Anna Rita Vitolo, Mario Autore, Ludovica D’Auria, Francesco Del Gaudio, si è dato inizio con successo, in attesa della riapertura del Teatro Piccinni, alla stagione 2019/2020 del Teatro pubblico pugliese. 

Maria Paiato si è rivelata una grande interprete anche messa in relazione alle grandi del Teatro che in passato hanno interpretato questo ruolo. Il suo talento e la sua versatilità di attrice, sensibile e raffinata le hanno consentito di interpretare il ruolo in modo eccellente, coadiuvata da una regia eccellente e da un cast di colleghi affiatati e di grande professionalità.



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