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“Energie rinnovabili, gli investimenti pubblici necessari”, la Lettera Aperta di Legambiente sugli Stati Generali per il Piano Colao

Energie Rinnovabili (foto Sostenibile.com) ndr.
di Redazione

ROMA, 19 GIU. (Com. St.) - Pubblichiamo una Lettera Aperta di Edoardo Zanchini, vicepresidente nazionale di Legambiente, in risposta al Piano Colao trattato nei lavori svolti negli Stati Generali dal Governo Conte sul tema Energie Rinnovabili, Ambiente e Investimenti pubblici da mettere in campo. La Lettera Aperta è una produzione del ©2020 Il Nuovo Manifesto –Società Coop. Editrice.

«Le comunità energetiche non trovano spazio tra le 120 schede del Piano Colao, ma neanche tra le priorità del programma di rilancio di cui si sta discutendo da qualche giorno agli Stati generali dell’Economia a Villa Pamphili. Eppure, non esiste un tema altrettanto capace di tenere assieme le sfide del rilancio economico nei territori, con quelle ambientali e sociali. È semplice da spiegare, se si eliminano i divieti che oggi impediscono di scambiare energia prodotta da pannelli solari in un condominio o in un distretto produttivo, diventa possibile promuovere investimenti in ogni parte d’Italia, da Bolzano a Ragusa.
Questo scenario è raccontato nel Rapporto «Comunità Rinnovabili» presentato ieri da Legambiente, nel quale si riportano 32 progetti, in ogni Regione italiana, ai nastri di partenza e che raccontano i vantaggi di un modello di condivisione e autoproduzione di energia da tecnologie sempre più economiche ed efficienti. Sono cooperative energetiche «storiche» delle Alpi o nuove che nasceranno a Roseto Val Fortore, in Puglia, sfruttando l’energia eolica. Troviamo condomini di edilizia popolare che con la riqualificazione energetica e la condivisione di energia solare puntano a ridurre drasticamente le bollette nelle periferie di Bologna, Prato e Alessandria.
Ma sono interessanti anche le esperienze di comunità energetiche che puntano a valorizzare le risorse locali, come a Berchidda in Sardegna con una rete di impianti solari condivisi o in Trentino con la gestione sostenibile dei boschi.
Le innovazioni non si fermano qui, perché i risparmi che le rinnovabili consentono di realizzare diventano un motore di investimenti sia sociali che in efficienza, reti e mobilità elettrica.
L’errore di tutta la discussione intorno al rilancio del Paese sta proprio nel pensare che l’Italia abbia bisogno di progetti grandi, che le risorse del recovery fund debbano servire a smuovere infrastrutture che costano miliardi di euro, come autostrade e centrali a gas, da accelerare con il «modello Genova» per gli appalti. Non è così, abbiamo bisogno di aprire cantieri in ogni parte d’Italia che aiutino direttamente famiglie e imprese, che migliorino la vita nelle città e nei territori, com’è possibile oggi puntando su un rilancio green. Che poi è quanto già in parte è avvenuto negli ultimi dieci anni con le rinnovabili, perché nel nostro Paese sono oggi installati oltre un milione di impianti, distribuiti in ogni Comune, che contribuiscono per oltre il 35% dei consumi elettrici.
Il passo in avanti che dobbiamo compiere ora è politico, il Parlamento deve infatti recepire una Direttiva europea che toglie le barriere per la condivisione di energia da rinnovabili e l’autoproduzione. Ed è per questo che stupisce la totale assenza di questo impegno nella discussione di queste settimane, come di proposte capaci di rilanciare gli investimenti nelle rinnovabili, che procedono a ritmi del tutto inadeguati rispetto alle potenzialità e agli stessi impegni europei.
Cambiare questa situazione deve diventare una priorità del piano che l’Italia manderà a Bruxelles per accedere ai fondi europei per l’uscita dalla crisi del Covid. Perché intorno a un modello energetico distribuito e condiviso si possono costruire progetti che permettono a imprese e famiglie di ridurre la spesa energetica e creare opportunità di sviluppo locale e lavoro. Da noi come in ogni parte del mondo. In Tunisia come in Grecia, dove d’estate quando le scuole sono chiuse gli impianti solari distribuiscono energia alle famiglie in difficoltà economica. Cosa aspettiamo ancora?»

Edoardo Zanchini




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