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L'emergenza pandemica, il vaso di Pandora

Vaso Pandora - particolare (foto Investiremag.it) ndr.
di Redazione

MONTE SANT'ANGELO (FG), 28 MAG. (Com. St.) - a cura di Matteo Notarangelo, Sociologo e counselor professionale.

"La richiesta di aiuto di tante persone è scivolata nell'abuso di alcol e, spesso, nella violenza domestica. Le misure restrittive pandemiche hanno aggravato la vulnerabilità degli anziani, dei malati mentali e di tante persone. Il grido di aiuto di molti familiari dei pazienti psichiatrici non ha avuto ascolto  e i danni subiti dai nuclei familiari restano poco conosciuti e sottaciuti.

Solo in questi giorni, i familiari dei malati e degli anziani hanno svelato le difficoltà, il peso e l'alta emotività espressa, derivanti dalla solitaria assistenza fornita ai congiunti con patologie psichiatriche o con altre patologie croniche.

Dall'inizio della pandemia, molti malati mentali e familiari hanno ricevuto le cure da psichiatri privati. E sono stati questi medici a parlare di quell'area di disagio e dei tanti pazienti con doppia diagnosi e in crisi di astinenza da droghe.

Tra le persone che hanno consultato gli psichiatri privati, c'è stata una nuova popolazione, aggredita dall'angoscia del contagio e della morte e oggi  affetta da gravi danni alla sfera emotiva.

Sono, perlopiù, persone giovanissime, donne e anziani.

Nella prima fase pandemica, l'aumento delle persone con disagio o disturbo psichico è stato determinato dalle difficoltà ad accedere ai Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura. A causa della scarsità di dispositivi di protezione individuale, gli operatori sanitari avevano ridotto i ricoveri.  Nella seconda fase pandemica,  pare che poco stia cambiando. I tanti familiari, intanto, iniziano a raccontare il loro insostenibile peso assistenziale e parlano di un vero “disastro” sottaciuto e secretato e, forse, manipolato.

Alcuni studi recenti di ricercatori, hanno cercato di spiegare la riduzione dei ricoveri, ipotizzando che la pandemia avesse spaventato i pazienti psichiatrici o resi consapevoli della loro malattia mentale e, quindi, più compensati. Addirittura, c'è chi ha ipotizzato che l'isolamento individuale e sociale possa aver fatto bene al malato mentale già restio alla socialità.

Al danno la beffa.

Quando il potenziale infettivo del virus è divento spaventoso e ha travolto i più deboli, i malati cronici, gli anziani e i pazienti psichiatrici, si è avvertita la carenza o, addirittura, l'assenza della medicina territoriale, distrutta nel corso di questo ventennio.

Dai territori emerge, invece,  una voce corale di denuncia. Le associazioni dei familiari riferiscono che i cittadini con patologie croniche o insorte sono stati abbandonati, dimenticati, tranne quelli affidati ai servizi residenziali e semiresidenziali. "In realtà, - riferisce uno psichiatra - dietro l'abbandono e la negazione delle cure, vi è stata la paura e l'assenza di medici del Servizio Sanitario Nazionale, troppo pochi per fronteggiare la cura ospedaliera e territoriale. E' importante evidenziare che in un primo momento è prevalsa la paura del contagio e molti pazienti hanno scelto di stare a casa. Ho riscontrato la riduzione degli accessi alle prestazioni sanitarie durante il mese di marzo. Rispetto ai mesi precedenti, i pazienti erano meno della metà. Ad aprile e all'inizio di maggio vi è stato un lieve incremento. I nuovi pazienti hanno chiesto cure per problemi di ansia, mentre la maggior parte di quelli cronici per ricadute psicotiche. Di questi, quasi nessuno ha ricevuto le opportune cure ospedaliere e molti di loro si sono rivolti al privato "per indisponibilità del pubblico a riceverli". Durante la pandemia, c'è stata un'amnesia generale, che ha reso invisibili i tossicodipendenti. Costoro hanno avuto problemi di astinenza da sostanza per irreperibilità di pusher o da sostituzione di sostanza con altri stupefacenti. Nel mio studio, ho accolto la domanda di visita psichiatrica di una popolazione con un'età media di 40-50 anni, perlopiù donne".

L'incubo del virus venuto da lontano non ha dato tregua e ha colpito le fragilità. fisiche e psichiche, degli strati sociali più deboli delle comunità.  Le storie accadute e raccontate da operatori, familiari e medici descrivono un disastro sanitario annunciato. L'indice viene posto verso la classe politica, che ha pianificato un Paese ospedalocentrico con un'organizzazione sanitaria troppo disuguale.

A distanza di anni, già prima della pandemia è emersa la nudità della sanità pubblica, regionalizzata. In pochi mesi, l'emergenza da Covid- 19 ha mostrato la sua virulenta opera di paura, di contagi, di morti e di isolamento.

La quarantena collettiva è appena terminata e guardare le tante emozioni di familiari e operatori sociosanitari mosse dai brutti decessi, dalle creative cure e dagli incoscienti abbandoni sembrano accadimenti passati, quasi surreali. Ma non è cosi per i familiari dei malati mentali, per gli psichiatri e gli operatori dei Centri di Salute Mentale e dei Servizi Territoriali, che rivelano e  raccontano le loro difficoltà, le loro paure, la difficile presa in carico dei pazienti scompensati e  la gestione e gli abbandoni in casa dei tanti malati dimenticati.

Per loro, parlarne vuole essere il modo per cercare d'impedire che la disastrosa avventura pandemica si ripeta. Il passato, si sa, dicono,  può tornare e se torna nel prossimo autunno-inverno nessuno, malato psichiatrico o anziano, deve essere vittima della inefficienza di una comunità curante colta di sorpresa e aggredita dal neoliberismo, che ha poco o niente di liberale.

I familiari lo dicono senza indugi, “è risaputo che durante l'emergenza da Covid-19 le persone con patologie psichiatriche sono aumentate”.

Nei prossimi giorni, sono certi,  il disagio psicologico e il disturbo psichiatrico si mostrerà con tutta la sua drammaticità agli operatori della salute mentale territoriale.

I nuovi e i vecchi pazienti psichiatrici stanno ancora vivendo le loro inquietudini in privato, nel chiuso delle proprie abitazioni e all'interno delle loro famiglie, provate e stanche, che continuano  a segnalere le tante difficoltà nell'assistere il familiare malato, a forte rischio suicidario.

È vero, nel periodo di lockdown, le Regioni e le Asl hanno emanato le loro direttive sanitarie e limitato i ricoveri solo "alle urgenze indifferibili", atti normativi allora necessari, che non hanno tenuto conto della fragilità del paziente psichiatrico".



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