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Coronavirus, La nuova frontiera dell’insegnamento a distanza

Insegnamento a distanza. (foto com.) ndsr.

di Maria Caravella

BARI, 8 APR. - Siamo in presenza di una situazione molto delicata, sul piano sanitario, perché è del tutto evidente, che se il virus si diffonderà ulteriormente, soprattutto nelle regioni del Sud, accentuando il bisogno di unità di terapia intensiva, il sistema sanitario entrerà in difficoltà malgrado l’impegno del personale delle strutture sanitarie pubbliche. Rischia inoltre di aumentare la paura, continuamente alimentata da una informazione inevitabilmente crescente e invasiva, ma talvolta troppo ansiogena. Soprattutto siamo già dentro una crisi economica gravissima, dalle conseguenze incalcolabili, verosimilmente molto più devastante, anche dal punto di vista sociale, degli effetti ad oggi più visibili della pandemia in corso. In tutto questo, la chiusura della scuola di ogni ordine e grado ha costituito una misura inevitabile nel tentativo di ridurre i fenomeni di contagio. Misura delicatissima sul piano sociale non perché questo produca, almeno nelle proporzioni attuali, un danno irreparabile nella preparazione dei nostri studenti, ma perché evidenzia, molto più di qualsiasi messaggio, la gravità complessiva della situazione. 

Per tutti, docenti e studenti, è cominciata una storica “lezione di vita” che ha stravolto le nostre abitudini costringendoci a cambiarle per fronteggiare un nemico sconosciuto e invisibile, che ha distrutto la dimensione sociale dello stare insieme spezzando ogni legame umano, ogni contatto fisico che può potenzialmente rivelarsi vettore del Covid19. D’improvviso, in questo contesto inedito, ci è stato presentato il volto di una scuola che “a distanza” risolve ogni problema e realizza la migliore delle didattiche possibili, superando i limiti dello spazio e del tempo. Chi conosce la situazione concreta dei nostri edifici scolastici e delle loro dotazioni tecnologiche, avrà provato qualche brivido, ma non è questo il vero problema. Come non lo è la polemica contro la supposta forza della didattica a distanza, vista come una strategia (se pensata) o come una deriva (se solo acriticamente praticata) per sminuire il ruolo della scuola pubblica e la sua insostituibilità. Che cosa sia per davvero la didattica a distanza, non lo sa dire nessuno. L’unica certezza della didattica a distanza, è la distanza, cioè le lezioni non sono tenute a scuola. Per il resto è un grande fai-da-te, un improvvisato bricolage affidato agli insegnanti, un esperimento di creatività collettiva che potrebbe diventare una riforma. 

Persino la ministra Lucia Azzolina quando la ha inaugurata pensava ad una modalità per permettere alle scuole del Nord Italia di rimanere vicino ai propri ragazzi per un paio di settimane durante la prima quarantena. L’esperimento è stato rapidamente trasformato in una necessità: ma i contorni e i contenuti sono ancora tutti da disegnare. E per ora si basa sullo sforzo di professori e presidi. Che dire! Tempi duri questi per la scuola e per noi docenti. Stare a casa non significa affatto riposare e rilassarsi ma anzi, dal momento che gli studenti e soprattutto le famiglie si aspettano che comunque i programmi vengano svolti e che si impari qualcosa anche a distanza, il compito di un docente diventa ancora più arduo. Preparare una lezione da fare poi in classe è ben diverso dal prepararla per poi condividerla online, cercando di organizzare bene non solo i contenuti, ma soprattutto salvaguardare la comunicazione. Tecnologie e didattiche digitali possono benissimo concorrere a migliorare la capacità della scuola, dei docenti, ma non potranno mai sostituire la ricchezza della relazione educativa che si realizza nelle aule di scuola alla presenza di docenti e studenti. Una scuola chiusa non è solo un edificio chiuso. È una comunità che viene improvvisamente a mancare in quel territorio. È quel luogo, unico e irripetibile, dove ogni mattino le vecchie e le nuove generazioni si incontrano. 

Tutto questo mondo non si può riprodurre “a distanza” ed è la ricchezza che in questo momento dobbiamo preservare. La polemica pertanto non ci serve perché mette in ombra il fatto più importante che sta accadendo. Larga parte del personale, dirigenti, docenti, tecnici, si è mobilitata per dare un segnale ai ragazzi, agli studenti, per comunicare innanzitutto la loro vicinanza, per far sapere che non si sono messi in vacanza, ma cercano in ogni modo di dare continuità al lavoro interrotto con la speranza di riprenderlo presto. 

Le nuove regole 

E’ stato approvato il decreto che cambia la maturità e abolisce per quest’anno l’esame di terza media. Il nodo dei precari e dei concorsi per avere in cattedra gli insegnanti già all’inizio di settembre. Però marcia indietro, solo parziale, sulle promozioni per spingere gli studenti ad impegnarsi fino alla fine dell’anno. Resta confermato il passaggio all’anno successivo per tutti, ma nel voto sarà valutato «l’impegno» nelle lezioni di questi mesi di didattica a distanza. E’ una delle misure del decreto scuola, approvato dal consiglio dei ministri. «Un provvedimento per traghettare gli studenti e la scuola al prossimo anno scolastico», secondo la ministra Azzolina. Al di la della normativa a noi , sinceramente , non interessa molto il livello delle tecnologie utilizzate e neppure i contenuti delle offerte didattiche, anche se immagino che ciascuno avrà cercato di dare il meglio. Interessa, il messaggio che le scuole comunicano a un Paese impaurito e smarrito: l’empatia che arriva, questa sì, anche a distanza; il senso di una responsabilità e di una solidarietà educativa che non si ferma di fronte al virus e rilancia un messaggio di fiducia senza attendere le istruzioni ministeriali. Di fronte a questo, non per essere autoreferenziali, va un profondo senso di gratitudine verso tutti gli attori della nostra scuola pubblica: è una straordinaria risorsa malgrado tutti i problemi, vecchi e nuovi che ben conosciamo e che attendono risposta. Una ragione in più per rimotivare il nostro impegno. 

La cosa che in qualche modo ci commuove è la ricostituita solidarietà tra la scuola e le famiglie che in questi ultimi anni era andata alla deriva. Purtroppo in questa didattica online, bisogna stare attenti a non perdere i fondamenti della scuola pubblica, quelli fissati dalla Costituzione: gli studenti devono essere posti in condizioni di sostanziale uguaglianza rispetto ad un bene così fondamentale come l’educazione. Per tutte le famiglie che non hanno un computer, una linea telefonica, un telefonino smart, una connessione wi-fi – e non sono poche, a tal proposito è stato emanato un decreto compensativo, purtroppo ancora insufficiente a sopperire tali mancanze. Perché quando gli alunni non sono presenti sulle chat, non mandano foto dei propri elaborati o dei propri vissuti, ci potremmo trovare di fronte ai nuovi invisibili. Magari, forse, stanno solo studiando tranquillamente sui libri. Ce lo auguriamo. Ma nel frattempo dobbiamo trovare i mezzi per sopperire a questo disagio, affinchè ancora una volta la scuola italiana non smetta di essere inclusiva. In questa fase di grave emergenza sanitaria ed economica per il nostro Paese, dal Governo presieduto da Giuseppe Conte si ascolta: “Il mio plauso va ai docenti italiani che non hanno mai interrotto i contatti con gli studenti e le loro famiglie, utilizzando ogni strumento tecnologico disponibile per stare accanto ai loro allievi, smarriti ed increduli di fronte ad una guerra in cui ciascuno è chiamato a fare la sua parte. Con profondo senso di responsabilità e grande professionalità tengono strette le trame della relazione affettiva attraverso gli strumenti che la tecnologia ci mette a disposizione per prendersi cura dell’altro, per affrontare e superare insieme la paura, l’incertezza, l’isolamento sociale procurato da un virus in molti casi letale. 

Prendersi cura delle emozioni dei giovani, interpretarle attraverso il filtro dell’esperienza e della razionalità rappresentano la più importante lezione di vita che i docenti italiani possano offrire ai loro studenti affinché non restino intrappolati in una situazione di panico. La possibilità di condividere il vissuto dell’altro, mettendo a sistema un’esperienza unica nella storia repubblicana, alimenta quella tensione affettiva emotiva e autentica, capace di creare emozioni che si trasformano in significati, nozioni e conoscenza”.



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