Arte. “Le declinazioni della bellezza” di Omar Galliani in mostra a Bari
L’evento, organizzato e curato dal gallerista Giuseppe Benvenuto della Galleria, sarà accompagnato da interventi musicali della violinista Serena Russo e del tenore Angelo Nicastro, con l’intervento critico di Sara Maffei.
Interverranno, inoltre: Ines Pierucci,
Assessore alla cultura del comune di Bari, Gianfranco Terzo, Assessore
del comune di Sannicandro di Bari, Pietro di Terlizzi, Direttore
dell'Accademia di Belle arti di Foggia, Michele Vaira, Avvocato del Foro
di Foggia.
La mostra sarà visitabile fino al 13 febbraio 2022.
L’intervento critico di Sara Maffei.
Il calendario culturale della città di
Bari apre il nuovo anno con un'imperdibile mostra personale dedicata a
Omar Galliani, artista fra i massimi esponenti del disegno e della
pittura italiana, considerevolmente affermato e stimato nel panorama
internazionale dell'arte contemporanea.
Il percorso espositivo - la
cui cura è affidata al gallerista Giuseppe Benvenuto, affiancato dalla
storica dell'arte Sara Maffei - sarà inaugurato presso la Contemporanea
Galleria d'Arte nella giornata del 15 Gennaio 2022, restando aperto al
pubblico fino al 13 Febbraio 2022.
Professore di Pittura all'Accademia di
Belle Arti di Brera, Galliani nasce a Montecchio Emilia e, dopo una
laurea presso l'Accademia di Belle Arti di Bologna e le esperienze
concettuali degli anni Settanta, abbraccia la figurazione e la tecnica
disegnativa, senza mai più separarsene. Sul finire del decennio, mette
in scena la sua prima mostra personale, Rappresentazione di una
rappresentazione, curata da Giovanni Maria Accame e negli anni Ottanta è
esponente del gruppo degli Anacronisti, teorizzato da Maurizio Calvesi,
e del magico Primario, fondato da Flavio Caroli: esperienze artistiche
che guardano ai maestri del passato ed auspicano un ritorno alla
tradizione e alla figurazione. Gli anni Ottanta infatti segnano, come
afferma Caroli ne I sette pilastri dell'arte di oggi, il cosiddetto
“ritorno alla manualità”, passando dal Concettuale al ripristino di
quell'eterna tecnica fatta di pennelli e colori, e ponendosi dalla parte
della potenza espressiva, della bellezza e di un'arte intesa come vita.
In seguito, presenta i suoi lavori alle Biennali di Venezia del
1982, del 1984 e del 1986; alla Biennale di San Paolo del Brasile del
1981, a quella di Parigi e Tokyo del 1982 e alla Quadriennale di Roma
del 1986 e del 1996. Alla fine degli anni Novanta presenta Feminine
Countenances alla New York University e alla I Biennale di Pechino del
2003 vince il primo premio ex aequo con Georg Baselitz. Di recente, nel
2018, dona alle Gallerie degli Uffizi di Firenze il suo monumentale
autoritratto, un disegno a grafite e inchiostro nero su tavola di
pioppo, in cui si ritrae in contemplazione, con il profilo rivolto verso
un cielo scuro e puntellato di stelle, elementi ricorrenti del suo fare
arte. Le sue opere sono esposte in tutto il mondo ed entrano a far
parte di collezioni permanenti di importanti musei e sedi espositive,
fra cui il Palazzo della Farnesina di Roma, i Musei Vaticani, il MAMbo
di Bologna, la Kunsthalle di Norimberga, la GAM di Torino ed il NAMOC di
Pechino.
Il tema cui lo spettatore è invitato a
fare esperienza in questa personale è la bellezza femminile, declinata
nelle sue molteplici sfaccettature e connaturate contraddizioni.
Indiscusse
protagoniste delle quali la prestigiosa mostra racconta la bellezza,
attraverso quindici tavole di grande formato, sono le donne: si tratta
di una bellezza che è al contempo corporea ed eterea, ossia del corpo e
dello spirito, e che sa farsi con estrema naturalezza l'opposta del suo
contrario. Galliani realizza un'arte che cela il mistero della
femminilità, inventando un universo femminile caratterizzato da
un'intrinseca e ricorrente dualità in cui l'elemento del doppio si
rivela essere una costante. L'ineffabile presenza di questa donna fatale
e vestita di purezza si muove tra sensualità e iperboreo distacco, alla
maniera delle autorevoli madonne munchiane dalle rosse aureole, sacre e
profane al tempo stesso nel loro emergere pallidamente da un fondale
scuro, con gli occhi socchiusi in un'estasi provocante.
I monumentali e raffinati disegni del
maestro di Montecchio Emilia sono combinazioni di bianco e nero,
realizzati a grafite, carboncino, pastelli, tempera e inchiostro,
impreziositi da sprazzi vibranti di colore rosso che, come ricami
sanguigni, si sovrappongono al disegno, pregnanti di valenza simbolica.
Fra le magnetiche figure del repertorio artistico ricorrente incontriamo
rimandi del mondo vegetale, rose e teschi - che simboleggiano
l'irrefrenabilità dello scorrere del tempo – spade, forbici, draghi e
gocce d'acqua; l'acqua in particolare è un elemento molto caro
all'artista con cui impreziosisce le chiome femminili. I colori
dominanti del rosso e del nero lasciano così prefigurare la venerazione
di una donna che può anche condurre alla morte, là dove il primo
richiama l'eros, il sangue, la pulsione e l'istinto di vita; il secondo
thanatos, personificazione maschile della morte.
Si fa sapiente
la dialettica fra il sacro e il profano, pudicitia e voluptas, entro cui
la donna è al contempo apollinea e dionisiaca. I due aspetti necessari
all'arte di nietzschiana memoria, il dionisiaco e l'apollineo, si
moderano a vicenda ognuno nel suo contrario, fondendosi nell'armonia di
una danza fluttuante, entro cui l'estasi dell'essenza si raggiunge nel
sogno e nell'ebbrezza. Al contempo, dionisiaco è anche il fondo scuro,
emblema di un caos sensoriale ed emozionale da cui emerge l'ordine della
bellezza, sotto forma di apollinea perfezione femminile.
La forza del contrasto chiaroscurale, derivato dalla virtuosa dicotomia tra la luce e l'ombra, rafforza ulteriormente questo dualismo inscindibile che fonde insieme due facce opposte e complementari di una stessa medaglia: l'una pura e angelicata, l'altra carnale e passionale, trasmettendo nel medesimo istante una voluttà dal sentore dolcemente malinconico ed una misteriosa innocenza. La condizione notturna, l'oscurità, il buio giocano un ruolo di prim'ordine nell'arte di Galliani perché rendono possibile l'emergere della luce, compiendo un armonioso equilibrio tra i contrasti. La stessa notte, questa oscurità immensa trapunta di stelle, dove succedono cose strane e meravigliose, con la sua luce lunare associata al principio femminile, diviene musa ispiratrice dell'estro creativo del maestro, com'è possibile evincere dalle sue parole: «Le opere che amo di più le ho disegnate la notte. A volte la luce è troppo forte e gli occhi non vedono ciò che vuoi vedere».
Nel loro emergere dallo sfondo oscuro, le creature diafane sono nel medesimo istante evocate e smaterializzate, sembrano dissolversi sul punto di apparire: attraverso una rigorosa accuratezza del tratto a matita, Galliani riproduce una delicata sfocatura dell'immagine, facendo uso dell'espediente tecnico dello sfumato leonardesco. Questa invenzione si realizza grazie ad un particolare uso del carboncino e prende le distanze dall'uso prevalente della linea, tipico della pittura del Quattrocento; Leonardo infatti si allontana dalle linee incisive del Verrocchio, suo maestro, rende i contorni di figure meno netti e pronunciati, i tratti più morbidi ed i toni più attenuati. Galliani si fa ereditiere della tradizione rinascimentale italiana e rispetta con maestria il precetto del maestro della Gioconda, il quale invita a fondere le ombre e le luci come il fumo. Ne deriva un'atmosfera morbida e fumosa, vicina ai lavori del Parmigianino e del Correggio, ammirati dal maestro in tenera età presso la Galleria Nazionale ed il Duomo di Parma.
Ad accomunarlo a Leonardo non è solo l'uso dello sfumato ma anche la rappresentazione delle emozioni, conferendo a queste ultime voce e spazio. Leonardo raffigura i moti dell'animo dei suoi morbidi ritratti femminili, lasciando agli occhi la parola e prestando molta attenzione alle espressioni del volto umano. Anche Galliani rappresenta i sentimenti delle figure femminili che, come epifanie ineffabili, emergono sovrappensiero dalla tenue penombra e fanno svelamento di un'interiorità pregnante di mistero sensuale. Nell'estatica sublimazione del volto di donna e attraverso un magnetismo pittorico che dà pieno potere allo sguardo, il pensiero si fa materia e portavoce di un'emozione taciuta perché, là dove la parola è assente, sono gli occhi a comunicare: che siano aperti, socchiusi, chiusi e rivolti verso un'interiorità pensosa, di sbieco, timidi o sfrontati, essi parlano il linguaggio dell'anima e consentono un'intensa connessione.
Così la donna, questa creatura fra ombra e luce, sensualità e distacco, bianco e nero, in bilico fra realtà e immaginazione risolve il proprio enigma antitetico nell'elemento della sfumatura, permettendo alle polarità di mescolarsi in un armonioso equilibrio dinamico.
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